Il tema è sempre attuale: riuscirà la Sicilia a sfatare l’idea di Leonardo Sciascia che la definiva “irredimibile”?
Sul banco degli accusati c’è la classe dirigente regionale e la politica siciliana che il 25 settembre dovrà esprimersi oltre che sul governo del Paese anche sul futuro della Regione Siciliana.
Intanto appare più che evidente che l’election day avvantaggia con un naturale effetto di trascinamento il centro destra ormai dato vincente in modo netto nei sondaggi nazionali.
Il travaglio sulle scelte delle due coalizioni è stato lungo e difficile e all’inizio sembrava esserci una spaccatura insanabile nel centro destra, poi, invece si trovava un’intesa con Renato Schifani e lo stato delle cose si ribaltava con la liquefazione dello schieramento progressista.
Il Pd esce malconcio dalla tempesta dopo che si è consumata la frattura con il Movimento Cinque Stelle nonostante la paziente tessitura dell’on. Anthony Barbagallo, Segretario Regionale dei democratici, principale fautore dell’alleanza di centro sinistra tra i democratici, pentastellati e la sinistra in Sicilia.
Le vicende nazionali sono state determinanti nel mandare a soqquadro l’alleanza che aveva deciso con le primarie di designare Caterina Chinnici. Adesso tutto si è complicato e oggi appare difficile e proibitivo il compito di riconquistare il governo in Sicilia alla prossime elezioni di fine settembre.
Intanto Barbagallo, che era stato l’ideatore principale di un rinnovato “laboratorio politico” per cementare la coalizione, si trova anche a dover gestire l’ulteriore emorragia interna con la fuoruscita nella città etnea del segretario provinciale del Pd Angelo Villari e dell’ing. Luigi Bosco che non hanno trovato posto nella lista in quanto ritenuti “impresentabili” persino dalla stessa Chinnici che aveva posto il veto a questi nomi coinvolti in vicende giudiziarie.
E’ finito in modo grottesco, poiché i due esclusi sono approdati nelle liste di Cateno De Luca, rafforzando il fronte di un concorrente temibile dei due poli per il risultato finale.
Alla fine Caterina Chinnici è rimasta in campo appoggiata solo dal Pd e dalla lista Cento Passi di Claudio Fava.
A tale proposito abbiamo voluto sentire dalla viva voce del Segretario Barbagallo la sua valutazione sullo stato dell’arte e lo scenario d’insieme che emerge da qui alle elezioni.
Il centro destra è riuscito a ricompattarsi presentandosi agli appuntamenti elettorali baldanzoso e certo della vittoria. Mentre il centro sinistra è diviso e indebolito. Che giudizio politico esprimi su tali fatti?
Dico solo che proveniamo da una legislatura, quella di Musumeci e del centrodestra, che sarà ricordata sui libri come la peggiore che abbia avuto la Sicilia.
Con un presidente arrogante, irriguardoso nei confronti del Parlamento, dinanzi al quale non ha mai ritenuto, praticamente mai, di presentarsi per sostenere il confronto, magari aspro ma giusto e doveroso.
Che ha prodotto 5 esercizi provvisori in 5 anni, che ha gestito l’emergenza covid in maniera disastrosa e che, infine, per meri tornaconti personali ha deciso di dimettersi in piena estate per rifugiarsi a Roma, in un posto sicuro al Senato. Mi fermo qui per carità di patria.
Veniamo da due esperienze di governo in Sicilia, prima Rosario Crocetta e poi Nello Musumeci, che hanno lasciato sul campo più delusioni che consensi. Cosa deve cambiare per invertire la rotta?
Il Partito Democratico punta sulla concretezza, sulla profonda conoscenza della macchina amministrativa e sulla serietà, in primis, della nostra candidata presidente Caterina Chinnici. Niente urla, niente promesse impossibili, tipiche del Centrodestra che poi, Musumeci docet, si squagliano come neve al sole.
Quali sono state le maggiori criticità e i limiti del governo di Nello Musumeci?
Io sono profondamente contrario al concetto di uomo solo al comando. Musumeci ha, o quanto meno aveva, la fama di fascista per bene.
Però in questi 5 anni sono stati i suoi stessi alleati ad avergli contestato di non tenere in considerazione i partiti che hanno contribuito alla sua elezione.
Per lui, come abbiamo visto, il Parlamento è solo un fastidio, non lo ha mai nascosto e il modo con cui si è approcciato quelle volte, poche in verità, in cui ha concesso di essere presente, è stato indisponente oltre ogni limite di accettabilità.
Anche per la sua maggioranza. E’ stato ad un passo da un altro record storico, negativo ovviamente: solo terzo, ma quasi fuori dalla terna, su tre grandi elettori chiamati in rappresentanza della Sicilia a scegliere il presidente della Repubblica.
