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Gli oneri del rifiuto della vaccinazione contro il COVID-19

by Maurizio Ciotola

In un’epoca in cui il rispetto dei diritti civili è diventato consuetudine, almeno in un’area non estesa del Pianeta, ci accorgiamo che alcune persone, più che metterli in dubbio non hanno compreso il loro significato essenziale, forze per la mai provata privazione.

Certo è che in una condizione di restrizione del libero agire, con cui si tenta di preservare ognuno di noi dal possibile contagio di un agente patogeno, che può condurre alla morte, dovremmo comprendere quali conseguenze potrebbe determinare il non arginare il contagio.

Abbiamo raggiunto una meta importante, in tempi brevissimi grazie allo sviluppo di tecniche differenti dalle precedenti, nello sviluppo del vaccino capace di arginare la pandemia corrente.

Eticamente, nel senso in cui ognuno di noi deve procedere e comportarsi nel rispetto di quei diritti civili, figli dei diritti dell’uomo, non vi è alcun dubbio che la vaccinazione, urbi et orbi, debba essere non solo auspicata, ma richiesta.

Nello specifico del nostro Paese, la Costituzione garantisce a ogni cittadino il diritto alla salute, per cui qualsiasi malato, inclusi quelli colpiti dal Covid-19, verrà necessariamente curato.

Credo altresì, però, che non sia esplicito e soprattutto corretto per l’intera comunità, che i malati di Covid-19, contratta in seguito a una opposizione al vaccino, vengano sostenuti in malattia dalla cassa comune dell’INPS.

In sintesi e in modo esplicito, qualsiasi azienda che non richieda la vaccinazione obbligatoria, dovrebbe avere l’obbligo di accollarsi gli oneri della malattia del proprio dipendente/dirigente, senza poter pretendere un euro dalle casse comuni dell’INPS.

Qualora il dipendente/dirigente, legittimamente, rifiuti di vaccinarsi è necessario che in caso di sua assenza, causata dalla malattia medesima, si accolli gli oneri del proprio sostentamento.

Come abbiamo già precisato tali oneri esulano dalle prestazioni del Servizio Sanitario e consistono nella mancata retribuzione, come normalmente avviene in aspettativa o per assenza non giustificata, nei limiti contrattuali di durata consentiti a tal proposito.

Nessuno di noi può e deve accanirsi contro coloro i quali rifiutano la vaccinazione, del resto non è possibile obbligare qualcuno a lavorare o a studiare oltre i termini di legge, certo è che questa scelta consapevole non può restare senza conseguenze.

Sicuramente non può gravare ulteriormente sulla collettività, che nel rispetto dei diritti umani già garantisce facendosi carico delle cure sanitarie in caso di malattia.

Nessun libero professionista, autonomo, che sa quanto il suo reddito dipenda dal suo lavoro, penserebbe mai di non vaccinarsi, se non a suo totale rischio e pericolo.

Identicamente tale principio etico, dovrebbe essere seguito da chiunque svolga un lavoro, sia esso coperto da un adeguato sistema di welfare o no.

Per nessun motivo chi contribuisce a sostenere un’adeguata cassa “malattie”, è disposto a vederne sperperate le risorse a causa di capricci illegittimi in un contesto sociale. Non è ammissibile che, all’interno dei servizi sanitari esista la facoltà di adempiere o no al vaccino contro il Covid-19.

Non è accettabile che la collettività, immersa in una profonda crisi economica cui i Governi stanno cercando di arginare, debba sobbarcarsi i cospicui oneri derivanti da un rifiuto alla vaccinazione, che comporterebbe costi per le assenze per malattia, in misura sproporzionata e non contenibile.

La politica non può lasciar liberi in tal senso i cittadini, se non con le necessarie penalizzazioni, nei confronti di chi contrae il Covid a causa del rifiuto del vaccino medesimo.

Se tale libertà viene lasciata ad ogni cittadino è altresì necessario che a chi rifiuti il vaccino, alla contrazione della malattia, venga sospesa l’erogazione retributiva da parte dell’INPS.

Ovvero l’INPS non deve subentrare alla mancata erogazione da parte dell’azienda o dello Stato, per le amministrazioni pubbliche.

Del resto nessuno può obbligare un altro cittadino a non incorrere verso queste condizioni, rese espressamente palesi, quanto determinate da una libera scelta.

Se giustamente non è ammissibile trattare sulla libertà dell’individuo, altresì non è ipotizzabile un obbligo di pagamento di una prestazione lavorativa, cui volutamente ci si è predisposti per non assolvere.

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