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La commedia a 5stelle

by Rosario Sorace

Il movimento cinque stelle si sfarina con espulsioni e dissociazioni. Ma nonostante queste criticità non si rompe l’unità intorno al governo Conte, che rappresenta per tanti eletti un ancora di salvezza nel mare in tempesta.

Così si punta oggi a neutralizzare e depotenziare le mire di Alessandro Di Battista, che, invece scalpita per rompere tutto, prendere le redini del movimento e arrivare alle elezioni anticipate.

Da indiscrezioni attendibili esiste un patto interno tra le due aree che in questo momento si fronteggiano che sono riconducibili a Paola Taverna e a Luigi Di Maio. Beppe Grillo si rende conto che il movimento rischia in prospettiva o una scissione lacerante, o un implosione.

Quindi invita da pater familias a non alimentare tensioni e, quindi dà il parere favorevole a rinvio sine die o al limite a fine anno degli Stati Generali che dovevano indicare la nuova leadership al posto del grigio Crimi e a che al tempo stesso rilanciare un movimento ormai senza ossigeno e che rischia un tracollo totale.

Intanto il percorso dell’esecutivo è difficile e reso più duro dai contrasti interni della maggioranza e ogni giorno il movimento ingoia rospi come la questione del Mes che era una bandiera da sventolare agli ultimi militanti ortodossi. Il via libera al rinvio degli Stati generali per “causa coronavirus” è stato stabilito nei giorni scorsi durante una conference call del comitato di garanzia.

Roberta Lombardi (ormai di nuovo vicina a Taverna), Giancarlo Cancelleri (viceministro fidato di Di Maio) confermano Vito Crimi capo politico del Movimento. Da statuto lo slittamento deve avere anche il via libera di Beppe Grillo, il Garante, che naturalmente annuisce.

Mentre Di Battista si fa sentire con la raccolte firme tra i parlamentari, in modo da frantumare il fronte con la battaglia sul Mes. Dietro di lui ci sarebbe Davide Casaleggio: il proprietario della piattaforma Rousseau che sembra marginalizzato in questa fase anche se ha giocato un ruolo importante sulle nomine.

Ma lui è abituato a fare il regista e vuole ridimensionare il potere dei gruppi parlamentari. Un magma incandescente in cui per finire c’è l’incubo di una scissione di una discreta pattuglia di parlamentari eletti nei collegi uninominali che meditano l’addio.

Due se ne sono stati già andati: Antonio Zennaro e Fabiola Bologna. Ma sarebbero un’altra decina i deputati che stanno preparando la valigia. Costoro criticano il mancato coinvolgimento e non si riconoscono in nessuno delle anime che sono in guerra tra loro per il potere. Tra questi si distingue Paolo Lattanzio, da sempre critico con i vertici, ma anche Giorgio Trizzino, leader dei cosiddetti competenti.

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