Fu una vicenda drammatica quella sulla tragica fine dell’urologo Attilio Manca, ancora oggi morto in circostanze misteriose e dopo 17 anni. Dal caso emersero: omissioni, superficialità e depistaggi che sarebbero stati adoperati per screditare e gettare fango sulla figura di questo brillante medico trovato morto a Viterbo.
Una verità dei fatti ancora tutta da scoprire e da scoperchiare. Ora arriva una sentenza della corte di appello di Roma che ha assolto Monica Mileti dall’accusa di spaccio di eroina ‘’perché il fatto non sussiste’’ e sostanzialmente riapre il caso collocandolo in una dimensione diversa dalla versione ufficiale per cui sarebbe morto per un overdose.
Non è stata l’eroina a provocare la morte del giovane Manca, che venne trovato senza vita nella sua casa di Viterbo il 12 febbraio del 2004 con due buchi nel braccio sinistro. Infatti inizia a “prendere piede” l’ipotesi dell’omicidio. Ci sono ragioni e fatti ancora tutte da chiarire, a cominciare dalle dichiarazioni di sei collaboratori di giustizia che erano vicini a Provenzano, e che sostenevano il fatto che Manca avesse operato e assistito durante la latitanza “Binnu u tratturi” che era sofferente per un tumore alla prostata.
Dopo questa sentenza, a richiedere la riapertura delle indagini è un nuovo esposto annunciato dall’avvocato Fabio Repici, legale di parte civile della famiglia Manca, che da anni persegue la verità affermando che bisogna fare luce sugli ambienti criminali di Barcellona Pozzo di Gotto, “luogo decisivo delle deviazioni e dei delitti della Prima Repubblica, ma anche della Seconda” afferma Repici.
“La sentenza – continua Repici – fa carta straccia di 17 anni persi dietro alle inerzie e alle conclusioni imperdonabili della Procura di Viterbo, della commissione antimafia di Rosy Bindi, Claudio Fava e Luigi Gaetti, e della Dda e del gip di Roma. L’auspicio è che per effetto della nuova denuncia che presenteremo finalmente si passi dalle indagini e dal processo abusivo alla memoria di Attilio alle indagini e al processo nei confronti dei suoi assassini, annidati in quell’impasto di mafia e Stato che è Cosa Nostra a Barcellona Pozzo di Gotto, terminale fidatissimo della latitanza superprotetta di Bernardo Provenzano”.
Quando venne trovato morto Attilio Manca aveva 35 anni ed era uno dei più preparati e validi chirurghi in laparoscopica d’Italia. La mattina del 12 febbraio 2004 venne trovato seminudo sul letto, con il viso tumefatto e il setto nasale deviato. Furono trovate anche due siringhe, senza alcuna traccia di impronte digitali.
Nella casa venne trovata una sola impronta, in bagno, del cugino di Attilio, Ugo Manca, che era legato ad ambienti criminali barcellonesi ed era stato ospitato pochi mesi prima nella sua abitazione. Alla famiglia venne detto che il medico era morto per un aneurisma e l’autopsia ravvisò tracce di alcol e cannabis.
Questi esami furono compiuti dalla dottoressa Ranalletta che era la moglie del primario dell’ospedale Belcolle di Viterbo dove lavorava Attilio Manca. Le indagini si indirizzarono verso la pista del suicidio per overdose perseguita in tre richieste e nonostante tutti i colleghi del medico avessero smentito la tossicodipendenza di Attilio Manca confermando che la vittima era mancina.
Quindi come avrebbe potuto iniettarsi la dose fatale nel braccio sinistro? I magistrati continuarono ad accreditare l’ipotesi del suicidio, nonostante che sei pentiti di mafia rivelarono il viaggio a Marsiglia di Provenzano, alla ricerca di una struttura di eccellenza sanitaria per essere operato alla prostata, e gli stessi pentiti parlarono di un urologo siciliano che lo avrebbe operato. Proprio in quel periodo tra l’ottobre e il novembre 2003, Attilio Manca era in Costa Azzurra, come aveva confidato al padre, per ‘’assistere ad un intervento chirurgico”.
Tuttavia su quel viaggio la procura di Roma, guidata da Giuseppe Pignatone e dal pm Michele Prestipino, archiviò le indagini aperte dopo che era stato presentato un esposto dell’altro avvocato della famiglia Manca, Antonio Ingroia, scrivendo che le indagini conducevano “a piste, presunti autori e modalità del fatto del tutto contrastanti e incompatibili, sostanzialmente prive di riscontri, non consentendo allo stato di risalire agli autori del presunto omicidio di Attilio Manca”.
Nel corso delle inchieste vennero processati e assolti alcuni amici barcellonesi del giovane medico, accusati di spaccio di stupefacenti, che affermarono, sporcando la memoria di Attilio, che lo stesso fosse un consumatore di drogga leggera anche in età giovanile.
La madre di Attilio, Angela Manca, non si è mai rassegnata a queste verità ufficiali e ha sempre lottato in prima linea nella ricerca della verità sulla morte dell’amato figlio. Appena saputa la notizia dell’assoluzione della Mileti, commentando il ricorso vinto alla Procura di Roma dai magistrati Franco Lo Voi e Marcello Viola, che rimette in discussione l’incarico del procuratore di Roma Prestipino: “Stanotte pensavo alle strane coincidenze della vita. Nel giorno in cui cadeva l’accusa a Monica Mileti, veniva buttato giù dal piedistallo Prestipino. Ancora aspetto altre “coincidenze”.