Il dream team politico italiano resta fermo, ma il cast di supporto minaccia di mandare in frantumi il futuro.
Giovedì, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha prestato giuramento per un secondo mandato dopo essere stato rieletto nel fine settimana. Il campo che lo ha conquistato: l’Italia non può permettersi di fratturarsi adesso.
Mantenere Mattarella nel suo incarico, si argomenta, consentirebbe anche al presidente del Consiglio Mario Draghi, uno dei principali candidati alla presidenza, di rimanere al suo posto. Ciò significava che Draghi poteva tenere con la sua coalizione di governo, evitare di destabilizzare le elezioni anticipate e guidare l’Italia attraverso una ripresa dalla pandemia.
Mattarella ha ceduto all’interesse nazionale e i leader europei hanno tirato un sospiro di sollievo. I mercati finanziari hanno fatto lo stesso. Crisi scongiurata. Almeno per il momento.
Per adesso. In pochi giorni, è diventato evidente che i tafferugli politici scoppiati durante le elezioni presidenziali avevano messo in luce profonde divisioni all’interno della coalizione di governo di Draghi e lasciato ferite che non si rimargineranno rapidamente.
Ora, l’unità di destra italiana sta crollando, con i leader che minacciano di formare nuovi partiti e cementare nuove alleanze.
E una battaglia per la leadership è scoppiata all’interno del Movimento 5 Stelle, che ha più seggi in Parlamento di qualsiasi altro partito.
L’alleanza di destra è “a pezzi”, ha proclamato Giorgia Meloni, leader del partito di estrema destra Fratelli d’Italia. “Non esiste più. Dovrà essere ricostruita da zero”.
Le tensioni metteranno a dura prova la coalizione di governo di Draghi, riducendo potenzialmente l’efficacia del governo in un momento in cui sono in gioco miliardi di euro di finanziamenti dell’UE.
Il risultato determinerà se l’Italia potrà sfruttare appieno l’opportunità irripetibile di avviare la sua economia lenta e fare riforme strutturali a lungo termine.
La posizione del presidente della Repubblica, sebbene spesso cerimoniale, è vitale in una crisi politica, sempre più frequenti, ed è autorizzato a nominare i premier. È esattamente così che Draghi è salito al potere, sfruttato da Mattarella per guidare l’Italia attraverso la pandemia.
Le recenti elezioni presidenziali si sono svolte in quasi una settimana di lotte intestine e complotti. Mentre i legislatori si avvicinavano alla fine del mandato di Mattarella il 3 febbraio, il processo è rimasto a un punto morto, ostacolato da una rete di veti e senza che né la sinistra né la destra potessero riunirsi attorno a un candidato.
Con il passare dei giorni, i legislatori, disprezzando gli ordini dei loro capi, hanno votato in numero sempre maggiore per Mattarella, segnalando un modo per rompere lo stallo.
Con la rielezione di Mattarella, la maggior parte dei parlamentari ha affermato che il risultato fosse in realtà una vittoria per tutti.
Ma il combattimento a mani nude e le reciproche recriminazioni degli ultimi giorni hanno lasciato danni potenzialmente irreparabili nel panorama italiano. La prima vittima sacrificale sembra essere la coalizione di destra italiana.
Matteo Salvini, leader della Lega, era inizialmente in una potenziale posizione di arbiter. Ma una serie di errori tattici, soggiogato anche dai leader della sua stessa alleanza che erano mossi da bisogni e desideri diversi, hanno lasciato che la sua coalizione entrasse in un tourbillion autodistruttivo; con la Meloni che spingeva per la rottura ed elezioni immediate, da una parte, e con Forza Italia e governo che spingevano per un nome comune, dall’altra.
Insomma, Salvini, per una volta si è ritrovato nella difficile posizione di tenere tutti contenti e, alla fine, per scopi diversi dei suoi tanti alleati non ci è riuscito.
Il compito di Salvini non era assolutamente facile durante questa elezione e cercare di trovare un nome che stesse bene a tutti era più di una semplice mission impossible.
Infatti, l’unico errore che si potrebbe imputare al Capitano è stato quello di impuntarsi fortemente e in maniera subdola sulla Casellati; spinto soprattutto dal forte desiderio di Giorgia Meloni di rompere la tanto odiata maggioranza di unità nazionale.
Ma il Carroccio, di seguito, si è accorto che un nome per tutti era quello che serviva di più all’Italia in questo momento, tutto il contrario di quello che voleva la sua alleata estremista Giorgia Meloni, in costante lavoro per stimolare una rottura.
Con la crisi, l’inflazione e i problemi del nuovo anno non pare il momento migliore per creare instabilità, ma non è di questo avviso la capa di Fratelli d’Italia.
Il suo bisogno impellente di andare alle elezioni per quantificare il prima possibile il suo risultato elettorale aumentato fortemente dopo aver perpetuato le paure della gente, è l’unico bisogno che ha spinto la Meloni solo su nomi divisivi.
