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Salvo Andò: “Le amicizie pericolose di Matteo Salvini”

by Rosario Sorace

Sono in corso nuove scosse telluriche nella destra italiana. Stavolta i malumori approdano in casa della Lega, ormai palesemente divisa, e non da ora, tra la linea del segretario Matteo Salvini e del vice Giancarlo Giorgetti.

Un conflitto sopito che esplode ogni tanto e che ora rischia di fare implodere i leghisti sempre più erosi nei sondaggi elettorali. Ecco il pensiero di Salvo Andò su queste vicende non particolarmente idilliache per i verdi.
Che idea ti sei fatto di questo scontro interno?

Com’era prevedibile, il conflitto all’interno della Lega si sta rivelando molto più intenso di quanto non lascino intendere i dirigenti leghisti.

Non si tratta solo di un conflitto tra Lega di lotta e Lega di governo, o tra Giorgetti e Salvini, ma di uno scontro politico che prelude ad una conta, attraverso un congresso improvvisato e tutt’altro che trasparente.

Il conflitto riguarda la stessa identità della Lega. Convocare, come ha fatto Salvini frettolosamente, il Consiglio nazionale della Lega per dimostrare di essere padrone indiscusso del movimento non pare essere una scelta saggia.

Quando si ricorre a questi metodi per sconfiggere le critiche e per venire a capo di un’oggettiva situazione di crisi non si dimostra la propria forza, bensì la propria debolezza in quanto, inevitabilmente, ci si espone a risentimenti e voglia di vendetta che sono destinate ad ingrossare il fiume della dissidenza per produrre rotture irreversibili.

In seguito a questi conflitti politici che effetti si potrebbero produrre sullo scenario politico?

Salvini ha preteso un processo sommario per sconfessare il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. Ha inteso in questo modo affermare che la Lega vuole tornare a essere antieuropeista, razzista, organicamente collegata con autocrati che poco hanno a che vedere con la civiltà politica in cui gli europei si riconoscono.

Tutto questo lo pone in una situazione di palese contraddizione con la scelta fatta di stare con Draghi, addirittura come spiegava Salvini senza se e senza ma. Invece Draghi rappresenta la negazione di tutti i punti fermi che stanno alla base del Salvini pensiero delle ultime settimane. Infatti Draghi sul futuro dell’Europa e dell’Italia dà ragione a Giorgetti.

Come può Salvini stare dentro questa coalizione e contemporaneamente costruire un nuovo gruppo di estrema destra in Europa con i leader di Polonia e Ungheria?

È stato giustamente osservato da tanti che, con questa scelta, il leader leghista si condanna, da solo, ad una sorta di conventio ad escludendum, che non promette nulla di buono per le sorti del partito leghista né in Italia, né in Europa.

Finora le sconfitte clamorose subite da Salvini sono state sempre condivise in silenzio dallo stato maggiore leghista. Pare che da adesso ciò non sarà più possibile a giudicare non solo dalle cose dette da Giorgetti, ma anche dalla presa di posizione di un personaggio influente ancora nel mondo leghista come Maroni, ex segretario della Lega.

Insomma, da adesso le sconfitte di Salvini non sono accettate in silenzio dalla base leghista più responsabile, e soprattutto dai governatori leghisti, Fontana ,Zaia e Fedriga.

Saranno via via sempre più numerosi coloro che li metteranno sul conto del leader che è uscito con le ossa rotte dalle ultime elezioni amministrative.

Salvini, insomma, risulterà sempre più vulnerabile e le sue certezze ostentate saranno sempre più poco credibili, sarà trattato anche nel partito, oltre che dallo nell’opinione pubblica, come un trombone sfiatato.

Il leader leghista deve comprendere inevitabilmente che vivere pericolosamente eccitando gli animi è tra le principali ragioni per le quali i leghisti continuano a perdere voti. E continuando su questa narrativa è inevitabile che l’emorragia non termini il suo percorso. 

L’idea che, lavorando sulla rabbia sociale, possa riguadagnare il consenso perduto in un mondo come quello del dopo covid vuol dire non avere lucidità politica. Oggi la gente vuole scelte responsabili e per risalire la china bisogna avere un forte senso della realtà che viviamo.

