
Tra le pieghe del Novecento, il secolo breve, ritroviamo gli orrori della storia quando la banalità del male ha raggiunto un apice insopportabile e ci ha fatto sprofondare negli abissi dell’umanità.
Quando i lager e i campi di sterminio sono stati la sconvolgente realtà che ancora oggi rappresentano un incubo che ci perseguita e che spesso qualcuno tenta di rimuovere o negare.
Così anche la vicenda personale, drammatica e terribile vissuta da un deportato nativo e proveniente dalla cittadina di Giarre, in provincia di Catania, non va dispersa e smarrita in modo da lasciare perennemente accessa la speranza di pace, giustizia e libertà.
Il sopravvissuto delle crudeltà naziste si chiamava Antonino Garufi ed è stato un carabiniere che nel 1944 si trovava in Friuli e si è rifiutato di unirsi ai repubblichini di Salò scegliendo la resistenza della brigata partigiana Osoppo. Garufi venne arrestato e deportato in vari campi di concentramento vivendo come i tanti “salvati” l’umiliazione, il dramma e il trauma della permanenza in luoghi di coercizione, di schiavitù e di morte.
Nino Garufi proveniva da una famiglia umile e di formazione socialista ed ebbe la fortuna per quell’epoca di arruolarsi nei carabinieri, ma si trovo in Friuli dopo l’8 settembre e come tanti fu chiamato a scegliere tra gli occupanti tedeschi e le pattuglie partigiane.
Dopo la liberazione degli alleati e il ritorno a casa ha avuto la forza, la volontà e l’intelligenza di scrivere tutto quel che aveva visto e patito in ogni momento della sua permanenza in quei luoghi descrivendo quel che visse con la semplicità, la spontaneità e la crudezza di un’esperienza che naturalmente lascia ferite fisiche e interiori indelebili.
Garufi ha scritto a penna con grafia minuta su fogli le sue memorie di recluso e questo libro, che prese il titolo di “Diario di un deportato: da Dachau a Buchenwald comando Ohrdruf”, venne pubblicato nel 1990 e curato da due docenti universitari che hanno sostanzialmente rispettato fedelmente il manoscritto del Garufi.
Una pubblicazione di grande valore e pregio per l’originalità dello stile e di toccante emozione per il contenuto espresso. Si apriva uno squarcio di verità in queste letture di settanta cartelle da cui venne ricavato un dattiloscritto che fu pubblicato soltanto grazie all’ opera meritoria di una casa editrice, la Gela, ormai disciolta.
Oggi, a distanza di tanti anni, quest’opera andrebbe ristampata, non essendoci più copie disponibili, poiché è uno straordinario documento utile a non disperdere e dissolvere una memoria preziosa sulla terribile e mostruosa vita nei lager. Infatti è un diario della vita giornaliera che non è permeato da retorica ed è semplicemente veritiero e oggettivo della condizione di degrado umano in cui erano tenuti i prigionieri e di cui, con una dose di naturale fierezza e dignità, l’ex partigiano rievoca in tutti i suoi aspetti la durezza della dolorosa esperienza.
L’ex deportato tornato a casa lavorò infatti nel campo dell’edilizia per finire poi come bigliettaio nei servizi di linea locale anche se tentò di rientrare nei carabinieri ma la scelta della Resistenza, oltre ai danni subiti a una gamba, gli impediranno di riprendere servizio nell’Arma.
Comincia così un altro calvario di amarezze per Nino Garufi che rivive continuamente l’esperienza patita e il dolore subito. Questa vibrante rievocazione nel libro è fatta con estremo rigore e immensa modestia in cui vengono descritti tutti i momenti e i dettagli dell’ universo del lager e in cui appare evidente che il compito dei carnefici era quello di annientare la personalità dei prigionieri e poi di eliminarli fisicamente.
Garufi ha descritto tutto quel che accadeva intorno a lui nella realtà “dei sommersi”, dove nonostante le privazioni e la degradazione umana riesce a farcela e a sopravvivere. Un testo da leggere, di grande valore etico e morale, che bisogna diffondere nelle scuole e tra le giovani generazioni per debellare la cultura dell’odio e per sconfiggere la violenza fisica e verbale. E perché la memoria va difesa e diffusa proprio come una ricchezza che ci aiuta a vivere.