Prima vi sono stati gli endorsement “pericolosi” di Dell’Utri e Cuffaro al centro della polemica politica, adesso Renato Schifani secondo gli osservatori sarebbe a rischio per alcune frequentazioni pericolose del passato. Che ne pensi?
Sono d’accordo con quanto sostiene Antonello Cracolici. Schifani è imputato in un procedimento e gli auguriamo di uscirne indenne.
Ma se così non fosse la Sicilia corre il rischio di rivivere una esperienza traumatica. E’ chiaro che puntare su questo candidato, da parte della coalizione di centrodestra, è soprattutto finalizzata a raggiungere una presunta coesione che non so quanto reggerà, sempre che raggiungano la vittoria.
Caterina Chinnici personalità dotata di preparazione, esperienza e storia ha difeso con forza la necessità di liste senza candidati “impresentabili”. Lo stesso non è avvenuto a livello nazionale. Come mai questa differenza di decisioni?
In Sicilia il Partito si è mosso in raccordo e in linea con il Nazionale. Eventuali valutazioni diverse altrove non possono in alcun modo mettere in discussione il punto di partenza.
Sulla figura e sullo spesso morale, etico e familiare di Caterina Chinnici non ci possono essere dubbi di sorta e la pensiamo tutti come lei, in Sicilia come a Roma.
Oggi la Sicilia si trova a gestire le risorse provenienti dell’Europa del Pnrr e resta sempre irrisolto la questione dell’incapacità di spendere i fondi ordinari che ci giungono dall’Ue. Qual è la ricetta per mutare questo andazzo?
Sarà pure noioso e retorico ma l’elefantiaca burocrazia tipica dell’Italia in Sicilia diventa spesso il collo di bottiglia non solo per le pratiche delle autorizzazioni di competenza della Regione, ma anche ostacolo insormontabile per l’attrazione degli investimenti privati.
Quindi sburocratizzare, informatizzare, snellire, rendere trasparenti le procedure. Tutti elementi fondanti su cui Caterina Chinnici e il PD puntano decisamente.
L’apparato burocratico della Regione sembra affetto da una lentezza elefantiaca e da un’inefficienza cronica più volte denunciata persino dallo stesso Musumeci. Che riforma bisogna fare per ridare slancio alle funzioni della macchina ammnistrativa regionale?
Per Musumeci la colpa è sempre degli altri, il suo sport preferito è lo scaricabarile. O se preferisce la caccia al colpevole di turno. Seriamente, che oggi, da presidente dimissionario e in fuga verso Roma dopo avere governato male per 5 anni, se la prenda con la burocrazia fa solo sorridere amaramente. Poteva e doveva pensarci per tempo e agire di conseguenza. Oggi le sue sono, ancora una volta, parole al vento.
Le emergenze siciliane durano da decenni: smaltimento rifiuti; carenza idrica; insufficienza dei trasporti e dell’asse viario. Intanto si riparla nuovamente dell’eterno tema del ponte sullo stretto.
Il PD non è in via preconcettuale contraria al Ponte sullo stretto. Tanto che è stata Paola De Micheli, quando era ministra alle Infrastrutture, a commissionare un nuovo studio di fattibilità.
Però – è questo il concetto – il Ponte è comunque un’opera faraonica per costruire il quale necessitano anni, se lo si farà. Nel frattempo noi siciliani conosciamo lo stato delle strade provinciali e delle autostrade siciliane: sono un disastro.
Così come i collegamenti ferroviari, ancora a livelli non degni di un paese come l’Italia, in gran parte mono binario, con tempi di percorrenza insostenibili.
Come dice giustamente Caterina Chinnici il ponte non va posta in alternativa o in contrapposizione con le altre opere infrastrutturali di cui la Sicilia ha bisogno.
Per esempio, il trasporto delle merci potrebbe trarre importanti benefici dal ponte se ci fosse al tempo stesso una rete ferroviaria adeguata, ma non dall’una o dall’altra opera considerata isolatamente.
A trent’anni dalle stragi del 1992 la lotta alla mafia e all’illegalità è fatta di azioni concrete. Quali atti bisogna porre in essere?
Io dico sempre, dopo ogni retata, che ancora una volta la magistratura è arrivata prima della politica. Ai magistrati dobbiamo eterna riconoscenza, fanno il loro lavoro con grande dedizione anche a costo della vita, e noi siciliani lo sappiamo bene.
Falcone, Borsellino, Rocco Chinnici, Cesare Terranova, Rosario Livatino e i tanti servitori dello Stato uccisi dalla mafia tra le forze dell’ordine ci ricordano che la criminalità si deve contrastare oggi giorno, con gesti, atteggiamenti e azioni pratiche.
Evitando scorciatoie come, nel caso della politica, la ricerca del consenso costi quel che costi. La rettitudine morale per un politico è importante.