Home Attualità Facoltà di Medicina a numero chiuso, un cappio al collo per il Ssn

Facoltà di Medicina a numero chiuso, un cappio al collo per il Ssn

by Matteo Pio Impagnatiello

Correva l’anno 1997 ed era in corso la tredicesima legislatura, quando fu introdotto il numero chiuso nelle facoltà di Medicina. Il disegno di legge sugli accessi ai corsi universitari fu presentato da Ortensio Zecchino, allora Ministro  dell’Università, di concerto con i suoi colleghi Letta, Diliberto e Bindi, nel Governo presieduto da D’Alema.

Il paradosso del nostro tempo è che, pur mancando i camici bianchi, il numero chiuso continua a “regolare” l’ingresso ai corsi di laurea nelle facoltà medico-scientifiche. Siamo alla diciottesima legislatura della Repubblica italiana (iniziata il 23 marzo 2018), con un Parlamento esautorato delle sue funzioni di elaborazione e confronto su quali leggi siano necessarie per gli interessi della Nazione: tra le tante, l’abolizione del numero programmato appunto. Le crisi che si trovano a dover affrontare le strutture sanitarie italiane per la pandemia in corso è sempre più grave. Del resto, la pandemia è andata ad abbattersi sulle carenze strutturali della nostra sanità: l’insufficienza cronica di medici ed infermieri, lo smantellamento della medicina territoriale, l’imbuto formativo rappresentato dalle borse di studio insufficienti per nuovi medici specialisti.

Per combattere il coronavirus, lo Stato ha pensato di mandare al fronte medici specializzandi, senza una formazione adeguata: è carne da macello.

Per le assunzioni nelle “task force coronavirus”, si è giunti a lanciare appelli tramite tv. In Campania, tali tipologie di annunci prevedevano la richiesta di 450 medici specializzati: dove trovarli e con quali modalità di assunzione? Anni e anni di tagli alla spesa e mancati investimenti nel sistema sanitario nazionale hanno portato ad avere una situazione al limite del collasso, resa evidente durante la prima ondata della pandemia e per la quale, nonostante i vari annunci, non è stato fatto nulla.

Non sono solo i medici a mancare. Altre importanti figure professionali di cui si è avvertito il forte sottodimensionamento sono gli infermieri, anche loro ingabbiati nel numero chiuso: nel lockdown sono stati aumentati di migliaia di unità, ma in gran parte con modalità di assunzione che hanno pregiudicato il risultato finale.

Il Governo, dopo l’iniziale dichiarazione dello stato di emergenza, ha dato l’impressione di essere sempre un passo indietro rispetto alle reali esigenze del Paese, generando così un clima di profonda incertezza e paura, che ancora oggi ci accompagna.

Situazione paradossale, anche perché, subito dopo la Cina, siamo stati tra i primi a dichiarare lo stato di emergenza, tranne poi non utilizzare le tre settimane che ci hanno separato dalla comparsa del primo caso ufficiale per preparare gli ospedali e rinforzare la rete di fronte alla inevitabile onda d’urto del coronavirus.

Nel disegno della legge di bilancio per il prossimo anno, arrivato peraltro in ritardo, la sanità è trattata nella prima parte, insieme ad altri argomenti. Se all’articolo 72 è previsto un auspicato aumento di spesa per un maggior numero dei contratti di formazione specialistica dei medici specializzandi, la delusione inizia dall’articolo successivo, dove, con l’articolo 73 è istituita la proroga delle disposizioni sull’impiego di personale sanitario: detto altrimenti, gli operatori sanitari assunti con il precedente decreto (ex decreto legge 17 marzo 2020, sull’incalzare della pandemia) saranno tenuti in servizio non oltre il 31 dicembre 2021, e poi un “arrivederci e grazie” per aver lavorato a stretto contatto con pazienti affetti da covid!

Il deludente disegno di legge di bilancio, che pesa 40 miliardi, di cui la metà di nuovo sforamento, sta ipotecando il nostro futuro e quello delle nuove generazioni, visto che alimenta il debito pubblico, con le blande misure annunciate ed, a volte, inopportune. Imperando l’odierno Esecutivo, forse il nuovo vaccino potrà salvare l’Italia?

 

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1 comment

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