La figura politica di Matteo Salvini appare usurata e logora al punto che sembra destinato ad un tramonto politico in breve tempo.

Infatti Salvini si è ficcato in un vicolo cieco scegliendo in Europa sodali impresentabili, sconfitti in partenza. L’unica prospettiva che gli potrebbe dare ragione è quella di un’ implosione dell’Unione Europea che, mai come oggi, pare davvero irrealistica.

A poco vale eccitare gli istinti aggressivi dell’ala protestataria della Lega che non ne vuole sapere di stare al governo e di stare in Europa.

Con costoro non si vincono le elezioni, si conquista Palazzo Chigi, ma si è condannati ad un inevitabile isolamento in un paese come l’Italia prevalentemente moderato.

E tuttavia, così facendo, Salvini probabilmente potrebbe frenare l’emorragia elettorale che ha riposizionato la Lega, un tempo primo partito italiano, stando ai sondaggi, come terzo partito a livello nazionale, e, quindi, ho l’impressione che non riuscirà a svolgere un ruolo politico incisivo.

Insomma, Salvini probabilmente prenderà qualche voto in più, ma perderà complessivamente il suo ruolo politico, nel senso che sarà al governo sempre più mal tollerato da Draghi, e sarà alleato subalterno della Meloni la quale cerca di erodere, grazie alla chiarezza delle posizioni che assume il consenso politico del leader leghista.

Di fronte alla dichiarazione provocatoria di Giorgetti, il quale ha detto che ormai Salvini si trova costretto a menar cazzotti alla maniera di Bud Spencer a destra e a manca per sopravvivere, a poco valgono le solidarietà di facciata della nomenclatura leghista.

Giorgia Meloni sta godendo di queste lacerazioni intercettando consensi che prima andavano alla Lega e mantenendo questo ruolo di opposizione che canalizza la protesta al governo.

Insomma l’area della destra estrema sarà stabilmente occupata dalla Meloni, che sta all’opposizione. La posizione di Salvini che sta al governo con l’intenzione di destabilizzarlo sarà sempre più contestata dalla parte più matura e consapevole del popolo leghista del Nord che non ne vuole sapere degli sfasciacarrozze, in un momento in cui il Paese ricomincia a respirare dopo il Covid.

A poco vale vincere nel partito con i modi brutali che Salvini usa, considerato che la Lega non è un partito di correnti, essendo l’ultimo partito leninista rimasto in Italia, e, quindi, un partito in cui normalmente i gruppi dirigenti si aggregano intorno al segretario.

Ma per far si che ciò accada la condizione che il segretario riporti vittorie, e distribuisca spoglie, e non incassi solo sconfitte pare imprescindibile.

Nessuno farà sconti a Salvini nel momento in cui i conti elettorali non tornano, il ruolo della Lega nello scenario politico italiano sarà sempre più debole, la prospettiva di Salvini a Palazzo Chigi risulterà inesistente come ha avuto modo di osservare anche Berlusconi spiegando con una battuta ustionante che l’idea della Meloni o Salvini a Palazzo Chigi suscita soltanto ilarità.

L’elettorato del Nord, di fronte alla prospettiva che l’antieuropeismo di Salvini possa compromettere l’erogazione dei soldi che l’Ue ci ha assegnato e al ruolo marginale che toccherebbe all’Italia con riferimento ai grandi progetti a cui si sta lavorando, potrebbe voltare le spalle alla Lega di Salvini.

In sostanza Salvini ha imboccato una strada che aggrava ulteriormente la sua reputazione, già pessima in Italia e in Europa.

Pensa di poter avere un ruolo internazionale mettendosi dalla parte di Polonia e Ungheria, che soltanto per ragioni contingenti parlano lo stesso linguaggio antieuropeista, considerato che Orban aspira a diventare, una volta fuori dal Partito Popolare, un valletto di Putin, mentre la Polonia non sarà mai un satellite della Russia.

Matteo Salvini ha imboccato una strada che lo porterà a deragliare nella corsa alla guida del Paese?

In sostanza la strada che Salvini vuole seguire è la stessa seguita con esiti fallimentari dalla signora Le Pen che pesa sempre meno all’interno della destra francese, che accumula sconfitte e che ha reso sempre meno competitivo il suo partito nella corsa per la presidenza della Repubblica.

