Dopo la debacle delle amministrative crescono i malumori tra gli ex grillini. Il primo fra tutti a scagliare la pietra contro l’ex premier e leader dei cinquestelle è il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
Il ministro, con una stoccata non tanto velata, accusa Conte di non aver fatto abbastanza. “Io credo che è normale che ci sia un elettorato disorientato. Non abbiamo mai brillato alle amministrative, ne sono testimone, ma non siamo neanche mai andati così male”, dice il ministro degli Esteri.
“Credo che il M5s debba fare un grande sforzo di democrazia interna. Anche su questo, non veniamo da una grande storia di democrazia interna, ma proprio per questo, anche rispetto a un nuovo corso, servirebbe maggiore inclusività, più dibattito interno, anche includere di più persone esterne che chiedono di essere coinvolte”, sottolinea il titolare della Farnesina.
“Ma non si può dare sempre la colpa agli altri, non si può risalire all’elezione del Presidente della Repubblica per dire che le amministrative sono andate così male. Credo che bisogna assumersi anche un po’ delle responsabilità rispetto a un’autoreferenzialità che andrebbe superata. Lo dico a voi perché non esiste un posto dove poterlo dire oggi”.
In effetti è dalle elezioni del Presidente della Repubblica che i cinquestelle hanno dato prova di ciò che si sospettava da tempo, e cioè: che sono come gli altri o forse peggio.
Il cambio di rotta su Mattarella è stato indicativo a rappresentare il cambiamento che ha assunto pian piano il MoVimento ideato da Grillo e Casaleggio. Da forcaioli dell’ultima ora si sono ritrovati a far parte della casta e Luigi Di Maio è la prova provata di questa mutazione.
L’ex ministro ha un passato ambiguo; un tempo militante dei Gilet gialli e nazionalpopulista, Di Maio ritratta la sua politica estera e, mentre ieri diceva di stare dalla parte degli italiani, oggi è categorico sulla sua posizione ed è dalla parte delle armi. “Credo che il nostro Paese debba stare nella Nato, credo che il nostro Paese debba stare nell’Unione Europea”, prosegue Di Maio.
Come se qualcuno, a parte lui e il suo gruppo di forcaioli, avesse mai minato questa posizione dell’Italia all’interno della comunità europea e del patto atlantico.
A fare eco a Di Maio è il suo fedelissimo Primo Di Nicola, senatore del M5S, che dice: “Con la politica estera non si scherza e la posizione internazionale dell’Italia è fuori discussione”.
“Se qualcuno ci sta pensando deve tenere presente che sarebbe inaccettabile una rottura del patto di maggioranza su un tema così delicato – conclude Di Nicola -. Consiglierei a tutti massima prudenza: su questa scelta il Parlamento si è allineato con i partners Ue. Rivedere le decisioni assunte? Non tutti saremmo d’accordo”.
Insomma, le parole del senatore Di Nicola suonano come una minaccia nei confronti dell’ex premier, intento a chiedere lo stop dell’invio di armi a Kiev al governo Draghi.
Ma la risposta di Conte non si fa attendere: “Negli ultimi giorni ho riunito un consiglio nazionale e ho fatto due conferenze stampa in cui abbiamo analizzato il risultato del voto: io so come assumermi le responsabilità”, dice il leader del M5S.
E alle accuse di Di Nicola e Di Maio l’ex premier risponde: “Io la campagna elettorale l’ho fatta da Nord a Sud e non soltanto in due posti. Io ci ho messo la faccia dappertutto”.
“Oggi stanno partendo le auto candidature affinché anche singoli iscritti possano entrare a far parte del consiglio nazionale. L’organismo arriverà a 22 componenti con rappresentanti eletti direttamente dal territorio nazionale. Quando era leader Di Maio lo statuto prevedeva un solo organo, il capo politico: che ci faccia lezioni lui oggi fa sorridere”.
Poi ribadisce, dire che il M5S sulla politica estera sia anti-atlantista è “una stupidaggine”.
Ma Conte purtroppo ignora il MoVimento delle origini, quello che veniva guidato anche da Luigi Di Maio a “botte di Vaffa”.
Il ministro degli Esteri un tempo era anti-europeista, anti-establishment, anti casta, vicino agli ideali dei gilet gialli e a chi sognava, in nome del nazionalismo, di vedere le istituzioni europee distrutte.
I grillini avevano molti difetti ma andare contro il volere del popolo per genuflettersi ai poteri forti non era pratica ammissibile per i cinquestelle delle origini. Oggi sì invece. Forse è proprio questa sottomissione a tutto e tutti che ha tradito i principi ancestrali dei cinquestelle, ora in crisi d’identità.
Di Maio tra questi è il primo traditore degli ideali grillini. Farsi comandare a bacchetta pur di mantenere un posto di ruolo non è ammesso da chi diceva di voler cambiare le cose. E questo gli italiani lo hanno notato.
Il ministro degli Esteri è arrivato al potere per essere più vicino agli ultimi, che fino ad allora erano stati ignorati dalla politica, non è un genio e non rappresenta minimamente un’eccellenza italiana, quindi, a ragion veduta, se Di Maio non si immola più per le cause degli italiani e non difende il benessere sociale delle persone comuni andando contro le multinazionali, di armi in questo caso, non ha alcuna ragione di essere lì e l’anonimato lo attende.
Se Conte vuole far riemergere il MoVimento è obbligato a sbarazzarsi di personaggi zavorra come Di Maio. I traditori dal doppio gioco non sono mai piaciuti agli italiani e, oggi, l’attuale ministro degli Esteri, con il suo atteggiamento ipocrita, non rappresenta nessuno se non se stesso.
Purtroppo per il ministro degli Esteri i palazzi di potere cambiano le persone, ed è quello che è accaduto all’ex grillino che, da entrare in Parlamento come un Masaniello qualsiasi, si è ritrovato ad operare come un democristiano della peggior specie.