C’è una nazione al mondo che avrebbe sconfitto il coronavirus in quasi due settimane. Si tratta della Nuova Zelanda, che dopo appena quattordici giorni di lockdown, ha fatto calare drasticamente la curva dei contagi virali con un tasso di mortalità molto basso.
L’epidemiologo neozelandese Michael Baker ha detto: “Trionfo di scienza e leadership. Mentre altri paesi hanno avuto un graduale aumento dei casi, il nostro approccio è stato esattamente l’opposto e ha funzionato”. Allora tutto il mondo cerca di capire come mai questo Paese è riuscito ad essere un modello virtuoso nella lotta all’emergenza Coronavirus.
Il Washington post azzarda l’ipotesi che sia stata adottata una strategia diversa dal contenimento operato dagli Stati Uniti e dagli stati europei dove invece si è puntato alla sua eliminazione. Infatti il 19 marzo scorso, quando già da un mese l’epidemia aveva cominciato a circolare in Italia, il governo di Jacinda Ardern, decide di chiudere i confini della Nuova Zelanda e la premier ha adottato le restrizioni più severe anche se il numero dei contagi del paese fosse ancora basso.
Sin da lunedì 23 marzo ha avvertito che la popolazione aveva due giorni di tempo per prepararsi a un mese di isolamento e da mercoledì 25 marzo, dopo aver superato quota 100 infetti, ha dichiarato l’emergenza nazionale. Tutto chiuso senza step, fasi successive e i cittadini invitati, come peraltro ovunque nel mondo, a restare a casa con la solita eccezione per le uscite di esigenze lavorative e personali.
Si considera che su circa cinque milioni di abitanti solo 45 persone sono state multate per non aver rispettato le restrizioni. Anche il ministro della Sanità, David Clark, che è colto in flagrante violazione del lockdown e ha, non solo affermato pubblicamente di “essere un idiota”, ma ha anche rassegnato le dimissioni che, comunque, sono state respinte dal primo ministro. Il bilancio dei contagi è stato sino ad adesso di 1.210 casi positivi di cui 282 guariti, dopo il picco di 89 raggiunto il 2 aprile.
Il tasso di letalità della Nuova Zelanda è uno dei più bassi al mondo: per il momento è morta solo una donna di 70 anni con problemi di salute pregressi. Solo oggi, sono stati registrati 50 nuovi infetti. Tuttavia, nonostante ciò, Ardern ha fatto già sapere che non allenterà le misure restrittive nei giorni di Pasqua e anche le chiese e i luoghi di culto rimarranno chiusi. Quindi lo stato di emergenza è stato prorogato di altri sette giorni e i cittadini saranno in quarantena per altre due settimane.
Dal punto di vista politico il governo ha avuto il sostegno dell’opposizione di centrodestra che ha sostenuto tutte le misure in programma. I confini dello stato, quindi, resteranno chiusi finché il virus non sarà sconfitto a livello mondiale.
Ma intanto il modello neozelandese è diventato oggetto di studio scientifico e secondo Michael Baker, docente di Salute pubblica all’Università di Otago, autorevole epidemiologo del paese, ha ribadito quanto sia stato fondamentale e decisivo l’approccio e il metodo, definendo il caso neozelandese “Un trionfo di scienza e leadership”. E infine dice: “Mentre altri paesi hanno avuto un graduale aumento dei casi, il nostro trend è stato esattamente l’opposto, con l’intento, non di appiattire la curva dei contagi, di rallentare la malattia e, in seguito, eliminarla del tutto”.