Home In evidenza A trent’anni dalla scomparsa del giudice eroe la sua lotta alla mafia non si ferma

A trent’anni dalla scomparsa del giudice eroe la sua lotta alla mafia non si ferma

by Redazione

La strage di Capaci rappresenta una macchia indelebile per la legalità italiana. Non era la prima volta che la mafia di Cosa Nostra avesse utilizzato metodi di stampo terroristico per intimidire un loro nemico ma di sicuro fu una reazione spropositata per la paura scaturita da una guerra che stava per perdere contro i due magistrati; divenuti eroi, simbolo della legalità e della rettitudine.

Si perché, i due magistrati, Falcone e Borsellino non erano solo due giudici che presero fortemente a cuore il loro lavoro ma erano persone eroiche che misero a rischio tutto, compreso la vita loro e dei loro cari, pur di portare a termine i loro obiettivi nel tentativo di consegnare a noi tutti una società migliore.

L’abnegazione di cui si sono armati è stata esemplare e la Mafia, non solo siciliana, questo, non poteva tollerarlo, ecco perché si decise che loro dovevano diventare l’esempio.

Nessuno doveva osare toccare o minacciare gli intoccabili, che non erano solo Riina, Provenzano e compagni, ma la mafia al tempo, come ora, era infiltrata in diverse istituzioni e canali privilegiati dello Stato.

Il trentesimo anniversario della strage compiuto da Cosa Nostra, il 23 maggio del 1992 nei pressi di Capaci (sul territorio di Isola delle Femmine) con una carica composta da tritolo, RDX e nitrato d’ammonio; ci deve aiutare a non aver mai paura e ad inseguire sempre la strada della legalità anche a costo del sacrificio estremo.

L’omicidio di Falcone venne deciso nel corso di alcune riunioni della “Commissione interprovinciale” di Cosa Nostra, avvenute nei pressi di Enna tra il settembre-dicembre 1991, e presiedute dal boss Salvatore Riina, nelle quali vennero individuati anche altri obiettivi da colpire.

Nello stesso periodo infatti vennero anche organizzati gli attentati dell’allora ministro Claudio Martelli e del presentatore Maurizio Costanzo.

Alle riunioni, oltre a Riina, parteciparono anche Matteo Messina Denaro, Vincenzo Sinacori, Mariano Agate, Salvatore Biondino e i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano.

All’inizio, gli omicidi di Falcone, di Martelli e di Costanzo sarebbero dovuti avvenire a Roma da uno squadrone d’assalto inviato da Brancaccio e dalla provincia di Trapani. Ma Riina poi diede il contrordine e decise che l’omicidio del giudice doveva avvenire nell’isola adoperando esplosivo.

Probabilmente quella di Riina doveva essere una dimostrazione di forza per far capire ai suoi nemici che Cosa Nostra avrebbe potuto colpire chiunque, con qualsiasi protezione e in qualsiasi momento e, in Sicilia, la scorta di Falcone era molto più numerosa rispetto a qualsiasi altra parte del mondo.

Infatti, così fu, nonostante la scorta di Falcone fosse preparata e molto più numerosa in Sicilia la Mafia colpì comunque.

Nel corso delle riunioni della “Commissione provinciale”, l’incarico di occuparsi di Falcone venne affidato a Giovanni Brusca, ora pentito e a piede libero.

La strage di Capaci portò alla morte di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, moglie del giudice, e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Vi furono anche 23 feriti nell’attentato.

La morte del giudice eroe, Giovanni Falcone, scosse la penisola intera e spaventò l’opinione pubblica ma diede anche un contraccolpo pesante che si instillò nell’orgoglio delle istituzioni e dei cittadini che impararono una dura e pesante lezione dalla morte del giudice e dall’incredibile coraggio dimostrato.

Mai abbassare la testa e, soprattutto, mai subire le minacce o la violenza dei prepotenti poiché la giustizia e il benessere sociale sono troppo importanti per non venir preservati; anche se questo rappresenta il sacrificio massimo di tutto quello che abbiamo. E’ questa l’eredità che ci viene lasciata da Falcone e Borsellino.

La lotta alla Mafia, di qualsiasi mafia si tratti, la si vince solo denunciando e senza mai esitare di perseguire la strada più giusta e corretta; nonostante sia la più pericolosa. E’ la via indicata dal giudice.

Il 23 maggio del 1992 l’Italia piangeva un uomo onesto, un paladino dei giusti ed un eroe per noi tutti. Il Paese, come i cittadini, non dimenticheranno mai la sua lotta e il suo insegnamento. Avanti Falcone, un eroe da prendere come esempio.

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