Home Attualità G7: BIDEN HA TESO LA MANO, GLI ALLEATI L’HANNO STRETTA

G7: BIDEN HA TESO LA MANO, GLI ALLEATI L’HANNO STRETTA

by Calogero Jonathan Amato

Sarà perché non si vedevano di persona da tempo, qualcuno dal G7 di Biarritz 2019, qualcuno proprio non si era mai conosciuto prima. Oppure perché le norme precauzionali anti Covid, distanziamento e quant’altro, rendevano tutto più difficile.

Fatto sta che molti sono stati i momenti di imbarazzo e di impaccio reciproco in questo G7 di Cornovaglia. Una Merkel che non risponde allo smodato saluto di Johnson col gomito. Un Macron al contrario così espansivo da cingere per interminabili minuti la spalla di Biden.

Un Draghi impeccabile in giacca e cravatta anche quando altri erano in maniche di camicia. La Regina, ospite inatteso fino all’ultimo, che alla foto di gruppo chiede se quello era il momento in cui “si doveva fare la faccia di chi si diverte”.

Non si è capito se era una battuta di “English humour” o se davvero “not amused”. O ancora la nuotata all’alba di Boris Johnson nelle gelide acque atlantiche, in stile Mao Zedong nel Fiume azzurro, e la battuta alla von der Leyen: “Qui le sedie non mancano”, ironico riferimento all’incidente di Ankara.

Insomma, l’atmosfera cordiale del vertice che ha rilanciato la politica multilaterale americana è inciampata in qualche siparietto di troppo, che tradiva un affiatamento non ancora raggiunto. Considerazione valida anche – più seriamente – sulle questioni al centro del dibattito.

È stato evidente lo sforzo della nuova amministrazione della Casa Bianca e personale del Presidente Biden per riallacciare le fila del dialogo con i tradizionali alleati, messo alla prova dal suo predecessore.

“La delegazione americana persino ascoltava questa volta” commentano fonti diplomatiche europee. La mediazione di leader come Merkel, seppure al suo ultimo vertice, e Draghi, per la sua esperienza internazionale, ha permesso ad esempio di attenuare i toni del documento finale sulla Cina. Nessuno sconto a Pechino sui diritti umani, sul commercio e sull’indagine per accertare le origini del virus.

Ma anche porta aperta alla collaborazione nella lotta ai cambiamenti climatici e in sede di G20. È la strategia chiarita bene da Draghi: con la Cina occorre: 1) concorrenza in campo economico e commerciale; 2) franchezza nel denunciare la violazione dei diritti umani; 3) ma anche cooperazione in quei settori dove il confronto è indispensabile.

La risposta è stata comunque chiara e alla fine unanime. Il messaggio altrettanto: gli Stati Uniti e gli alleati rimangono l’alternativa democratica alla crescita di autocrazie che uniscono autoritarismo a potenza economica e militare.

Con il progetto di Build back better in chiave globale si daranno anche concretamente ai paesi in via di sviluppo altre possibilità di finanziamento e di investimento rispetto a quelle della nuova Via della Seta asiatica.

Se sulla Cina c’è stata la discussione più laboriosa e delicata, immediato è stato invece l’accordo nella dichiarazione sul clima. Poco sforzo, tanto è deludente nei suoi obiettivi: metà emissioni nocive entro il 2030 rispetto al 2010. Se ne riparlerà alla Conferenza ONU COP 26 di novembre a Glasgow. Una sorta di secondo tempo del G7, come il vertice NATO di Bruxelles è già una continuazione della Cornovaglia sul tema sicurezza.

Facile poi l’intesa sulla lotta alla pandemia, con obiettivi già delineati e resi ora ufficiali ed impegnativi. Un miliardo di vaccini da donare ai paesi poveri entro il 2022. I fondi alla ricerca per ridurre a soli cento giorni i tempi di sviluppo di nuovi preparati antivirus. L’impegno ad una maggiore condivisione di dati scientifici, sanitari e genomici.

In definitiva solo un tema è stato davvero pietra d’inciampo di questo G7: ancora una volta la Brexit, ormai convitato di pietra permanente nelle relazioni tra Londra e Bruxelles. Gli unici toni piccati, le uniche battute taglienti si sono registrate proprio nel bilaterale dei vertici dell’Unione europea con Boris Johnson.

Ed ancora di più in altri colloqui faccia a faccia. Il presidente francese Macron che ha fatto indignare tutta la stampa britannica con la sua osservazione che “l’Ulster e il resto del Regno” sono su due isole diverse. Johnson ha replicato che “gli Europei si devono mettere nella testa” che occorre flessibilità nell’applicare il Protocollo sull’Irlanda del Nord e che l’integrità del Regno Unito è ovviamente intoccabile.

Eppure, fu proprio lui a firmare il Protocollo che prevede controlli doganali sul mare d’Irlanda e sanzioni – come ricorda Bruxelles – se non vengono applicati. Una disputa che questa volta non vede un presidente americano agnostico sulle ragioni dell’una o dell’altra parte.

Biden, famiglia di origine irlandese, sostiene chiaramente la posizione europea. Brexit dunque che continua a dividere. La quadratura del cerchio nordirlandese non è possibile nemmeno nel clima di affettata cordialità dei barbecue sulla spiaggia.

In definitiva, in una Cornovaglia radiosa per due giorni di sole estivo, la prima tappa del viaggio europeo di Joe Biden ha raggiunto l’obiettivo centrale. Far dimenticare Trump, riannodare il dialogo con gli alleati, anche ascoltando e accettando di limare il testo degli sherpa americani nelle dichiarazioni finali. Ci saranno tempo e nuove occasioni per portare gli europei man mano su posizioni più dure verso Pechino. Biden ha teso la mano, gli alleati l’hanno stretta. Adesso comincia il lavoro vero.

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