Il suo discorso dalla tribuna dell’Assemblea Generale dell’Onu durò quaranta minuti. Bettino Craxi lesse tutto in francese, davanti a una platea attenta, l’intervento conclusivo del suo mandato come rappresentante personale di Javier Perez de Cuellar sul problema del debito dei paesi poveri. Un rapporto di 36 pagine, in cui il 23 ottobre 1990 espose i termini della sfida del debito illustrando, con grande pragmatismo, le sue proposte, articolate per classi di paesi e diverse aree regionali, a cominciare dalla virtuale cancellazione del pagamento degli interessi sui crediti bilaterali dei paesi poveri e l’aumento dello sforzo dei governi più ricchi.
Il segretario generale dell’Onu sostenne che Craxi “ha
presentato un rapporto molto equilibrato, che soddisferà sia i paesi indebitati
sia i paesi creditori… Il contributo del leader socialista è stato importante
perché ha sottolineato la gravità e l’urgenza della crisi del debito, e le sue
interconnessioni con altre minacce per la comunità internazionale: guerra,
povertà e distruzione dell’ambiente”.
Il leader socialista nel suo intervento si soffermò sulle
soluzioni caso per caso e insistendo sulla necessità di un nuovo approccio
regionale ai grandi dossier del mondo. “Il futuro della pace e la ricerca della
pace – osservò – sono legati alla prospettiva di nuove realtà regionali,
fondate sulla cooperazione fra paesi industrializzati e paesi in via di
sviluppo e sul rispetto dei diritti e delle identità dei vari popoli”. E aggiunse:
“Occorre progettare le basi istituzionali, le carte di tali entità regionali e
delle nuove forme di cooperazione di largo respiro, facendo uscire dallo stadio
di proposte di principio i suggerimenti che sono intervenuti da sedi, le più
autorevoli, nell’ultimo periodo, per le grandi regioni in crisi”.
Il riferimento all’epoca era anche al Medioriente dopo
l’invasione irachena del Kuwait, che evidenziava “l’interdipendenza tra paesi
creditori e debitori: da un lato ci sono i paesi della Cee con interessi mediterranei
e i paesi ricchi produttori di petrolio del Golfo, dall’altro i paesi
afro-arabi indebitati”. E per quelli più colpiti dalla crisi e dalle sanzioni
dell’Onu, Craxi propose “una moratoria sui debiti assieme a una
ristrutturazione di quelli bilaterali, secondo le linee suggerite dal
rapporto”.
Il Rapporto su debito e sviluppo dopo la relazione
di Perez de Cuellar all’Assemblea Generale, fu approvato all’unanimità
dall’organismo con una risoluzione elaborata dalla II Commissione, dopo un
esame dettagliato durato due settimane. “È importante che i governi e le
istituzioni creditrici adottino misure concrete per arrivare all’annullamento o
quasi del debito dei paesi più poveri” sostenne il leader socialista. A votare
a favore anche gli Stati Uniti, fino a un anno prima contrari a che le Nazioni
Unite si occupassero del problema del debito.
Ciò che Craxi proponeva non era la cancellazione del
montante, dei debiti, ma la cancellazione virtuale del servizio annuale dei
prestiti, con la parte residua del servizio del debito pagata non più in valuta
agli organismi creditori ma in valuta locale indicizzata. Il terzo aspetto
infine era che queste somme dovevano essere devolute in tutto per i paesi più
poveri e in parte per altri a fondi di contropartita nei paesi debitori,
destinati a finanziare progetti di sviluppo economico di formazione del
capitale umano, di tutela sanitaria, di salvaguardia ecologico-ambientale.
Quest’ultimo punto fu sottolineato da Craxi quando osservò che il problema del
debito e quello della salvaguardia ambientale erano fra loro fortemente
intrecciati. “Le foreste che vengono ogni anno incendiate, per ricavare pascolo
o terra agricola – disse – è fra le cause maggiori dell’incremento di emissione
di biossido di carbonio mentre è evidente che la mancanza di tali foreste
riduce l’azione che le piante esercitano nell’assorbimento di queste sostanze,
mediante i ben noti processi di sintesi”.
Tutto adesso sembra essere di grande e pregnante
attualità, soprattutto per via dei venti di guerra che soffiano dal Medio Oriente
dopo l’altra dura prova della sfida della globalizzazione, che da tempo racchiude
un compito molto difficile e impegnativo: conciliare le ragioni della
produzione, della competizione e della ricchezza in un sistema globale, con le
ragioni della coesione sociale e del consenso democratico. Con il rischio però
di creare disuguaglianze ancora più profonde di quelle che abbiamo conosciuto
finora. E che Bettino Craxi aveva evidenziato e sottoposto al mondo intero
trent’anni fa.
