Il 29 Marzo 1932 moriva a Parigi Filippo Turati, uno dei fondatori nel 1892 del Partito dei Lavoratori italiani che poi nel 1893 diventa il Partito Socialista dei lavoratori Italiani; e in divenire assunse il nome, nel 1895, di Partito Socialista Italiano.
Nacque a Canzo un piccolo centro vicino Como e figlio di una famiglia borghese ebbe la possibilità di studiare, diplomarsi e laurearsi in Giurisprudenza. Ma la sua formazione culturale molto profonda e acuta lo spinsero all’attività di pubblicista e giornalista, in cui mostrò sempre una grande sensibilità per i temi sociali che lo spinsero sin da giovane a collaborare sempre con riviste e giornali di estrazione democratica e radicale. Diventa avvocato dove si dedica prevalentemente a studi e ricerche di approfondimento letterario. Si trasferì ben presto a Milano dove conobbe note figure intellettuali che influenzarono la sua formazione culturale e politica.
Qui basta ricordare questi pochi cenni biografici di una carriera ricca, intensa e leggendaria di un uomo buono, probo e colto che lottò sempre per la difesa della libertà e per il riscatto dei poveri, dei lavoratori e dei ceti deboli, combattendo a viso aperto Mussolini e il regime fascista. Dopo il delitto Matteotti proprio per tutelarlo dalla persecuzione e dalla prigione a cui vennero sottoposti gli oppositori del regime Sandro Pertini insieme ai fratelli Rosselli organizza una fuga a Parigi dove appunto dopo qualche anno morirà.
E’ stata una figura straordinaria, essenziale e fondamentale del socialismo italiano per decenni combattuto, insultato e bistrattato dai comunisti italiani legati a Mosca e alla Terza internazionale che, dopo la scissione di Livorno del 1921, portò alla fondazione del Partito Comunista Italiano, lo definirono traditore della classe operaia e nemico del popolo. In realtà è stata una figura lungimirante, lucida e nitida, che già a Livorno nel famoso congresso comprese e denunciò l’errore imperdonabile che si stava commettendo con la scissione che avrebbe condotto ad una divisione lacerante, insanabile e drammatica che compromise per decenni i rapporti a sinistra e non consenti la nascita di un grande movimento socialista e democratico capace di attuare una politica di riforme nella vita politica del Paese.
Predicò sempre la necessità di una gradualismo politico tipico dell’umanesimo socialista per modificare gli assetti sociali contro i metodi violenti, rivoluzionari e sanguinari che avrebbero creato altri regimi dispotici, illiberali e dittatoriali. Il suo riformismo socialista si distinse sempre dal massimalismo e propugnava un cambiamento della società con metodi democratici e con libere elezioni.
Onore ad un padre del socialismo italiano portatore di questa grande tradizione di idee e che ha consolidato in modo determinante le solide e forti radici delle trasformazioni sociali dopo la nascita della Repubblica.