La giornata di ieri ha confermato l’orientamento prevalente negli ultimi mesi ovvero che il conflitto andrà avanti e non si muovono allo stato significative azioni per riportare ad un tavolo di trattative i contendenti.
Si attende la discussione alle Nazioni Unite il cosiddetto “piano Zelensky” più che per vederne sorgere la luce per verificare quali Nazioni che si schierarono su un fronte di astensione dalla condanna dell’invasione Russa potrebbero avere modificato nel tempo la propria posizione.
Nel suo discorso di ieri Putin si è offerto come guida della opposizione all’Occidente ed ai suoi valori, una retorica imperialista in cui é riecheggiato il valore Cristiano della sua azione politica, purtroppo smentito clamorosamente dalla quotidiana condotta omicida verso popolazioni inermi, azioni scombinate che non hanno prodotto al momento che uno stallo militare ed un dispendio di uomini e mezzi che non ha fiaccato la resistenza ucraina.
Meloni ha avuto una postura corretta nella propria significativa visita a Kiev, nessuna retorica bellicista ma una reale e concreta solidarietà ai resistenti, un auspicio che l’Ucraina del futuro possa annoverarsi fra le nazioni che parteciperanno all’Europa del futuro.
Ha svicolato in qualche modo l’attacco diretto di Zelensky a Berlusconi, sferrato dopo che Putin nel suo discorso solenne ha cercato di strizzare l’occhio al nostro Paese, ha assicurato la compattezza della sua maggioranza parlamentare che resterà tale sino a quando il prolungamento del conflitto presto o tardi costringerà le nazioni che hanno sostenuto militarmente la resistenza ucraina di troveranno ad un reale bivio e ad una reale scelta se essere parte in causa del conflitto o no.
É l’aspettò più insidioso del discorso di Putin, per quanto egli si sia ficcato in un vicolo cieco, obbligato dalla sua stessa retorica ad una vittoria completa che tarda ad arridergli, egli ha lanciato una sfida totale al mondo occidentale, una riedizione dello “scontro di civiltà” che ha opposto negli anni della guerra in Iraq il mondo islamico a quello ebraico-Cristiano.
L’Italia, al di là delle conseguenze che il conflitto ha prodotto, non segue la retorica bellicista, qualcuno ci prova ma senza grande seguito politico e di opinione, ma, al contrario, mantiene una coerente linea che si attesta sul rispetto del diritto internazionale e quindi lavora per la fine dell’invasione non per l’umiliazione russa.
Quel che deve promuovere, e su questo punto Meloni é stata in parte esaustiva, é il rilancio dell’unità politica europea evitando di schiacciarsi nuovamente su un’idea trapassata in questo momento, dell’Europa delle Nazioni e delle Patrie.
Infatti rilanciare, come ha fatto a Varsavia, la visione della sussidiarietà europea nella mutazione bipolare dell’ordine mondiale é una politica destinata ad indebolire e non a rafforzare l’Europa dinnanzi alle molteplici minacce che la stringono, di natura economica e ora anche di natura militare.
L’Italia esposta sul quadrante est e sud dell’Europa ha certamente bisogno di sviluppare una propria linea di orientamento ma non deve smarrire l’obiettivo di rafforzamento politico dell’Europa, anche ai fini di prevenire nell’avvenire ulteriori conflitti.
Allo stato, la guerra continua, ne siamo parte indiretta, non vi può essere uno sbandamento nazionale ma una stretta consapevole convergenza sul sentiero che unisce tutte le libere democrazie che si oppongono alle autocrazie, libertà alla quale non dobbiamo e non possiamo rinunciare.