Home Attualità A trent’anni dalle stragi del 1992: le verità dimezzate

A trent’anni dalle stragi del 1992: le verità dimezzate

by Rosario Sorace

Era prevedibile che un fiume di retorica e di luoghi comuni potesse seppellire le coscienze nell’anno del trentennale delle terribili stragi del 1992, quando morirono degli uomini che hanno incarnato in modo coerente e perfetto modelli inimitabili della legalità e del senso dello Stato, facendo sino in fondo il proprio dovere con il coraggio che ciascuno di noi dovrebbe possedere.

Infatti non è così, al contrario per tanti altri che invece hanno disonorato questi sentimenti civili ed etici di buoni cittadini poiché non solo non si sono opposti al potere mafioso ma non hanno contribuito all’accertamento della verità e non hanno collaborato quando sono stati chiamati in causa.

Pertanto oggi, insieme ad un infinito elenco di vittime di quella guerra ancora non vinta alle mafie, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, restano gli straordinari protagonisti dell’affermazione dello Stato di diritto e della democrazia.

La mafia ancora non è finita e lo dimostra il fatto che la strategia dell’inabissamento per le organizzazioni criminali è assai più conveniente e provoca meno scompaginamenti nelle proprie fila , meno allarme sociale tra i cittadini, consentendo ai mafiosi di potere continuare a fare affari con i traffici illeciti tradizionali e permettere agli “uomini d’onore” il dominio dei territori in cui operano.

D’altronde tanti segreti su Capaci e Via D’Amelio ancora sono assolutamente irrisolti e restano tali  con la probabilità verosimile che non si scopriranno mai, oppure, com’è successo per i mandanti e gli autori della strage della stazione di Bologna, verranno fuori dopo la morte dei nefasti protagonisti.

Non basta più alzare la voce, gridare contro la mafia, bisogna lottare insieme per scovare e scoperchiare pezzi di verità nel puzzle delle inchieste.

La memoria serve se viene accompagna da una precisa volontà di fare luce su fatti che conservano ancora oggi molti lati oscuri e appare evidente che non siamo riusciti a fare i conti con questo torbido passato.

Tuttavia più passa il tempo e più sembra che ci si allontani dagli obiettivi di ottenere giustizia e quel tempo serve a capire che vi siano state “menti raffinatissime” che hanno agevolato e gestito questa stagione di terrore.

Dal punto di vista storico quel biennio dal 1992 al 1994 cambiò l’Italia stabilizzandone gli assetti in “equilibri più arretrati” in cui si faceva un passo in avanti e poi due indietro.

Oggi l’ndrangheta, la camorra e la sacra corona unita in questo trentennio hanno potuto prosperare e crescere senza tanti spargimenti di sangue, hanno esteso i loro tentacoli in tutto il territorio nazionale globalizzando gli interessi a livello internazionale.

Persino l’ala militare della mafia siciliana logorata e messa alle corde dalla reazione dello Stato dopo le stragi ha potuto ricostruire, se non la cupola, quel tessuto connettivo di omertà e segretezza che le consente di agire nei territori di appartenenza.

Molto è cambiato e le tecniche investigative ci consentono indagini e inchieste in cui le capacità operative sono più efficienti ed efficaci con risultati sempre migliori.

Tutto ciò è anche merito del solco tracciato da Falcone e Borsellino che seppero ideare sul campo gli strumenti di lotta alla mafia.

Oggi ci resta il vivido ricordo di Giovanni Falcone che fu un giudice lungimirante e intelligente che modernizzò e rivoluzionò l’impegno giudiziario nel combattere il crimine organizzato.

Per tale motivo, all’inizio ci furono applausi: poi fu osteggiato, combattuto, calunniato e deriso all’interno dell’ordine giudiziario  tutto ci non gli permise di ricoprire le incarichi che meritava e nel contempo venne guardato sempre con diffidenza, timore e sospetto dagli uomini delle istituzioni e dalla politica che oggi ipocritamente lo celebrano.

La stessa fine toccò al suo amico Paolo Borsellino che non ha potuto neanche “testimoniare” verbalizzando davanti a colleghi le cose che aveva intuito e che sapeva su quella stagione di sangue che stava sconvolgendo l’Italia.

Anzi, in questo caso ci fu il più grande depistaggio giudiziario della storia italiana con la condanna di innocenti che sono rimasti oltre un decennio in carcere.

Ci sono ancora inchieste aperte per conoscere eventuali concorsi esterni o convergenze di interessi sulle stragi anche se oggi è una giornata della legalità dimezzata perché i segnali e il clima che giungono dalla realtà sociale e politica appena descritta sono poco rassicuranti.

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