Salvini è ossessionato non tanto dal moderatismo di Giorgetti, ma dal fatto che quel moderatismo possa radicarsi nel suo movimento grazie alla politica di Draghi che può essere più o meno popolare nello stato maggiore leghista ma che certamente suscita grande consenso nel popolo leghista del Nord, quello più evoluto, consapevole del rapporto che esiste tra il rilancio del processo di integrazione europea e l’assunzione da parte del nostro paese di un ruolo centrale all’interno direttorio dell’unione europea.

Salvini, attraverso l’alleanza con la peggiore destra europea, mira ad indebolire lo stato di diritto e le istituzioni della democrazia, ma su questo terreno è inevitabile che spacchi il centrodestra perché si tratta di posizioni che i centristi di Forza Italia non accetteranno mai.

Salvini sceglie di vivere pericolosamente pensando che l’Italia sia un Paese disposto ad accettare all’infinito la narrazione che Salvini propone di un’altra Europa rifondata nientemeno che da polacchi e ungheresi.

Sembrano lontani anni luce i richiami delle sirene populiste e sovraniste, nonostante la crisi sociale del post covid e la scarsezza di idee per risalire la china.

Infatti, nel nostro Paese come in Europa, la rispettabilità democratica conta, come conta, oggi più che mai, un europeismo autenticamente vissuto.

Gli italiani sono di nuovo convinti che l’Europa sia una comunità di destino nella quale gente come Salvini e gli antieuropeisti polacchi e ungheresi abbiano poco da dire e da fare. Le posizioni di chi contesta lo stato di diritto sono malviste dai mercati finanziari.

Salvini continua a fare l’elenco dei problemi da risolvere immediatamente per fare vivere meglio il Paese, ma quando gli si chiede come bisogna affrontarli, con quale risorse dimostra una disarmante povertà culturale, che lo rende diverso, isolato dal mondo dei conservatori occidentali che si oppongono ai progressisti ma sapendo come possono raggiungere gli obbiettivi perseguiti.

Salvini, alleato dei nazifascisti, non potrà mai arrivare a Palazzo Chigi. Oggi nel partito sono costretti a esprimergli solidarietà perché una crisi del partito sarebbe devastante viste le difficoltà in cui si dibatte.

Ma non dovrebbe accontentarsi delle assicurazioni di chi gli dice: stai sereno, in un partito diviso su scelte cruciali per il suo futuro.

Il declino elettorale della Lega meriterebbe riflessioni approfondite e non esibizioni muscolari in un paese in cui l’elettorato moderato conta anche quando pare disperso e non va a votare perché deluso.

Chi sceglie di vivere pericolosamente viene visto, in un Paese come il nostro, come una minaccia dalla quale guardarsi e verso la quale organizzare uno schieramento di resistenza che limiti danni.

Alla fine Salvini si troverà soltanto con Orban, perché la Polonia abbasserà il capo e accetterà le condizioni poste dall’Europa.

Si troverà insomma in pessima compagnia, integrato in una destra impresentabile, aggressiva, che spingerà sempre più il PPE, i socialisti ed i liberali a fare fronte comune per salvare l’Europa dalla minaccia costituita dal moltiplicarsi di gruppi di destra eversivi.

L’azione risoluta e determinata del governo Draghi determina un indebolimento di Matteo Salvini e della sua pretesa di condizionare l’esecutivo.

La solidarietà del gruppo dirigente leghista serve poco di fronte all’isolamento a cui Salvini condanna la Lega a livello europeo e a livello nazionale.

Anzi, il fatto che continua a spiegare che vuole restare al governo a ogni costo dovendo inghiottire bocconi amari con riferimento alle scelte fatte da Draghi, comporta una perdita di immagine sempre più grave, soprattutto per il peso politico.

Non pare dubbio che la Lega di Salvini abbia subito nel corso degli anni un vero e proprio smarrimento identitario che la rende sempre più distante dalla Lega delle origini, la Lega di Bossi.

Anche Bossi le sparava grosse per dimostrare la diversità leghista, con i suoi riti celtici e l’affermazione di una inesistente civiltà padana.

Ma erano provocazioni destinate a creare un forte senso di militanza politica nelle popolazioni del Nord che volevano lottare contro sprechi e privilegi del sistema di potere romano.

