Dicembre 2016: decido di partire col mio amico Simone per la Tunisia. Prendiamo il treno a Parma, arriviamo a Bologna e in taxi ci dirigiamo verso l’aeroporto. Qui in aereo facciamo lo scalo a Roma e successivamente arriviamo a Tunisi. Giunti sul posto ci fermiamo in un paese vicino alla capitale, “El Kabaria”, non di certo un posto per turisti, dove passiamo la notte a casa della famiglia della moglie di Simone.
L’indomani prendiamo un piccolo pullman diretti ad Hammamet, dove alloggiamo in un bel residence prenotato in precedenza, situato in una zona turistica, più precisamente Yasmine Hammamet, località ricca di hotel, locali e attrazioni di vario genere, compreso il parco dei divertimenti “CarthageLand”. Nonostante la buona compagnia, passo la maggior parte del tempo da solo, vagando per diversi giorni nei vari bazar e facendo conoscenza con tante persone del posto.
Belle ragazze, la musica, il mare, sembra di essere in paradiso. Ma qualcosa non va. Un pensiero continua a girare nella mia testa. Devo assolutamente far visita a Bettino Craxi. Mi ricordo di lui quando da bambino al telegiornale prima di andare a scuola lo sentivo nominare, ho studiato la sua storia, il suo esilio e la sua morte in Tunisia. Ho sempre avuto stima per lui. Non posso essere venuto fin qui solo per divertirmi.
Verso metà gennaio 2017, due giorni prima del rientro in Italia, prendo un taxi e mi reco al cimitero di Hammamet. Percorro il vialetto. Alla mia sinistra è visibile il cimitero islamico, alla mia destra il piccolo cimitero cristiano. Entro. Mi dirigo subito verso la sua lapide, mi inginocchio, leggo l’epitaffio “La mia libertà equivale alla mia vita”, mi commuovo, rifletto, resto in silenzio per alcuni minuti. Poi lentamente decido di andarmene salutando quel “gigante” che non ho mai potuto conoscere di persona. In quel momento capisco che la semplice vacanza è diventata il viaggio più importante della mia vita.