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25 aprile: I fratelli Cervi simbolo della liberazione

by Rosario Sorace

Tra poche ore l’Italia festeggia la liberazione dal giogo e dalla tirannia nazi fascista e viva nella memoria vi è la storia toccante dei sette fratelli Cervi, che il 28 dicembre del 1943 a Reggio Emilia furono fucilati insieme ad ex repubblichino divenuto antifascista.

Cominciò così la stagione di uccisioni e stragi della Repubblica Sociale di Salò, che si mise al servizio di Hitler, per garantire l’occupazione tedesca in Italia dopo l’armistizio dell’8 settembre. Sterminare un’intera famiglia fu un gesto orrendo e abominevole che mostrò il volto crudele e truce del fascismo ormai moribondo.

I Cervi era una famiglia di forti convinzioni cattoliche. Il papà Alcide fu iscritto al partito popolare vicino a Camillo Prampolini ed era stato un’ antifascista fin dagli anni ’30, quando il regime di Mussolini aveva raggiunto il massimo consenso.

Dopo la caduta del Duce, il 25 luglio del ’43 la famiglia Cervi festeggio e dopo l’ armistizio cominciarono ad organizzare la Resistenza tra l’Appennino e la pianura dove si firmarono i “Gap” (Gruppi D’Azione Patriottica), che praticavano la guerriglia e lo spionaggio.

Il terzogenito Aldo compatta la famiglia attorno all’ideale della lotta armata, e, così, lo seguono convinti i fratelli Gelindo, Antenore, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore. Sono tutti contadini autodidatti che sperimentarono anche tecniche nuove di coltivazione nel podere dei “Campirossi”. Infatti usarono per primi il trattore, “la macchina del futuro” e a introdurre una gestione innovativa della stalla. Ma avevano anche una sete di cultura e così furono tra i fondatori di una biblioteca popolare per aiutare i contadini a emanciparsi opponendosi anche all’ammasso che il fascismo imponeva ai prodotti della campagna.

Il podere dei “Campirossi” divenne ben presto nell’inverno ’43, una meta di oppositori al regime, di soldati sfuggiti ai tedeschi e renitenti alla leva di Salò, nonché anche di militari stranieri fuggiti dalla prigionia. Un’ attività assai rischiosa che mette a repentaglio la sicurezza della famiglia Cervi.

Il 25 novembre, un battaglione fascista circonda la casa dei “Campirossi”, incendia stalla e fienile e pone l’assedio alla casa dei Cervi che tentano un’inutile difesa. Nella casa ci sono cinque donne e dieci bambini, oltre ai sette fratelli e a Camurri, erano nascosti Dante Castellucci, il futuro comandante partigiano “Facio”, il russo Anatolij Tarassov e tre soldati alleati: i sudafricani John David Bastiranse (Basti) e John Peter De Freitas (Jeppy) più l’irlandese Samuel Boone Conley.

Mentre gli stranieri sono trattati da prigionieri di guerra, compreso Castellucci che sfugge alla fucilazione fingendosi un francese in quanto conosce bene la lingua e successivamente fuggirà dalla fortezza parmense della Cittadella unendosi ai partigiani d’Appennino.

I Cervi e Camurri furono incarcerati a Reggio Emilia. Accusati di numerose azioni partigiane furono fucilati dai moschetti repubblichini.

Si consuma l’ultimo atto di crudeltà dei gerarchi impedendo anche che il papà Alcide possa vedere i figli prima dell’esecuzione. Questa esecuzione e il sacrificio atroce di un’intera famiglia ha costituito un simbolo della Resistenza e della lotta della liberazione che si è tramandato imperituro alle future generazioni.

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