Di Mimmo Di Maggio
La corte suprema dell’Unione europea ha respinto mercoledì le richieste di Polonia e Ungheria che chiedevano accesso ai finanziamenti dell’Ue per la loro noncuranza dei valori democratici.
La sentenza segna una pietra miliare nella faida dell’UE con la Polonia e i governanti populisti ungheresi, criticati per aver frenato i diritti delle donne, delle persone LGBT e dei migranti e per aver soffocato la libertà di tribunali, media, accademici e ONG.
La sentenza definitiva della Corte di Giustizia Europea (ECJ) con sede in Lussemburgo, la massima corte del blocco, non può essere impugnata.
La Corte di giustizia ha riaffermato lo strumento più forte del blocco finora per impedire che la spesa condivisa vada a beneficio di coloro che violano le leggi liberaldemocratiche.
Il cosiddetto “meccanismo di condizionalità” potrebbe interessare qualsiasi parte del bilancio dell’UE, del valore di 1,8 trilioni di euro per il 2021-27.
Gli Stati membri più ricchi dell’UE hanno spinto per lo strumento in cambio dell’accettazione della condivisione del debito in tutto il blocco per aumentare lo stimolo di emergenza nella pandemia di COVID, un accordo storico per l’UE.
I Paesi Bassi e gli alleati hanno chiesto solide garanzie che tali finanziamenti non avrebbero sostenuto i governi che limitano i diritti umani e civili.
Il crescente allontanamento tra Varsavia, Budapest e il nucleo dell’UE danneggia la coesione del blocco, rendendo più difficile trovare un accordo su questioni come il clima e le tasse.
Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha utilizzato la questione per suggerire che il blocco potrebbe dividersi ulteriormente, dopo la Brexit.
“L’Unione europea ha un futuro solo se riusciamo a stare insieme nonostante il nostro crescente allontanamento culturale”, ha affermato.
Le controversie sullo stato di diritto hanno già bloccato l’accesso della Polonia a 36 miliardi di euro di fondi dell’UE per la ripresa dalla pandemia, una somma pari a quasi il 7% del PIL del Paese.
Da quando è entrata a far parte del blocco nel 2004, la Polonia è stata uno dei principali beneficiari dei finanziamenti dell’UE, aiutando il più grande paese ex comunista dell’UE a evitare la recessione nella crisi economica globale e a resistere alle ricadute economiche della pandemia.
In gioco ci sono più di 75 miliardi di euro a cui la Polonia può beneficiare dal blocco fino al 2027, anche per il clima, la digitalizzazione e il settore sanitario, aree in cui il paese di 38 milioni di persone è in ritardo rispetto ai suoi soci.
Almeno 3,5 miliardi di euro sono destinati alla transizione verso l’energia verde.
Orban, che sostiene la “democrazia illiberale”, dovrà affrontare elezioni serrate il 3 aprile. Il suo partito Fidesz, che ha condotto una campagna su una piattaforma di nazionalismo anti-immigrati e populismo economico, ha ottenuto a gennaio solo due punti di vantaggio dall’opposizione.
Orban afferma che l’Ungheria non accetterà le norme dell’UE su migrazione, famiglia e altri affari sociali: “Per loro, lo stato di diritto è uno strumento con cui possono modellarci a loro immagine… Non vogliamo diventare come loro”.