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Dal Russiagate all’Obamagate il passo è breve

by Silvia Roberto

In piena emergenza coronavirus, il presidente Donald Trump torna a parlare di Russiagate avanzando l’ipotesi di cospirazione contro di lui da parte dell’ex presidente Barack Obama. Che i due non siano mai andati d’accordo lo sapevamo già, non fosse per altro che fanno parte di due partiti differenti. Ma la “guerra” tra l’attuale presidente degli Stati Uniti e il suo predecessore sembra voler riesplodere con un effetto maggiore rispetto al passato. Tutto ruota intorno al caso Flynn, l’ex generale chiamato a capo della Dia (Defense Intelligence Agency) nel 2012 dall’allora presidente  Obama e alla decisione finale, presa da parte del dipartimento della giustizia che ha deciso, pochi giorni fa, di far cadere le accuse contro lo stesso.

Nella giornata di ieri, 10 maggio, Trump ha cominciato a inondare il suo profilo Twitter parlando di una cospirazione della precedente amministrazione (quella di Obama appunto), che avrebbe spinto  per incastrare ingiustamente Flynn (e nel tentativo di colpire lo stesso presidente). Non è mai stata un segreto la posizione filo-russa dell’ex generale a discapito di quella anti-Islam, verso cui si indirizzava invece Obama. E proprio questo legame con la Russia lo avrebbe portato ad essere considerato un indagato prima e “testimone chiave” poi della vicenda che riguardava le presunte interferenze di Mosca nelle presidenziali Usa del 2016 che portarono Trump alla vittoria.  

Nel novembre del 2016 Flynn viene chiamato dal tycoon per ricoprire l’incarico di consigliere per la sicurezza nazionale. Incarico dal quale sarebbe stato costretto a dimettersi appena l’anno successivo, causa aver mentito sui rapporti intrattenuti con alcuni funzionari russi prima dell’insediamento di Trump. Al centro di questi rapporti ci sarebbe stata una conversazione avvenuta con l’ambasciatore russo a Washington, Sergey Kislyak, per la revoca delle sanzioni a Mosca. Ora, senza entrare nel merito del Logan Act, una legge federale del 1799 che proibisce a un privato cittadino di negoziare con funzionari di governi stranieri che abbiano contenziosi con gli Usa (e Flynn in quel periodo era tale “cittadino privato”), il suo più grande sbaglio fu quello di mentire a Mike Pence e all’Fbi su questi rapporti intrattenuti con la Russia.

Tanto che il procuratore speciale chiamato a indagare sul Russiagate, Robert Mueller, lo incriminò per aver reso “volontariamente e consapevolmente dichiarazioni false, fittizie e fraudolente” all’Fbi. E ovviamente questo portò lo stesso Trump a licenziare Flynn per aver mentito su una questione così importante (ricordiamo in questa sede che Flynn successivamente decise di collaborare con l’Fbi coinvolgendo, rilasciando alcune dichiarazioni, il genero di Trump Jared Kushner, già tra i principali indagati per il Russiagate).

Giovedì, attraverso un atto che ha lasciato esterrefatti tutti i media americani arriva il verdetto finale: il procuratore generale William Barr ha dichiarato che il dipartimento di giustizia ha deciso di lasciar cadere le accuse. Da quella dichiarazione Trump parte all’attacco. Secondo il tycoon tutto sarebbe stato innescato da Obama che più volte ha cercato di incastrare l’attuale presidente e di mettere a rischio la sua governance. Ma carta canta e Trump ha approfittato della situazione per gridare al complotto e al tradimento.

E siccome il presidente non le ha mai mandate a dire, ecco spuntare decine e decine di tweet sul suo profilo scagliandosi contro l’ex presidente e tutta la sua amministrazione creando in pochissimo tempo un nuovo hashtag che ha impazzato sui social #Obamagate. La partita dunque è chiusa e Trump è il vincitore… almeno per il momento. Ma la politica si sa, a volte può far molto male e come disse Frank Underwood  “Stringi le mani con la destra, ma tieni sempre una pietra nella sinistra”. Ed è così, non sai mai cosa può esserci dietro l’angolo, meglio avere uno strumento di difesa.

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