Ma al di là della esibizione dei pittoreschi simboli e della narrazione improvvisata di una storia padana destinata ad un popolo incolto, Bossi non andava.

Sui principi della costituzione, intangibili, sui valori della Repubblica, sulla discontinuità necessaria tra regime fascista e storia repubblicana non era disposto a transigere.

Salvini non fa alcuna distinzione fra le due Italie, fa di tutta l’erba un fascio, cerca di collocarsi sotto tutte le bandiere della protesta. E’ incolto come Bossi, ma non ha il senso politico del senatur.

Quindi, passa da una sbandata ideologica all’altra, per poi ritrovarsi coinvolto nelle trame della peggiore destra europea e di potentati economici stranieri che dovrebbero garantire al Carroccio le risorse necessarie per consentire la conquista di Palazzo Chigi.

E il leader in questo senso più antipatriottico che opera nel mercato politico. Non si rende conto che con le sue frequentazioni estere danneggiano l’interesse nazionale, creano dei problemi all’Italia nei rapporti con l’Europa.

Quindi prevedi un declino politico per Matteo Salvini?

La verità è che Salvini è inaffidabile. Tutti coloro che l’hanno avuto come alleato esprimono questo giudizio. E’ molto più affidabile la Meloni che ha una sua collocazione stabile, ha un suo popolo di riferimento, e obbiettivi ben precisi con riferimento alle cose da fare.

E questa caratteristica del personaggio attratto dalla politica corsara finirà con l’esasperare le divisioni anche nel movimento.

La Lega ha una struttura interna di tipo leninista con il capo che impone la propria volontà a tutti. Contro questo tipo di politica improvvisata, rampante, avventata che predica il conflitto senza sapere che le guerre sono facili da aprire ma difficili da chiudere si sta schierando la Lega ragionevole, quella della gente del Nord, gli amministratori locali, i ministri leghisti.

Salvini vuole portare l’Italia a solidarizzare con i perdenti d’Europa ,con i governi destinati alla sconfitta perché decisi a tradire gli ideali europei. Il suo è estremismo puerile che si addice a chi ritiene di non aver nulla da perdere.

Impone la sua volontà a tutti senza che vi sia una vera discussione pubblica. Ma questa caratteristica adesso pare finalmente messa in discussione.

L’obiettivo di Salvini allo stato è quello di far fuori Giorgetti. E vuole colpire Giorgetti per mettere in discussione Draghi e il suo europeismo. Va perciò stringendo rapporti con oligarchi e faccendieri, che operano in paesi che vogliono l’implosione dell’Unione Europea.

Non pare dubbio che questa politica indebolisca la Lega che, da primo, é divenuto il terzo partito italiano. E man mano che Salvini si muoverà in modo esplicito per affossare Draghi, dovrà fare i conti non tanto con la sinistra, ma con buona parte del suo stesso popolo.

La profezia di Giorgetti, secondo cui il leader leghista sta portando il partito a sbattere si avvererà. E prevedo che continuerà a perdere consensi e a rendere ancora più intenso lo scontro interno.

Adesso si tratta di mettere ai margini del partito Giorgetti che viene diffamato spiegando alla gente che le cose che il ministro dello sviluppo economico dice rivelano smanie di potere, e soprattutto il disegno di andare a Palazzo Chigi con qualunque maggioranza. Salvini insomma è alla frutta, e più si agiterà nei prossimi mesi contro Draghi, più sarà debole nel paese e nel partito.

La Lega adesso è un partito delegittimato al livello internazionale, destinata a essere sempre più isolata. Salvini vuole creare il gruppo della destra antieuropeista per fare concorrenza alla Meloni.

Ma si tratta, nell’attuale momento storico, di una strategia suicida, tenuto conto delle sfide che l’UE sta ingaggiando per essere un attore globale credibile.

Gli estremisti di destra, a cui Salvini si sta accostando, o verranno messi al bando dall’Europa, per la loro linea di contestazione dei principi dell’Unione Europea, oppure faranno un passo indietro di fronte alle sanzioni europee. Pare insomma che il leader leghista resterà con il cerino in mano così come è accaduto più volte negli ultimi due anni.

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