Una breve riflessione a freddo è necessaria e doverosa per comprendere come si sta muovendo il sistema politico e qual è lo scenario d’insieme che si presenta ai nostri occhi.
Scontato e previsto il ribaltamento di forza tra i due ex alleati di governo Lega e Cinque Stelle che ha portato a clamorose sconfitte dei pentastellati in tutte le consultazioni che si sono svolte confermando che la sua struttura organizzativa non esiste: si tratta di un gigante dai piedi d’argilla che non si trasforma in partito e non ha più la spinta propulsiva dei simpatizzanti e degli attivisti.
Nessuno immaginava però questa clamorosa caduta nel giro di poco tempo e che ha fatto dimezzare tutto quello stratosferico consenso acquisito il 4 Marzo 2018. Non è bastata certamente la votazione online sulla piattaforma Rousseau a favore della riconferma di Di Maio quale portavoce nazionale per rassicurare chi aveva dato fiducia ai Cinque Stelle o il tentativo di riorganizzare il movimento con i cosiddetti “facilitatori” e le commissioni di lavoro che affiancheranno Di Maio alla guida del movimento per scongiurare la crisi. Comincia una lenta e pericolosa diaspora dai gruppi parlamentari che è destinata ad allungare abbandoni e fuoriuscite dalle compagini parlamentari per insofferenza alle regole interne e per dissenso alla linea del movimento.
Adesso occorre ben altro ai pentastellati per ritrovare le ragioni originarie di un’identità smarrita che si faceva forza sulla lotta ai privilegi della politica e della casta, sulla difesa dell’ambientalismo più radicale e sulla rabbia sociale diffusa sintetizzata in una domanda di cambiamento che appariva travolgente e impetuosa. Una protesta sociale che si è canalizzata democraticamente in questa forza politica ed è stata il fecondo lievito della sua crescita esponenziale. Lo stesso semplice fatto di andare al governo con altri partiti violando la regola aurea di non fare accordi con altri partiti, però, ha determinato sin da subito una perdita di consensi dell’elettorato più fideista e integralista che non accettava la partecipazione a governi di nessun tipo anche con la convergenza su punti del programma del movimento. Tutto ciò si è tradotto dopo le elezioni nazionali in un’ampia astensione e dispersione dell’elettorato che ha dimezzato i consensi indebolendo e infragilendo il movimento.
Mentre la Lega oggi sembra avere il vento in poppa con un consenso stabile registrato tra i test elettorali e i vari sondaggi a favore di Salvini, notoriamente abile comunicatore e oratore infuocato ma, soprattutto, iper specializzato a fare campagne elettorali infinite. Purtroppo per lui si è constatato senza tema di smentita che è assolutamente inconsistente, sconclusionato e impalpabile come uomo di governo poiché è dedito alla demagogiche e nevrasteniche crociate, come ad esempio quella contro i migranti o sulla sicurezza che nel breve periodo gli ha potuto assicurare ampi consensi e che poi abbandona non appena ritiene non siano più necessari per la sua propaganda. Naturalmente si è ben guardato dal rimpatriare quando occupava la carica di ministro i circa 500.000 irregolari che attualmente vi sono in Italia e che per sua gentile concessione sono stati ridotti divenendo nei suoi calcoli 90.000.
Penso che sia utile per lui e per gli altri non nutrire eccessive illusioni sui dati usciti dalle urne o dai sondaggi quotidiani che lo danno vincente poiché la volatilità elettorale è ormai una regola costante e poichè nonostante questo attuale governo giallo rosso sia zoppicante e affannato il fatto di gridare continuamente “alle urne, alle urne” non serve senza un progetto plausibile e realizzabile. Purtroppo la propaganda politica quando diventa intensa e inarrestabile non riesce a spiegare con chiarezza e trasparenza che i problemi sul tappeto sono complicati e difficili e non si risolvono in breve tempo con un colpo di bacchetta magica.
Le attese dei cambiamenti messianici e immediati sono i frutti amari della demagogia che poi si scontrano con la dura realtà. Il Pd del pacioso e mite Zingaretti sembra volersi riprendere un ruolo centrale riaffacciandosi con l’idea di un nuovo contenitore politico necessario a rivitalizzarlo dopo la scissione renziana con la nascita di Italia Viva e ancora oggi non sembra proporsi in modo convincente e, comunque, resta assolutamente disancorato e disarcionato da qualsiasi alleanza futura.
Le quotazioni della coalizione di centrodestra sembrano stabili e con questi numeri potrebbe essere agevole un governo Salvini e Meloni in crescita notevole con un Berlusconi in liquidazione controllata. Mentre stupisce il ruolo di protagonismo di Matteo Renzi che, dopo aver favorito questo attuale governo “, ha fondato Italia Viva che si mette di traverso su qualsiasi provvedimento e che appare più proteso verso la destra che in sostegno dell’attuale quadro politico.
Una meditazione più approfondita ci consegna una democrazia rappresentativa debole, logorata, basata su un consenso cangiante e temporaneo con la delega consegnata da parte dei cittadini agli eletti che viene esplicata con la solita assenza di promozione, verifica e confronto dell’attività politica nell’ambito della vita sociale.
Vale il ragionamento lucido a suo tempo svolto da Giovanni Sartori che affermava: “Non è il sistema elettorale maggioritario a produrre e garantire la stabilità dei governi ma è soprattutto la solidità dei partiti che conta in modo decisivo per formare maggioranze e per governare le istituzioni rendendole operative ed efficienti”.
Si è visto bene invece che la continua modifica della legge elettorali è fatta quasi esclusivamente su misura per favorire i più forti contendenti del momento in cui tale riforma viene realizzata.
Non nascondo quindi la diffidenza e lo scetticismo sulla stessa capacità degli eletti di interpretare il ruolo che compete loro in direzione della funzione a cui sono chiamati. Molte volte tutto ciò, per incompetenza tecnica e politica anche se esiste qualche eccezione, si adegua al silente disimpegno e alla decadenza progressiva. Però il nodo centrale resta la scomparsa assoluta dei partiti che non fanno più mistero di essere comitati elettorali permanenti e non più corpi intermedi in grado di attivare la partecipazione dei cittadini alla vita politica.
Non vi sono nobili personaggi che traducono gli ideali di cui sono portatori in progetti politici concreti e attuabili ma solo una miriade di miseri cavalieri serventi che mestamente o rumorosamente accompagnano e sostengono il potere dei capi di partiti inesistenti.
I cavalieri serventi di partiti inesistenti
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