Faceva il “Solone” in Tv e si è meritato anche una gustosa e esilarante imitazione di Maurizio Crozza. Ma adesso per Alberto Forchielli c’è poco da ridere! La procura di Milano sta indagando sul suo conto accusandolo di evasione fiscale dell’imposta sui proventi societari (Ires) da 4,2 milioni di euro legata l’esterovestizione in Lussemburgo di due società.
Le società coinvolte hanno già pagato una somma all’Agenzia delle Entrate. Sono quattro le persone indagate dal pm Stefano Civardi per omessa dichiarazione dei redditi di due società di gestione legate ai fondi Mandarin Capital. Le società hanno transato con l’Agenzia delle Entrate.
Nell’inchiesta è coinvolto anche Fabio Roversi Monaco, ex rettore dell’Università di Bologna che è uno dei maggiori giuristi italiani, nonché membro del consiglio d’amministrazione di alcune delle maggiori società italiane. Risulta che le società hanno proceduto a una transazione con l’Agenzia delle Entrate per chiudere il contenzioso tributario.
Forchielli era noto per le sue continue invettive alla politica italiana a tutte le ore sia per televisione che in streaming web. Quando c’era da ciurlare nel manico e fare il moralista non si sottraeva. Diceva sempre le stesse cose e denunciava continuamente la scarsa capacità dei governi di aggredire i problemi importanti del Paese e di mantenere l’economia italiana al passo degli altri grandi Paesi per evitare che i giovani andassero all’estero.
Il suo chiodo fisso era la Cina e adorava i cinesi al punto da “inventare” i fondi d’investimenti Mandarin Capital, un collegamento business tra l’Italia e il Celeste impero. Si sentiva una sorta di profeta e si è dichiarato sempre allievo prediletto dell’economista banchiere Beniamino Andreatta e dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi.
Ora però questa inchiesta della procura di Milano rischia di minarne la credibilità. La magistratura lo accusa di evasione fiscale dell’imposta sui proventi societari (Ires) da 4,2 milioni di euro legata l’esterovestizione in Lussemburgo, comodo paradiso fiscale a un’ora di volo da Milano, di due società legate proprio al fondo Mandarin, di cui Intesa Sanpaolo è storicamente uno dei principali conferitori.
Non è solo Forchielli ad essere indagato dall’inchiesta appena chiusa dal sostituto procuratore Stefano Civardi, lo stesso magistrato che sta indagando sui commercialisti della lega e l’affaire Lombardia film commission. L’altro nome pesante è l’ex rettore dell’Università di Bologna Fabio Roversi Monaco, uno dei maggiori giuristi italiani nonché ex professore di diritto costituzionale e membro del consiglio d’amministrazione di alcune delle maggiori società italiane. Sono coinvolti anche il finanziere Enrico Ricotta oltre a un manager lussemburghese, Joseph Schmitt.
Hanno fatto parte dei consigli d’amministrazione, delle società Mandarin Capital Management e Mandarin Capital Management II, società di gestione di gestione dei fondi di private equity Mandarin per l’appunto. La prima delle due società è già stata messa in liquidazione quest’anno, secondo quanto risulta dal registro delle imprese del Lussemburgo.
Mentre la procura accusa i quattro indagati di esterovestizione di queste due società lussemburghesi. In pratica di aver posto in Lussemburgo queste società solo per motivi fiscali, in quanto poi sarebbero state gestite comodamente da Milano attraverso la Mandarin Advisor, una società che in teoria era di semplice consulenza mentre in realtà avveniva la «direzione effettiva» delle due società del Granducato.
L’inchiesta è nata dall’attività di monitoraggio condotta normalmente dall’amministrazione finanziaria. La Guardia di Finanza ha smascherato il trucco organizzativo che riportava queste funzioni dirigenziali in Italia, dove le società in realtà avrebbero dovuto pagare le tasse sia per una società relativamente alle annualità che vanno dal 2013 al 2015, mentre per l’altra società relativamente al 2013 al 2016.
L’accusa sul piano giuridico è quella di “omessa dichiarazione delle imposte”, punta dall’articolo 5 del decreto legislativo 74 del 2000, che è punito con reclusione da due a cinque anni. Le pene per questo reato sono state persino aumentate con la revisione operata dal legislatore nel 2019.
Si sa anche che le società coinvolte hanno pagato il dovuto all’Agenzia delle Entrate dopo una procedura di accertamento con adesione per chiudere il contenzioso tributario che era nato. Questo consentirà agli indagati di potere eventualmente patteggiare una pena o comunque godere di attenuanti in caso di eventuale condanna.