Home In evidenza Renzi: “Giannini mente”, poi mette in moto la sua macchina del fango per “distruggere gli avversari”

Renzi: “Giannini mente”, poi mette in moto la sua macchina del fango per “distruggere gli avversari”

by Romano Franco

E proprio mentre Renzi si difende dalle “accuse” dell’utilizzo di metodi poco ortodossi per “distruggere gli avversari”, l’ultimo a farne le spese di questa “guerriglia mediatica” è Massimo Giannini che, con il suo editoriale la Stampa, si è permesso ultimamente di porre dubbi e questioni sull’integrità morale ed etica del senatore di Rignano.

I metodi utilizzati da Renzi per demolire gli avversari sono evidenti e la sua politica fatta di menzogne difficilmente riesce ancora ad incantare.

Le ultime vittime di questa sua narrativa aberrante sono stati gli Lgbt. Infatti, proprio mentre si discuteva dei diritti di gay, trans e lesbiche in Senato, sempre evidenziati in pompa magna da Renzi sui giornali, il senatore di Riyad, Rignano pardon, con fare da “Chissenefrega” è volato dal dittatore Bin Salman che di gay, trans e lesbiche, non solo non ne riconosce i diritti, ma li perseguita e, in alcuni casi, li uccide per il semplice fatto di essere diversi.

Ma tornando al match Giannini versus Renzi, quest’ultimo, sentendosi braccato dalle accuse, come spesso accade, al posto di difendersi, chiarendo i dubbi e controbattendo quelle che lui ritiene “diffamazioni”, emette sentenze andando a scovare scheletri e appigli ideati in un iperuranio vacuo atto a distogliere l’attenzione su di lui.

E così è accaduto durante la trasmissione “Otto e Mezzo” su La7. Il senatore Renzi, alla domanda scomoda del direttore della Stampa, Massimo Giannini, sulla vicenda di Fabrizio Rondolino e della mail sulla strategia politica di “distruggere gli avversari” inoltrata a Marco Carrai, non solo, risponde in maniera poco convincente, ma, rilancia accusando Giannini di un presunto risarcimento danni versato a beneficio di Carrai di 10.000 euro. Come se nella vicenda centrasse qualcosa.

Non gliene vogliano Report, Il Fatto o La Stampa, Renzi è fatto così. La sua è pura strategia e, quando viene pungolato, i media e suoi fedelissimi mettono in atto la loro opera di distrazione di massa mettendo in moto la macchina sparafango e setaccia scheletri nell’armadio.

 

Ma la risposta di Giannini non tarda ad arrivare e anche se non si deve difendere da un accusa di finanziamento illecito, risponde per le rime al senatore di Rignano. “Constato, con mesto raccapriccio, che il senatore Renzi torna sulla vicenda di una mia presunta condanna in causa persa contro Marco Carrai, e di un mio presunto risarcimento danni versato a suo beneficio”, dice il direttore della Stampa.

“Ora vedo che rilancia sui suoi social network, esibendo come “prova” un documento nel quale comparirebbero le mie “scuse a Carrai” e un mio assegno a lui intestato, con tanto di mia firma, zoomata ad arte accanto all’assegno medesimo. È penoso, per chi fa il mio mestiere con serietà e per chi fa politica con passione, ma mi vedo costretto a precisare quanto segue: Non esiste alcuna “condanna” né alcuna “causa persa” da parte mia nei confronti di Marco Carrai. Il medesimo presentò una querela per diffamazione nei miei confronti, per un mio articolo su “Repubblica” uscito nel 2016. La causa andò avanti per tre anni, e nel maggio del 2019 fu ritirata dal querelante, previa conciliazione di cui fa fede la lettera esibita dal senatore Renzi, nella quale mi limito a precisare di non aver offeso nessuno.  Non esiste alcun “risarcimento danni” da me versato a Marco Carrai. Dell’assegno esibito dal senatore Renzi io non conoscevo l’esistenza. Non porta la mia firma, come può vedere chiunque. Reca un importo di 3.000 euro (e già questo basterebbe a un essere umano dotato di medio buonsenso per capire che non può trattarsi di risarcimento danni). Infatti non lo è. Come può chiarire l’azienda editoriale dalla quale dipendo, e come finge di non sapere il senatore Renzi, è invece un semplice concorso alle spese legali, che le parti condividono quando una causa viene ritirata”, sottolinea Giannini.

“A dispetto di quello che continua a propalare il senatore Renzi – conclude il direttore della Stampa – non ho mentito a “Otto e Mezzo” e non mento adesso. Detto questo, non posso non constatare con profonda amarezza come queste continue campagne di delegittimazione nei confronti dei giornalisti e queste vergognose manipolazioni dei fatti, operate sistematicamente dal leader di Italia Viva, stiano portando davvero la politica al grado zero della dignità e della decenza”.

Il problema della questione non si pone. La diffamazione è un reato assai grave, soprattutto dal punto di vista etico o morale, ma non può di certo essere paragonato ad un accusa di corruzione o ad un conflitto d’interesse.

Giannini, Travaglio e Ranucci potranno pure utilizzare metodi di giornalismo discutibili, ma, cercare di portare al patibolo gente che pone questioni e dubbi sull’integrità morale etica, per Renzi, rappresenta l’ennesimo tentativo penoso di distrazione maturato da chi, secondo la psicologia, ha tutta la volontà di distogliere l’attenzione da un problema molto più grave.

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