La coerenza nel mondo occidentale è più rara del Sacro Graal. Dopo aver parlato per due anni interi di invasi, invasori e dopo aver dato parola agli invasati, ecco che l’asse con guida made in Usa si schianta contro le sue stesse false verità.
Se si vuol capire come si è arrivati a questa recrudescenza del conflitto oramai silente e come mai la violenza sia giunta in maniera violenta è inesorabile non è difficile capirlo, bastava leggere qualche rapporto di Amnesty International o Save the Children per poter prevedere che la risposta palestinese sarebbe stata pesante almeno quanto la provocazione.
Vi è sempre condanna a chi usa la violenza per rivendicare i diritti ma negare che esista e che molto spesso venga applicata proprio per difendere questi ultimi significa fare del negazionismo sulla storia della stessa razza umana.
La vicenda sino-palestinese ha radici storiche profonde di un secolo, o forse più. Gli errori fatti in quella regione per preservare gli interessi dell’occidente sono molteplici, a cominciare dalla divisione.
Gli anni del mandato
Dopo la dominazione britannica, a seguito della Prima Guerra Mondiale, la Palestina era già pronta per la sua indipendenza dalla Corona e l’Inghilterra l’aveva già promessa agli arabi grazie ad un accordo tra Sir Henry McMahon e lo sharīf della Mecca, Husayn ibn Ali.
Ma la concessione ai tanti ebrei sparsi per il mondo della nazionalità palestinese nella terra promessa fece crescere la comunità ebraica a dismisura e nel 1922 le Nazioni Unite diedero mandato al Regno Unito di creare un “focolare sionista”, in un territorio in prevalenza arabo.
Una delle clausole fondamentali del mandato delle Nazioni Unite prevedeva che nessun diritto civile o religioso dei cittadini non ebrei dovesse venir calpestato da questa nuova comunità ebrea.
Così il Regno Unito separò l’amministrazione della Transgiordania da quella della Palestina, limitando l’immigrazione ebraica alla Palestina ad ovest del Giordano, tra le proteste di una parte dei sionisti, in particolare dei revisionisti, che avrebbero voluto una patria su entrambe le rive del Giordano.
Al termine del mandato gli inglesi rassicurarono la popolazione araba sul fatto che la Jewish National Home in Palestine promessa nel 1917 non era da intendersi come una nazione ebraica in Palestina, e che la commissione Sionista della Palestina non aveva alcun titolo per amministrare il territorio, rimarcando però al contempo l’importanza della comunità ebraica presente e la necessità di una sua ulteriore espansione e di un suo riconoscimento internazionale.
Dal 22 al 47 la popolazione sionista aumentò notevolmente e da essere poco più di 80.000 nel 1922 arrivarono a 610.000 nel 1947.
Tramite l’immigrazione di sionisti prima legale e poi illegale si crearono attriti tra le due religioni così diverse e questi attriti sfociarono subito in violenza.
Dal 1936 fino al 1939 ci furono tre anni di guerre civili e alla fine del conflitto era già in progetto la creazione di due stati, uno ebreo e uno arabo.
La seconda guerra mondiale e la punizione occidentale
Con l’arrivo della Seconda Grande Guerra la maggior parte dei gruppi ebraici, forzati dalle circostanze, si schierarono con gli Alleati, mentre molti gruppi arabi guardarono con interesse l’Asse, nella speranza che una sua vittoria servisse a liberarli dalla presenza britannica. La Germania cercò anche di finanziare e armare alcuni gruppi palestinesi con lo scopo di colpire obiettivi ebraici.
Tuttavia gli alleati non videro di buon occhio la decisione presa dai gruppi arabi durante la Seconda Guerra Mondiale e, se a questo si aggiunge la solidarietà e la pietà nei confronti degli ebrei costretti a subire torture, morte e il genocidio da parte del Reich, alla fine, durante la divisione, la spartizione protese a favore degli ebrei e lasciò gli arabi, in netta maggioranza, con un pugno di mosche e con l’amaro in bocca.
Inoltre, i delegati delle Nazioni Unite erano sotto pressione per le lotte interne e per il terrorismo di matrice sionista che aveva messo a ferro e fuoco la Regione.
In pochi ricorderanno l’azione terrorista dell’Irgum e della Banda Stern e dell’attentato storico al King David Hotel nel quale persero la vita 91 persone. Del resto il terrorismo non è mai stato solo di matrice araba, checché ne dicano gli intellettuali razzisti.
Tuttavia, nonostante i numeri dicessero che la popolazione araba fosse più del doppio rispetto a quella ebraica, la ripartizione venne fatta comunque a favore del nuovo Stato d’Israele, a discapito degli altri.
Così, le Nazioni Unite con il voto favorevole di 33 nazioni, quello contrario di 13 (tra cui gli Stati arabi) e l’astensione di 10 decisero di donare la Regione agli ebrei.
Non sappiamo se questo “peccato originale” venne istruito a causa della persecuzione senza pari perpetrata dal nazismo o se invece gli Alleati scelsero di dare più potere agli israeliani in quella regione per monitorare meglio gli arabi, qualche dubbio resta, ma la cosa chiara è che il rischio che ad oggi il conflitto tra arabi ed ebrei si estenda non è più una probabile previsione ma quasi una certezza.