Un coro unanime di consenso ha accolto il discorso di fine anno del Capo dello Stato. Non è stata solo la correttezza istituzionale ed il clima di unità che si è ricreato salutando il nefasto 2020 ma il corretto e generoso riconoscimento ad una figura che ha rappresentato lo spirito della Nazione in un momento forse tra i più difficili e tragici dal dopoguerra ad oggi.
Il Presidente ha sottolineato le emergenze dinnanzi alle quali l’Italia è stata sottoposta ed ha tracciato con evidenza che esse sono ancora ben presenti e che i compiti che ci spettano sono molteplici.
Non è solo la Pandemia e la campagna vaccinale per affrontarla ma le conseguenze di carattere economico e sociale che potrebbero deflagrare nei primi mesi del 2021. Il richiamo alla coesione ed alla responsabilità collettiva ed alle forze politiche è stato sottolineato ed accolto unananimemente.
Ora, pur tralasciando il fatto che Mattarella non abbia fatto alcun cenno alla crisi istituzionale che era già presente prima dell’ondata pandemica e che semmai essa ha vistosamente messo in luce, crisi nei rapporti fra Stato e Regioni, Crisi strisciante nei rapporti con l’istituzione ed i partners europei, crisi dell’istituzione parlamentare alla cui amputazione dei suoi rappresentanti non ha fatto seguito né una legge elettorale né un adeguamento ai vuoti che essa è andata a creare, è risultato chiaro ed evidente che il potere del Capo dello Stato, la centralità della sua figura istituzionale si profila come punto di riferimento più alto e saldo in una situazione di confusione e di vuoto.
Per questa ragione mantenere vivo l’articolo 88 della Costituzione che ne limita i poteri appare in vistosa contraddizione con l’affermazione e richiesta di una presenza “forte” del Capo dello Stato nell’attuale situazione di emergenza politica, sociale ed istituzionale.
Esso fu ideato proprio per limitare i poteri di scioglimento delle camere del Presidente e nel 1992 sotto il mandato di Cossiga ci si accorse che paradossalmente il Presidente non avrebbe potuto sciogliere un parlamento che era a sua volta in scadenza di mandato.
Di qui la modifica del secondo comma dell’articolo 88 della Costituzione, che permette lo scioglimento delle Camere anche durante il semestre bianco se esso coincide con gli ultimi sei mesi del mandato parlamentare. Il caso non si presenta in questa situazione e rimangono quindi valide le prerogative originali.
Tuttavia è proprio il caso dell’eccezionalità del momento e la reiterata richiesta di rafforzare il ruolo ed il peso del Presidente, richiamata dopo il discorso di ieri che ritorna di attualità e come possibilità la condizione di restituire al Capo dello Stato i poteri che gli sono propri e non condizionarne o limitarne l’azione in un momento così delicato e di vistosa precarietà politica e parlamentare.