Non è difficile da notare la natura subdola e infima della leader di Fratelli d’Italia, quando, pur di dividere, si era detta disposta a votare l’attuale premier Draghi come prima carica dello Stato, dopo averlo definito a suo modo un prezzolato dell’alta finanza; tutto pur di andare alle tanto agoniate elezioni anticipate. Una contraddizione che non avrebbe senso se lo scopo fosse veramente quello di preservare gli interessi di tutti gli italiani.
Ma, ipocrisia a parte. In primo luogo, Salvini non è riuscito a ottenere la coalizione dietro il suo candidato preferito. Poi, il blocco di destra ha fatto irruzione in fazioni, in disaccordo sull’ennesimo candidato, e alla fine si è giunti all’epilogo Mattarella.
L’approccio di Salvini era “pazzo”, ha detto Meloni. Salvini dal canto suo ha ribattuto lanciando un tentativo di formare un nuovo partito con Silvio Berlusconi.
Ma mentre la destra va a rotoli, la nascente alleanza di centrosinistra è andata solo leggermente meglio.
Dopo l’elezione di Mattarella, infatti, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ex leader dei 5Stelle, ha attaccato il suo successore, Giuseppe Conte.
“Alcuni leader hanno fallito”, ha detto. “Anche nei cinquestelle bisogna riflettere internamente”.
Conte ha rilanciato. “Di Maio – ha detto l’ex premier “deve rendere conto delle sue azioni, alcune delle quali molto gravi”.
Ora Di Maio, soggetto alle trasformazioni del palazzo, dovrebbe lanciare una sfida di leadership a Conte, o forse fare un tabula rasa del suo MoVimento.
Sorprendentemente, Draghi è uscito relativamente illeso dalle rovine. Il presidente del Consiglio è stato ansioso di presentare l’elezione di Mattarella come una vittoria e di non mostrare amarezza per il fatto che ha dovuto chiedere personalmente a Mattarella di rimanere. Draghi si è detto “contento” della decisione.
L’elezione di Mattarella mantiene Draghi in una posizione relativamente forte. Questo governo è stato creato da Mattarella, quindi, l’elezione di qualsiasi altro presidente, compreso lo stesso Draghi, avrebbe fortemente indebolito la maggioranza e il governo.
Tra i lati positivi per il premier e sicuramente lesivi per la democrazia, ora Draghi, potrebbe avere ancora più potere sulla sua coalizione indisciplinata.
La richiesta fortissima del Parlamento di tenere ancorati Draghi e Mattarella sulle loro poltrone cede, a questi ultimi, ancora più potere.
Infatti, mentre alcuni leader di partito hanno chiesto a Draghi di chiarire le sue priorità e persino sollevato la prospettiva di un rimpasto di governo, Draghi sembra desideroso di andare avanti con il suo lavoro.
Lunedì, Draghi ha ordinato ai suoi ministri di fornire entro 48 ore un rapporto sullo stato di avanzamento dei loro vari progetti di ripresa dalla pandemia. Una telefonata con il presidente russo Vladimir Putin ha ribadito che il primo ministro è tornato al lavoro.
Eppure le tensioni restano. Il prossimo programma di riforme – pensioni, tasse – metterà inevitabilmente in evidenza le differenze ideologiche all’interno della grande coalizione.
Salvini si sta già mobilitando contro la prossima controversa riforma, una modifica al database di mappatura delle proprietà del Paese, che vedrà aumenti delle tasse.
E mercoledì i ministri della Lega si sono rifiutati di votare per nuove misure COVID per le scuole sulla base del fatto che le regole discriminavano tra vaccinati e non vaccinati.
I partiti stanno già discutendo anche sulle modifiche proposte al sistema elettorale che potrebbero cambiare il modo in cui i seggi del Parlamento vengono suddivisi.
Se la Lega, sotto la pressione dei rivali di destra Fratelli d’Italia, si ritirasse dal governo Draghi, sarebbe destabilizzante per la coalizione. Ma sarebbe anche autodistruttivo per la Lega, e questo Salvini lo sà.
Ci saranno turbolenze ma chi ha scommesso su questo governo non se ne andrà ora. E’ questo il pensiero di Matteo Salvini.
Draghi può probabilmente mantenere le sue riforme in carreggiata per diversi mesi, dopodiché, i partiti passeranno alla modalità campagna, sottolineando le loro differenze ideologiche in vista delle elezioni previste per il 2023.
Fratelli d’Italia probabilmente continuerà ad aumentare il proprio vantaggio sulla Lega, essendo tra i pochi all’opposizione.
Ma la possibilità di determinare l’elezione del Capo dello Stato ha registrato una pesante sconfitta per Giorgia Meloni che, oggi, si guarda allo specchio come una vittima tradita. Ma viene da dire: chi è causa del suo mal pianga se stesso. Alla fine della fiera, non avendo assolutamente i numeri per poter decidere, la leader di Fratelli d’Italia ha poco da condannare visto che, tirando le somme, ha fatto poco o nulla per essere incisiva nella trattativa: Il vero peccato di Giorgia.