Il tempo. Sostantivo maschile, termine usato molto spesso per identificare quella dimensione nella quale si concepisce e si misura il trascorrere degli eventi. La parola tempo la utilizziamo in molte occasioni. In una delusione d’amore (il tempo mette ogni cosa al suo posto), quando siamo in trepida attesa per una risposta che aspettiamo da tanto, o quando vorremo che invece il tempo non passasse mai.
Ma il tempo è anche uno di quei “fattori” che può sentenziare su una condanna definitiva, sia che egli/ella sia innocente sia che sia colpevole. Ed è proprio nell’ambito giuridico che vogliamo approfondire il tema del tempo parlando della prescrizione.
Fino a oggi una persona che doveva subire un processo perché indagato di un fatto poteva vedere quel reato prescriversi. Ciò vuol dire che l’azione commessa da un soggetto si estingueva trascorso un periodo di tempo. Quindi, Tizio viene indagato per bancarotta. Si apre un’indagine e un processo a suo carico. Passano due, tre, quattro, cinque, dieci anni e così via (a seconda dei tempi richiesti) e il reato si prescrive, ovvero Tizio non è più giudicato per quel reato in quanto il fatto è decaduto.
Dal 1° gennaio 2020, per opera del Movimento 5 Stelle e del guardasigilli Bonafede, la prescrizione non esisterà più, quindi tutti i reati resteranno in sospeso fino all’ultimo grado di giudizio o vita natural durante perché conosciamo bene i tempi della giustizia italiana.
Sebbene
prima la prescrizione fungesse da incentivo per i giudici a essere più celeri
nel trattare le controversie, proprio per evitare che un lungo processo
terminasse con un nulla di fatto a causa della prescrizione, con il nuovo anno la
magistratura se la potrà prendere comoda perché tanto quella controversia
rimarrà aperta a vita o fino a quando non sarà presa in carico. Non ci sarà,
infatti, più alcuna fretta di fissare l’udienza di appello proprio perché il
reato non si prescriverà mai.
È anche giusto guardare l’argomento da più prospettive. Se ci mettiamo nei panni dei magistrati, possiamo notare come, per loro, l’abolizione della prescrizione può diventare una ventata d’aria fresca. Non è infatti una novità che la magistratura soffra di carenza di personale. I magistrati devono far fronte a una mole di lavoro non indifferente e sapere che un caso non verrà prescritto porta loro a prendere un fascicolo alla volta sapendo che quell’altro rimarrà aperto.
Ma se un da un lato l’abolizione della prescrizione potrebbe essere positivo per la magistratura, dall’altro dobbiamo metterci nei panni dei cittadini, imputati o indagati di un reato. E tra questi cittadini dobbiamo anche dividere tra il delinquente, promotore del reato e il cittadino vittima del fatto. Se l’indagato, il malfattore, colui che non ha nulla da perdere in questa vita, potrà in parte gioire e tirarla “a campare” fino alla condanna definitiva, la vittima, invece, il cittadino perbene che si trova coinvolto in un processo vedrà la propria innocenza ma soprattutto la tanto voluta “giustizia” passargli davanti senza fermarsi e dunque non vedrà mai riconosciute le proprie ragioni. Sarà vittima dei tempi di una giustizia che si protrarrà per 10, 20 e anche 30 anni con tutte le conseguenze economiche ma soprattutto sociali del caso.
Il
Movimento Cinque Stelle è sempre stato convinto dell’opinione secondo la quale
non esistono innocenti, ma solo colpevoli che l’hanno fatta franca, senza
pensare che la nostra Costituzione dice esattamente l’opposto. L’articolo 27, comma
2, recita che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna
definitiva”. Un principio che corrisponde ad affermare la presunzione di
innocenza. L’imputato, infatti, non è assimilato al colpevole fino al momento
della condanna definitiva.
Ma come siamo giunti a questo? Da che volevamo una giustizia migliore, un’accelerazione dei tempi, una pena certa per chi commette reato, siamo arrivati ad avere addirittura una tempistica che quasi spaventa e sembra essere sempre più lontana. E qui ritorniamo al fattore tempo. Siamo destinati veramente a vivere in un tempo che non ci spetta e che non ci rispetta o dobbiamo pretendere di voler vivere in un tempo che ci dia sicurezza e serenità per i nostri figli e per i figli dei nostri figli?
Silvia Roberto