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L’arresto di Giuseppe Costa e quella ferita ancora aperta

by Rosario Sorace

In un operazione della Dia di Palermo è stato arrestato Giuseppe Costa, il fratello della vedova dell’agente Vito Schifani, che durante i funerali a Palermo del giovane marito uccisi nella strage di Capaci gridò tutto il suo dolore con lo struggente appello che commosse il mondo in cui chiedeva agli uomini di Cosa nostra di inginocchiarsi e chiedere perdono.
Il gip del tribunale indica Giuseppe Costa, imbianchino disoccupato, 58 anni, come un soggetto che avrebbe “fatto parte del clan mafioso di Vergine Maria e avrebbe mantenuto rapporti con esponenti mafiosi di altre cosche… nell’interesse primario dell’organizzazione mafiosa”. E inoltre avrebbe pure “organizzato e coordinato attività estortive, nonchè atti ritorsivi nei confronti di imprenditori e commercianti della zona provvedendo al mantenimento degli affiliati detenuti e alla corresponsione pro quota dei proventi dell’associazione mafiosa”.

La Dia ha sgominato la cosca mafiosa dei fratelli Scotto della “famiglia” dell’Arenella di cui Gaetano è stato assolto nel processo per il depistaggio della strage di via D’Amelio per essere stato accusato falsamente dal pentito Scarantino e che dopo la scarcerazione non ha perso il vizio tornando a essere il capo della suddetta famiglia mafiosa. Adesso tra l’altro quest’ultimo è indagato per l’omicidio di Nino Agostino, il poliziotto ucciso nel 1989 con la moglie Ida Castelluccio.
Ma ritornando a Rosaria Costa bisogna ricordare che, quando il marito Vito Schifani morì il 23 maggio 1992, aveva 27 anni e il suo bimbo Emanuele aveva solo 4 mesi. Una donna e un ragazzo che sanno bene cosa sia la sofferenza che hanno portato sempre nel cuore. Risuonano ancora nella nostra mente le parole della giovanissima vedova Schifani, al funerale del marito, di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo, di Antonino Montinari e Rocco Di Cillo. “Io vi perdono ma dovete mettervi in ginocchio”. Per poi aggiungere, ma loro non si pentono. E non solo non si sono pentiti, gli uomini della mafia siciliana, ma le hanno portato via anche il fratello. “Da ieri per me è morto”, urla stavolta la signora Rosaria. Ancora una volta è un urlo straziante, che sembra sentirsi.
Lei è fiera invece di Emanuele Schifani, suo figlio, oggi capitano della Finanza che ha voluto ripercorrere le orme del padre. E chissà quanto male abbiano fatto le parole del boss Francesco Bonanno, quando disse ai suoi: “Di Costa possiamo fidarci, si è comportato bene, ha preso le distanze da sua sorella”.
Questa donna e il figlio vengono ancora una volta feriti da quella mafia siciliana che cambia pelle ma non cambia mai. Una storia che insegna tanto a ognuno di noi poichè bisogna scegliere da che parte stare nella società e nella storia.
Oggi il figlio di Rosaria, Emanuele, fa appunto parte della Guardia di finanza ed è la conferma che le colpe di un fratello o di uno zio non possono ricadere su persone che hanno già sofferto l’atroce perdita di un marito o di un padre.

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