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BIDEN: “EUROPA, IL NOSTRO PATTO È FORTE”

by Calogero Jonathan Amato

Biden atterra nel Regno Unito per il vertice del G7: sul tavolo pandemia, multilateralismo e contenimento della Cina. Ma la vera sfida è rilanciare la leadership dell’occidente.

È tutto pronto, nella sperduta ma pittoresca Carbis Bay, piccola cittadina della Cornovaglia sul Mare d’Irlanda, per accogliere i leader del G7. Il vertice delle sette più importanti economie mondiali (Regno Unito, Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Stati Uniti e Unione Europea), il primo in presenza dall’inizio della pandemia, coincide anche con la prima visita del presidente americano Joe Biden in Europa.

Un esordio denso di aspettative e incontri, in cui il presidente Usa cercherà di rilanciare l’alleanza transatlantica, dopo gli anni di ‘gelo’ dell’era Trump. Il premier britannico Boris Johnson ha esteso l’invito anche ad Australia, Corea del Sud e India, e non è un caso si tratti dei principali competitor della Cina nel quadrante dell’indopacifico: la volontà di contenere l’ascesa di Pechino è un denominatore comune. Meglio discuterne insieme. Ovviamente si parlerà anche di pandemia, ricerca e vaccini. Ma non solo.

Tra i temi in agenda anche l’ambiente, il commercio internazionale e la global tax, la tassa alle multinazionali tecnologiche approvata pochi giorni fa dai ministri delle finanze del G7. Ma il vero filo rosso sarà – almeno nelle intenzioni – il rilancio del multilateralismo. Per Joe Biden il summit in Cornovaglia sarà solo il primo banco di prova: nel corso del tour europeo di una settimana parteciperà anche al vertice Nato, incontrerà i leader europei, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e quello russo Vladimir Putin.

Il messaggio, per tutti, è chiaro: dopo quattro anni di isolamento trumpiano, gli Stati Uniti sono tornati e vogliono tornare a guidare un mondo in profonda trasformazione.

Liso, poco rappresentativo, superato: da tempo il G7 non gode di buona stampa. Passato dal rappresentare dal 70% al 40% del PIL globale – è l’accusa di molti – non riflette più gli attuali equilibri globali. Anche per questo a stupire del vertice di tre giorni che si apre domani in Cornovaglia è la lista degli invitati: con eccezione della Russia, la cui partecipazione è sospesa dal 2014 in seguito alla guerra in Ucraina, sono presenti invece Australia, India, Corea del Sud, Sudafrica (che partecipano al G20) e il sultanato del Brunei, attuale presidente di turno dell’ASEAN.

Una forte componente asiatica destinata a orientare il baricentro dei temi geopolitici sul tavolo, con l’obiettivo evidente di contenere la Cina. E infatti, a vertice non ancora iniziato, è circolata una bozza del comunicato finale in cui i partecipanti chiederanno all’Oms un’indagine nuova e trasparente sulle origini del coronavirus.

Ieri la stessa richiesta era trapelata da una bozza della dichiarazione del vertice Ue-Usa (previsto a Bruxelles nei prossimi giorni) mentre, secondo Bloomberg, il G7 si impegnerà anche a distribuire nel mondo un miliardo di dosi di vaccino contro il Covid-19 nell’arco del prossimo anno.

“L’America è tornata” e “le democrazie sono unite per affrontare le sfide del futuro”. Lo ripete come un mantra Joe Biden, appena sceso dall’Air Force One che lo ha portato al suo primo viaggio da presidente nel vecchio continente. Il 78enne presidente – che a margine del vertice avrà incontri con diversi leader europei – assicura che renderà chiaro a Vladimir Putin e alla Cina quanto sia solida l’alleanza tra Stati Uniti e l’Europa. Un fronte comune, quello tra le due sponde dell’Atlantico, che nelle intenzioni del presidente servirà da catalizzatore per rilanciare una ‘conferenza delle democrazie’ che riunisca paesi dai valori e principi comuni.

È il cuore della ‘Dottrina Biden’, secondo Thomas Wright, il cui obiettivo è vincere la competizione sistemica e di governance con la Cina. Per questo, “al di là dei discorsi roboanti, delle foto opportunity e dei comunicati che, come spesso accade alla fine dei grandi vertici, nessuno leggerà” , come osserva Gideon Rachman sul Financial Times, questo vertice si pone come obiettivo anche quello contrastare la narrativa propagandata da Pechino secondo cui l’Occidente è inesorabilmente in declino.

Un G7 di successo dovrebbe rilanciare l’idea di una leadership globale, in alleanza con le altre democrazie in Asia e in tutto il mondo.

Una nuova Carta Atlantica?

Per consolidare questo ‘fronte unito’ tra le due sponde dell’Atlantico, Stati Uniti e Unione Europea stanno lavorando a un accordo che porterà a termine lo scontro sulle importazioni di metalli e sui sussidi concessi ai costruttori aerospaziali Boeing e Airbus. Lo riferisce il New York Times, secondo cui le due parti sperano di raggiungere un accordo a metà luglio con l’obiettivo di rimuovere i dazi reciproci entro il 1° dicembre.

La decisione potrebbe essere annunciata già al termine del summit Usa-Ue. Passi avanti che testimoniano un’armonia ritrovata, certo, ma sul fatto che l’Unione sia pronta a dare a Washington le risposte che cerca riguardo alla Cina è ancora tutto da vedere.

Dai veti del premier ungherese Viktor Orban sulle risoluzioni di condanna a Pechino all’aria di campagna elettorale che già si respira a Parigi e Berlino, il quadro che vien fuori è ancora quello di un blocco indeciso e condannato all’immobilismo.

Intanto, il Risiko europeo di Biden parte da Londra: al termine dell’incontro col premier britannico Boris Johnson i due paesi hanno annunciato di essere pronti a firmare una nuova Carta Atlantica, una versione aggiornata dell’accordo del 1941 tra Winston Churchill e Franklin D. Roosevelt.

Allora quel documento contribuì a gettare le basi per le Nazioni Unite e la Nato. Oggi contribuirà a ricostruire la leadership dell’occidente?

Gran spolvero e fanfara per il G7 della “amicizia ritrovata”. Aveva perso smalto con il minor peso nell’economia mondiale dei paesi membri; per l’avvio del G20; per la paralisi decisionale con Trump (che lo considerava “obsoleto”, con qualche ragione).

Come il QUAD in Asia, ora il G7 in Cornovaglia aiuta la narrazione di Biden “America is back” ma soprattutto “not alone”: non è sola, ma affiancata da alleati e amici. Le grandi democrazie del mondo. Aspettiamoci dichiarazioni solenni sull’amicizia ritrovata, annunci (speriamo anche azioni) su vaccini, clima, infrastrutture.

L’elefante nella stanza è però che fare con Cina (e Russia). Su questo è probabile che l’America rimanga un po’ sola. Nonostante le fanfare, nonostante l’amicizia ritrovata.

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