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Sequestro Yukos, una parola potrebbe costare miliardi alla Russia

by Redazione

Raramente la posta in gioco di una sola parola in una disputa legale è così grande come nel caso degli azionisti di Yukos, una compagnia petrolifera russa defunta. Domani una Corte d’appello olandese deciderà se lo Stato russo dovrà compensare gli azionisti per il fallimento di Yukos usando false frodi fiscali.

Nel 2014 la Permanent Court of Arbitration (Pca), tribunale internazionale per la risoluzione delle controversie all’Aia, ha assegnato loro 50 miliardi di dollari, uno dei più grandi riconoscimenti di sempre. Ma nel 2016 un tribunale distrettuale olandese ha annullato tale sentenza, constatando che la Pca mancava di giurisdizione. La questione della giurisdizione si basa su una singola clausola in un trattato internazionale sull’energia, in particolare su come interpretare l’uso della parola “tale”.

Il sequestro di Yukos è stato un punto di svolta nel consolidamento del potere del presidente Vladimir Putin e nell’ascesa dell’autoritarismo in Russia. Nel 2003 Mikhail Khodorkovsky, allora CEO di Yukos e maggiore azionista (è tra l’altro l’uomo più ricco della Russia), aveva iniziato a finanziare partiti politici dell’opposizione e aveva accennato a candidarsi alla presidenza. Putin lo ha affrontato con rabbia e il governo ha iniziato a accusare la società di irregolarità fiscali per un totale di 27 miliardi di dollari. Risultato: Khodorkovsky è stato arrestato e condannato a un decennio di prigione. Yukos fu demolito e le sue attività vendute a prezzi bassi a società controllate dallo Stato.

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