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Speranza: “A settembre terza dose a categorie fragili”

by Redazione

“La terza dose” come già preannunciato da Draghi “ci sarà. Si parte già nel mese di settembre per quanto riguarda le categorie fragili come i pazienti oncologici, i trapiantati e coloro che hanno avuto una risposta immunitaria fragile rispetto alla somministrazione delle prime due dosi”. A dirlo è il ministro della Salute Roberto Speranza durante la conferenza stampa conclusiva del G20 Salute, a Roma.

“Poi – aggiunge Speranza- con tutta probabilità la campagna della terza dose continuerà: da un lato le persone più anziane, ultra80enni, dall’altro chi vive nelle Rsa e il personale sanitario”.

Poi alla domanda alquanto scomoda dove si chiede se non ci sia una contraddizione in tutto ciò, tra l’obiettivo di aiutare prima i Paesi che non sono stati vaccinati e il fatto che i Paesi più ricchi già partano con la terza dose, il ministro ha sostenuto come “le due cose si devono tenere insieme. Non possiamo disperdere il livello di protezione che abbiamo raggiunto nei Paesi dove la campagna è già avanti, perché significherebbe tornare indietro, ma contemporaneamente” bisogna “fare una grande operazione in tutti gli altri Paesi del mondo. Le cose non devono essere una alternativa all’altra”.

Al ministro della Salute Speranza piace avere la ‘botte piena e la moglie ubriaca’, quanto sembra, peccato che l’errore non sia stato quello di vaccinare le categorie fragili con la terza dose, ma non andare in ordine a livello mondiale dai più anziani e i più fragili del mondo per poi arrivare a distribuire il vaccino ai giovani può essere considerato un errore fatale, visto che il virus prolifera e trova forza nei soggetti più fragili del mondo. Vaccinare i giovani di 12 anni prima di loro è stato un gravissimo sbaglio superficiale che ci costerà tanto, in vite e contagi, con altre varianti che proliferano e incombono.

“In linea con l’Oms, sosteniamo l’obiettivo di vaccinare almeno il 40% della popolazione globale entro la fine del 2021. Riaffermiamo l’impegno dei nostri Leader al Global Health Summit per rafforzare le capacità produttive locali e regionali, sviluppare una capacità regolatoria regionale e promuovere standard minimi di qualità dei prodotti medicali”. Ad affermarlo sono congiuntamente i ministri della Salute del G20 nella Dichiarazione finale. Peccato che l’Oms abbia anche detto di non distribuire la terza dose se prima non viene inoculato nei paesi meno sviluppati e ricchi, per tenere sotto controllo il virus.

Le azioni chiave focalizzate riguardano quattro aree prioritarie: “ripresa sana e sostenibile; costruire resilienza One Health; risposta coordinata e collaborativa; vaccini, terapeutici e diagnostici accessibili”.

Per quanto riguarda la lotta al Covid-19, spiega Speranza, “ci sono distanze molto forti tra i Paesi più ricchi e più avanzati che hanno percentuali di vaccinati molto significative e ci sono Paesi che invece sono indietro”. L’obiettivo è portare il vaccino dappertutto, “anche nei paesi più fragili”.

“Se una persona sta male va curata, indipendentemente dalla propria condizione economica, indipendentemente dal posto in cui è nata, indipendentemente dal colore della pelle. Il Patto di Roma considera questo come essenziale”, conclude il ministro.

Ma nonostante l’ottimismo del premier Draghi, del ministro Speranza e di tutti i loro pari del Global Health, l’Oms tuona: “Quando ci siamo incontrati virtualmente a Riad l’anno scorso, tutti speravamo che ormai la pandemia fosse sotto controllo”. E invece “è vero l’opposto. Molti Paesi continuano ad affrontare un forte aumento dei casi e dei decessi, nonostante siano stati somministrati più di 5 miliardi di vaccini in tutto il mondo. Ma quasi il 75% di queste dosi è stato somministrato in soli 10 Paesi. L’Africa ha la copertura vaccinale più bassa, con il 2%. Questo è inaccettabile”.

E’ molto forte e aspro il messaggio di Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, inviato al G20 Salute. “Solo con l’impegno e il sostegno dei Paesi del G20”.

Nel mondo ci sono 70 Paesi che non hanno ossigeno sufficiente per curare i malati di Covid-19. E molti degli Stati più in difficoltà sono africani, almeno 25, con situazioni particolarmente gravi in Etiopia, Nigeria, Ghana, Benin, Togo, Costa d’Avorio e Somalia. E’ la denuncia di Every Breath Counts, un’associazione che supporta i Paesi più poveri nella lotta alla polmonite.

L’immunologo Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas e professore emerito dell’Humanitas University a Milano, dice che gli errori siano stati fatti sul “coordinamento internazionale, sulla prevenzione con gli studi sui patogeni degli animali, come li alleviamo e la necessità di fare ricerca. E poi – ha aggiunto – come affrontiamo le pandemia. Abbiamo una grande minaccia che è costituita dai batteri resistenti agli antibiotici, dobbiamo avere comportamenti responsabili ed essere preparati”.

Tutto molto chiaro fino ad ora. I leader mondiali, che pare donino dosi ai paesi poveri solo per mera propaganda, purtroppo hanno la presunzione di pensare che la sconfitta del virus sia una guerra a livello nazionale, ma, quando i libri di scuola scriveranno la storia di questo periodo si potrà leggere che la terza guerra mondiale sia stata combattuta dall’uomo non contro un esercito ma bensì contro una malattia.

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