La situazione in Libia è disastrosa, il nuovo rapporto di Amnesty International mette i brividi e accusa l’Agenzia per la sicurezza interna (Asi), una coalizione di potenti gruppi armati attivi nell’est del paese, di orribili violazioni dei diritti umani. Arresti arbitrari, sparizioni e torture per tacitare dissidenti e oppositori sono all’ordine del giorno e chi ha memoria di ricordarsi la dittatura di Gheddafi la ritiene quasi una bazzecola in confronto.
Ma nonostante le modalità barbariche e la crudeltà di queste bande armate, il Governo di unità nazionale sta esaminando la proposta di bilancio del 2021, che comprende fondi da assegnare a milizie e gruppi armati tra cui l’Asi per “premiare” questi facinorosi dal grilletto facile.
Il governo ha presentato al Parlamento un bilancio che assegna 260 milioni di dinari libici (equivalenti a 48 milioni di euro) all’Asi e 2,5 miliardi di dinari libici (equivalenti a 475 milioni di euro) alle Forze armate arabe libiche (Faal) del generale Khalifa Haftar, oltre a somme minori per un totale di poco meno di 50 milioni di euro a ulteriori gruppi armati.
La direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord, Heba Morayef, denuncia senza fronzoli questa porcata: “Stiamo rivedendo le brutali tattiche repressive dell’era Gheddafi. L’Asi ha sequestrato, torturato e fatto sparire centinaia di persone sulla base della loro affiliazione tribale o a causa delle loro opinioni, con l’obiettivo di stroncare qualsiasi critica nei confronti di coloro che hanno il potere nella Libia orientale”.
“Invece di incorporare nelle istituzioni dello stato gruppi armati sospettati di aver commesso crimini di diritto internazionale e cercare di assicurarsi la loro fedeltà garantendo loro sostegno economico, il Gun e gli altri attori che controllano il territorio libico dovrebbero chiedere a quei gruppi armati di rispondere del loro operato”; ha aggiunto Morayef.
Nelle città di Bengasi, al-Marj, Ajdabiya, Derna e Sirte l’Asi sono state commesse orribili violazioni dei diritti umani contro persone prese di mira sulla base della loro affiliazione tribale così come contro attivisti, giornalisti e altri che avevano espresso critiche nei confronti delle Faal e di gruppi armati alleati.
Da quando le Faal (i gruppi di attivisti) del generale Haftar hanno preso il controllo dell’est della Libia, l’Asi ha rapito centinaia di persone. I rapimenti sono avvenuti in strada, in altri luoghi pubblici o nelle abitazioni, da parte di persone dotate di armi pesanti.
Molte persone, tra cui anche donne e bambini, sono state “deportate” in centri di detenzione gestiti dall’Asi, simili a campi di concentramento, e lì vengono trattenute per lunghi periodi di tempo, senza un’incriminazione formale e senza poter avere contatti col mondo esterno, in condizione dunque di sparizione forzata e alla mercé dei loro torturatori.
Queste povere persone sono state recluse, pestate coi calci dei fucili o con tubi dell’acqua, minacciate di esecuzione, alle volte anche uccise, violentate, minacciate di violenza contro i propri familiari e sono stati costretti ai lavori forzati.
Le condizioni disumane alle quali vengono sottoposte queste persone erano estreme: sovraffollamento, assenza di ventilazione, sporcizia e poco cibo.
Dopo anni di prigionia, i fortunati che venivano rilasciati dall’Asi sono stati costretti a promettere per iscritto che non avrebbero più criticato le Faal e i gruppi armati alleati.