Quei messaggi, però, sono rimasti inascoltati. Il
popolo delle proteste, i ribelli di Seattle, la guerriglia di Genova, le
battaglie dei no-global e quanto altro avvenuto successivamente per quanto riguarda
l’occidentalizzazione dell’economia mondiale ci riportano all’impegno del
leader del Psi, alla sua esperienza al Palazzo di Vetro, prima come
rappresentante personale del segretario generale dell’Onu per il debito dei
paesi poveri e poi, successivamente, nella veste di consigliere speciale per i
problemi dello sviluppo e per la ricerca di nuovi equilibri di pace e di
sicurezza.
Adesso, ciò che preoccupa alla luce anche di quanto
sta avvenendo dall’altra parte del mondo, in Medio Oriente, tra fanatici
terroristi che sostengono di essere islamici ed Occidente, è il drammatico
ampliamento delle disuguaglianze economiche e sociali, sia all’interno degli
Stati che tra regioni e paesi, in un mondo ormai dominato dal mercato globale
ma sempre più disuguale.
“Con il nostro lavoro per lo sviluppo, per il mantenimento
della pace, per l’ambiente e la salute, stiamo aiutando alcune nazioni e
comunità a costruire un futuro migliore”, scrisse Kofi Annan nel 2000, e “ci
siamo impegnati soprattutto nell’idea che nessun individuo – indipendentemente dal
sesso, dall’etnia o dalla razza – può vedere violati o ignorati i propri
diritti umani”.
Ma l’Onu, dopo Craxi, sembra aver perso di vista da
tempo questa idea custodita nella Carta delle Nazioni Unite e nella
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. E sembra aver perso di vista lo
scopo per cui era nata: risolvere i problemi del sottosviluppo ed evitare i
conflitti. Le Nazioni Unite infatti dovevano ridisegnare il loro ruolo alla
luce della mutata sensibilità contro i soprusi e le violazioni delle libertà.
Invece, la sua è una crisi di rappresentanza, dove i popoli sono stati
soppiantati dai ricchi dei paesi poveri. In sostanza, la visione politica
complessiva è stata sostituita da un agire termondista, umanitario.
“C’è la tentazione di trascurare tutto ciò
all’interno dei paesi ricchi, basandosi sul fatto che ha poca importanza se il
divario tra i molto ricchi e gli altri sta crescendo rapidamente, a condizione
che anche i poveri, ad esempio, quelli che hanno meno della metà del reddito
medio nazionale, stiano meglio in termini materiali – ha scritto lo storico
marxista Eric J. Hobsbawn – tanto, comunque, il ‘sottoproletariato’ costituisce
soltanto una piccola minoranza della popolazione… Non possiamo o dobbiamo
trascurare questo fatto…”.
Per risolvere la crisi del debito dei paesi in via
di sviluppo Craxi aveva pensato alla costruzione di un’Agenzia, una struttura
di coordinamento, una leadership che potesse raccoglierne tutte le tessere. Ma
occorreva anche una grande mobilitazione politica e culturale e una altrettanto
forte consapevolezza etica. Una leadership che non poteva essere affidata a un
singolo Stato, per quanto importante, né ad una singola istituzione finanziaria
internazionale, per quanto autorevole. Ma una guida di questa natura, sostenne
il segretario del Psi, deve potersi costituire in una sfera più ampia, al di
sopra delle parti. Da qui l’idea di un Comitato costituito presso la Bm e il
Fmi, con l’apporto, per ciascuna delle grandi aree indebitate, delle banche
regionali di sviluppo e di organismi multilaterali di dimensione regionale
esistenti o da promuoversi.
All’epoca, ad aggravare la situazione del debito estero dei paesi poveri, che aveva superato i 1200 miliardi di dollari, ci si mise pure la crisi del Golfo. Che dava alla questione un drammatico rilievo anche perché a pagare i costi della crisi dovuta al rialzo dei tassi di interesse, al rincaro del petrolio, alla rottura dei commerci e al rientro degli emigrati con un esodo biblico, osservò Craxi, erano purtroppo soprattutto i popoli già indebitati. Una voce anticipatrice, anche alla luce di quanto sta avvenendo in questi giorni e delle conseguenze che vi potranno essere in alcuni paesi in caso di nuovi conflitti in Medio Oriente.