Quando pensiamo alla regolarizzazione degli immigrati classificati come “clandestini”, il pensiero ricorre alle oltre seicentomila persone che vivono nelle baraccopoli, senza nome e identità.
Seicentomila esseri umani che da oltre un decennio, sono “utili” schiavi sfruttati nel nostro Paese dalle mafie, cui politicamente tanti dicono di combattere.
Adulti, donne e bambini senza nome, che all’uopo possono essere utilizzati dalla malavita organizzata per qualunque scopo, non necessariamente aggressivo.
Sono braccianti pagati miseramente e subordinati a qualsiasi volere del “caporale”, che per le mafie gestisce queste persone, estirpando loro qualsiasi dignità.
Sono “corpi” “utili” per fornire organi all’uomo occidentale, che oltre a impietosirsi di fronte alla vista di queste miserie, magari devolve qualche euro per una funzione caritatevole e poi, dopo un “si, però, prima gli italiani…”, si schiera a favore di una politica miserabile che non intende riconoscere la loro umanità.
Nei casi più benevoli volta la faccia e si mostra indifferente al problema, che non lo ha riguardato fino a quando i prodotti agricoli e gli altri servizi svolti nell’ombra, non sono venuti a mancare nel quotidiano esistere di quelle famiglie per bene.
Dopo anni di indifferenza e sfruttamento, cui i vari governi e i ministri dell’Interno hanno saputo soprassedere e forse agevolare, oggi per un’esigenza dei coltivatori, non più diretti se non sulla carta, richiediamo la loro regolarizzazione.
Non per un principio di umanità, che dovrebbe essere dietro a ogni agire politico, no, sono state altre le motivazioni, che in misura diversa dobbiamo però saper sfruttare per restituire la dignità a questi esseri umani, fratelli, compagni, nostri simili.
Lo Stato, questo Stato, è dal 1992 che non compie una efficace lotta contro le mafie, se non per arrestare e processare qualche uomo simbolo, inviso ai pseudo-pentiti che ridisegnano l’assetto delle cosche, con l’aiuto inconsapevole delle istituzioni.
Lo stesso traffico degli immigrati clandestini è regolato e gestito dalle mafie, che importano forza lavoro a costo zero e a “perdere”, senza oneri particolari, ma con guadagni milionari.
Pagano tutto e fino alla fine, loro, gli ultimi, quelli che costituiscono dei numeri, non esseri umani.
Un numero di braccia e di organi, ai quali neghiamo la dignità come persone, pagheranno con il sangue il loro soggiorno non autorizzato.
Questo non è solo uno scandalo, ma l’ipocrisia del mondo occidentale, la perversione che sostiene questo sistema socioeconomico, in cui c’è sempre chi paga, e a caro prezzo, e chi prende senza misura.
Il Santo Padre ha per l’ennesima volta richiamato la politica di questo Paese a compiere un passo umano, imprescindibile e per cui non è consentita alcuna deroga.
Invece ci troviamo una classe politica e il sistema mediatico suo megafono, impegnati in una diatriba, una polemica infinita con cui si scimmiotta il peggior fascismo, quello che modificato il suo aspetto, permea il nostro pensiero e il nostro agire.
Ogni ricorrenza è utile per manifestare ipocritamente l’adesione ai principi primi della democrazia, libertà, umanità, salvo poi ignorarli nell’agire quotidiano, ove possiamo rendere concreti quei richiami di libertà.
Questo Paese, questo Stato riesce a impietosirsi e giustamente, salvaguardare la vita dei detenuti a rischio per la pandemia corrente, mettendo in libertà vigilata detenuti in regime di 41 bis, ma preferisce ignorare gli esseri umani senza nome, che affollano le baraccopoli utili ai mafiosi, tra cui anche a quelli soggetti al 41 bis.
È veramente un Paese strano il nostro, ipocrita, costituito da assassini che vanno in chiesa ai funerali delle loro vittime, cosi come evidenziò la vedova dell’agente Schifani ai funerali di Falcone, della Morvillo e degli agenti della Polizia, tra cui suo marito.
È uno Stato che intende aiutare le imprese in grave crisi economica per l’inevitabile lockdown attuale, ma nel contempo assegna alle banche una gestione dei finanziamenti, che assumono le caratteristiche di un ulteriore indebitamento “agevolato” per gli imprenditori.
Mantiene immutato, sui vari livelli territoriali, Stato, Regione e Comuni, l’imponibile fiscale, senza operare alcuna moratoria, azzerare o ridurre la componente dell’IVA e delle accise sui servizi forniti, tra i tanti oneri di esercizio delle imprese.
Con l’unico risultato di esporre le stesse a una aggressione della malavita, sul territorio e sul versante finanziario.
E non saranno le parole del Ministro Bonafede o quelle Di Di Matteo, tanto meno l’apparente volontà della Ministra Bellanova e la rude opposizione del “gerarca minore” dei pentastellati a farci cambiare idea, sulla manifesta assenza della volontà di contrastare le mafie, che controllano sempre più il nostro Paese.