Il misurato ottimismo che nei giorni scorsi aveva fatto sperare in una soluzione diplomatica sull’Ucraina ha lasciato il posto alla frustrazione dopo che lo scorso giovedì, nella regione del Donbass, si è registrato un aumento delle violazioni del cessate il fuoco. L’episodio più preoccupante riguarda il bombardamento di un asilo a Stanytsia Luhanska in cui solo fortuitamente non ci sono state vittime. Separatisti filorussi e forze ucraine si accusano a vicenda dell’accaduto che ha contribuito a far salire la tensione, già alle stelle. E a livello internazionale, Stati Uniti, Unione europea e Nato accusano la Russia di continuare l’escalation militare e di cercare un pretesto per un’invasione.
“Non abbiamo visto alcun segno di de-escalation sul terreno finora. Al contrario vediamo che il rafforzamento continua. Abbiamo bisogno di fatti per credere alle parole che sono state dette”, ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Mosca, intanto, ha risposto agli alleati dicendosi ancora “pronta al dialogo”, ma ribadendo il fatto che le sue richieste sul fronte della sicurezza “sono state ignorate”. Nella lettera di 11 pagine pubblicata dall’agenzia di stampa Tass, il Cremlino afferma che in una simile situazione “sarà costretto a una risposta tecnico-militare”. È la prima volta che Vladimir Putin – che ha finora vigorosamente smentito di stare pianificando un attacco contro l’Ucraina – fa un riferimento così esplicito alla possibilità di un’azione militare. Un riferimento che suona a tutti gli effetti come una minaccia.
Sulla crisi ucraina e sulle responsabilità russe è intervenuta anche la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock. In una dichiarazione rilasciata prima della Conferenza annuale sulla sicurezza che si apre a Monaco, la ministra ha avvertito che la Russia “sta sfidando i principi fondamentali dell’ordine di pace europeo” con il suo “dispiegamento di truppe senza precedenti” e atteggiamenti “da Guerra fredda”. Baerbock ha auspicato che la diplomazia continui il suo corso, dicendo che “anche i piccoli passi verso la pace sono meglio di grandi passi verso la guerra”. Ma indipendentemente dal fatto che Mosca lanci o meno un attacco nei prossimi giorni, sono sempre di più gli osservatori convinti che l’Europa si troverà a fronteggiare anni di rinnovate tensioni con la Russia. “Nel migliore dei casi – dove il migliore dei casi significa nessuna guerra – dovremo affrontare pressioni a lungo termine da parte di Putin sull’Ucraina e sull’Europa nel suo insieme”, ha spiegato il primo ministro lettone, Krišjānis Kariņš in un’intervista a Politico. “Quello che sostengo con i miei colleghi del Consiglio è che dobbiamo essere preparati. Questa crisi non si risolverà in due settimane o due mesi e nemmeno due anni. Per questo dobbiamo iniziare a pensare in termini di lungo periodo”. Secondo il premier lettone “la chiave sarà mantenere questa determinazione a lungo termine, perché una cosa è restare uniti di fronte a un attacco imminente. E un’altra cosa, e sarà difficile, è rimanere risoluti di fronte a una minaccia militare a lungo termine, e che forse a un certo punto non sembrerà poi così imminente”.