È evidente che la crisi pandemica ha determinato un cambio di paradigma sociale economico, politico. Abbiamo assistito in questi mesi a delle involuzioni imprevedibili, così come dei cambiamenti altrettanto repentini che abbiamo salutato con particolare favore, basti pensare al senso di solidarietà che è scaturito non soltanto all’interno dei singoli Stati ma anche nella comunità internazionale, gesti Umanitari fino a poco tempo fa imprevedibili fra nazioni che si erano contrastati e che hanno deciso di cooperare nell’azione di contenimento dell’ondata pandemica, nel determinare un impegno scientifico ed industriale che favorisse la ricerca al fine di debellare la malattia letale.
Abbiamo assistito per mesi ad un grande dibattito scientifico sull’effettiva portata del virus, sulle diverse dottrine che hanno cercato di orientare le scelte politiche rendendo oggettivo ciò che è oggettivo non era, eppure le popolazioni si sono adeguate alle misure restrittive che hanno condizionato le libertà personali, i commerci, la produzione, l’educazione, insomma in definitiva che hanno limitato l’esistenza di ciascuno.
Da un lato una grande solidarietà e dall’altro una paura che ha determinato reazioni incontrollate, che hanno rianimato l’egoismo delle classi sociali e delle caste. La battaglia sui vaccini sulla loro distribuzione, sulla loro efficacia ha generato più fronti, diviso gli interessi nel cosiddetto big Pharma ma anche tra le diverse nazioni.
In Italia l’autonomia regionale ci ha messo di fronte ad un quadro di assoluta diversità di approccio e di azione delle singole regioni; abbiamo quindi infine realtà nelle quali l’approvvigionamento decentralizzato ha creato disparità fra diversi Territori e diverse classi di età.
Quello che non andava generato era una disparità fra le diverse classi sociali, certamente gli aventi diritto in ordine prioritario dovevano essere le Professioni in costante contatto con la popolazione; e quindi la categoria dei sanitari, dei lavoratori della pubblica amministrazione, ma nella scelta delle priorità vi é stato qualche arbitrio come è occorso nella Regione Toscana che ha vaccinato gli aderenti all’ordine degli avvocati.
Per questa ragione l’intemerata dell’associazione nazionale magistrati, quella stessa chiacchierata che fino ad ora si è sottratta da un giudizio popolare sulle magagne emerse grazie alle rivelazioni di un magistrato “pentito “, ha fatto abbastanza sorridere.
Hanno minacciato la sospensione delle udienze qualora la categoria dei magistrati non fosse considerata prioritaria e meritevole della vaccinazione prima di tutti. Un lampante esempio di ciò che significa privilegio di casta che è apparso imbarazzante trattandosi in ogni caso di una realtà, quella dei Tribunali, dove svolge il proprio lavoro il personale non togato e che sarebbe altrettanto meritevole di una corsia prioritaria per la vaccinazione.
I Magistrati quindi si sono mossi. Incuranti delle reazioni popolari, considerando il loro mestiere meritevole della Corsia preferenziale ed evitando di sottoporsi all’umiliante lista di attesa come normalmente dovrebbe essere. Un caso di prepotenza di casta che non verrà stigmatizzato dalla grande stampa: Chi tocca i fili muore.