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Un passo indietro Mister President

by Maurizio Ciotola

Gli annunci per i quali è necessario eleggere un Presidente condiviso, sembrano cadere nel vuoto e soprattutto, vengono ridicolizzati o manipolati dai soliti tromboni accolti sui media, altrettanto divisivi.

Questa condizione di empasse apparente, non dissimile dalle tante altre rese manifeste poco prima di un elezione del Presidente della Repubblica, sembra volta a giustificare il colpo di scena, plausibile e condivisibile, con il quale verrà eletta/o la nuova/o Presidente.

Le condizioni di forza, di partizione politica sono evidenti, così come lo sono da circa trent’anni in cui, con uno scarto minimo si è dato vita a maggioranze di governo non corrispondenti alla realtà dei consensi elettorali.

In questo momento l’arte della mediazione e del consenso trasversale costituirà la differenza, per condurre il Paese ad avere un nuovo Capo dello Stato.

In tutto questo sembra sfuggente la posizione del presidente del Consiglio, il prof. Mario Draghi, che nell’esprimere un messaggio chiaro al Paese, in occasione del fine anno, oggi non espliciti la sua rinuncia al Colle.

E’ evidente che la maggioranza scaturita dal Parlamento e dai grandi elettori, parrebbe esser propensa a non eleggere Mario Draghi alla Presidenza della Repubblica, così come non lo sarebbe ampia parte della componente di centro sinistra, di cui è parte il movimento cinque stelle.

Ovvero esiste una condivisione allargata per cui l’attuale Presidente del Consiglio dovrebbe restare alla guida dell’Esecutivo, del quale auspichiamo una parziale revisione.

A pochi giorni dall’inizio delle votazioni per l’elezione del capo dello Stato, la consapevolezza istituzionale e l’etica indiscussa dell’ex governatore della BCE, dovrebbe spingerlo a manifestare senza fraintendimenti il suo passo indietro nella corsa al Quirinale, iniziata almeno due anni fa.

Un passo indietro renderebbe possibile quella condivisione nell’individuazione della nuova Presidente della Repubblica, che una politica sessista e perversa ha impedito nel corso dei decenni trascorsi.

Basterebbe constatare che l’unica Segretaria politica di un partito è Giorgia Meloni, un partito di destra con una visione nazionalista e conservatrice, che però non ha impedito la sua ascesa e il rafforzamento della sua guida.

E’ doloroso constatare che a sinistra e tanto meno al centro, non sia avvenuto altrettanto, pur non mancando nel Pd, nel M5S, nel PSI e in quell’arcipelago del centro e di sinistra, donne di eccelsa qualità politica e estrema finezza intellettuale.

Non condividiamo di certo la visione del presidente di Forza Italia, relativamente al gentil sesso, ma è pur vero che, lui e il suo partito non si sono mai sottratti a indicare, eleggere e sostenere donne capaci sul piano politico, quanto brillanti su quello intellettuale.

Il Paese è diviso in una molteplicità di posizioni politiche, mal rappresentate in Parlamento a causa di una legge elettorale finalizzata al controllo, piuttosto che alla rappresentanza in Parlamento di questa nostra Repubblica Parlamentare.

La presidente avrà necessariamente l’onere e l’arduo compito, di condurre il Paese verso una lucida dialettica di pace politica, seppur conflittuale, che non potrà esser espressa da forzature elettorali di stampo maggioritario.

E questo sarà possibile grazie all’autorità indiscussa, che il Presidente Draghi mostra alla guida di un esecutivo, esteso ad aeree politiche naturalmente non convergenti.

Capacità con cui saprà governare una coalizione ancor più allargata, estesa ai partiti oggi esclusi dal governo del Paese, con cui riuscire a varare un nuovo piano di sviluppo e rinascita, con cui traghettare il Paese verso l’evoluzione irrinunciabile, che potrebbe creare disastri umani se affidata alla sola tecnologia.

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