La lunga e drammatica persecuzione di Julian Assange

La lunga, tormentata e drammatica odissea vissuta da Julian Assange dimostra un banale teorema sempre valido e vivo, quello del gigante che cerca sempre di schiacciare il topolino. Eppure il fondatore di WikiLeaks ha disvelato al mondo delle verità scomode senza paura delle conseguenze a cui andava incontro e ha documentato gli atti riservati dei crimini commessi dalle forze armate e dalle autorità americane che da anni hanno reagito con rabbia e furore chiedendo l’estradizione per processarlo e che con cinismo ipocrita della ragion di stato viene giustificata l’accusa che vede coinvolto Assange di hackeraggio e di aver messo in pericolo la sicurezza degli Usa.

La personalità di Assange potrebbe anche essere quella di un piccolo despota incoerente e bugiardo, viziato e paranoico che, per tappargli la bocca e screditarlo, è stato accusato persino di essere uno stupratore. Tuttavia nessuno può disconoscere che questa sua campagna di informazione ha consentito all’opinione pubblica mondiale di conoscere fatti veri e inoppugnabili che altrimenti rischiavano di essere cancellati e che nessuno avrebbe potuto conoscere perché coperti dal sistema inaccessibile dei poteri e dai servizi segreti degli stati.

Il contenuto di queste rivelazioni sono sconvolgenti e fanno luce sugli abusi e i crimini commessi in Iraq. Ci sarebbe stato impedito di conoscere la sconcertante realtà del miserabile luogo di detenzione di Guantamano dove per anni venivano detenuti senza diritti presunti cospiratori o terroristi islamici.

Il giornalista australiano è stato vittima di attacchi e hanno cercato in tutti i modi di farlo tacere, magari per gli Stati Uniti è improbabile attirarlo in un ambasciata e farlo a pezzi, però, se non dovesse finire nelle carceri Usa, è possibile che la sua vita continuerà ad essere un inferno come peraltro è avvenuto sino ad adesso.

Assange è accusato negli Usa di “cospirazione nella violazione di un sistema informatico” con la pubblicazione dei famosi documenti segreti sulla “guerra al terrore”.

Ora mi pare che la libertà di stampa è un sacro diritto della democrazia anche in Usa e gli americani dovrebbe saperlo molto bene dopo il caso Watergate che vide dimettersi il presidente degli Stati Uniti Nixon per aver messo sotto controllo il comitato elettorale del Partito Democratico.

E tale libertà si dispiega utilizzando tutte le fonti disponibili in modo che il giornalismo ci faccia conoscere verità inconfessabili smascherando le bugie di chi è al potere.

Sono altrettanto d’accordo nell’affermare che quello di Assange è giornalismo di qualità poiché quando questi documenti hanno un interesse pubblico devono essere pubblicati e ancora di più perché dimostrano quanto chi era al potere abbia mentito sull’Afghanistan e l’Iraq.

Ancora oggi Assange è privato della libertà dal 2010, si è dovuto difendere da un processo “farlocco” per stupro, si è dovuto rifugiare per lungo tempo nell’ambasciata dell’Ecuador per non essere arrestato e alla fine è detenuto a Londra in un carcere di massima sicurezza dal 2019.

In tutto il mondo organizzazione prestigiose, cittadini e giornalisti sono solidali con WikiLeaks per avere fatto uscire allo scoperto degli scoop che gettano una luce sinistra sui servizi segreti, sulla diplomazia e i poteri mondiali.

E a pensarla allo stesso modo sono anche tanti giornalisti americani ricordando la celebre sentenza della Corte Suprema, che non sanzionò il New York Times per aver pubblicato nel 1971 i Pentagon Papers, il rapporto segreto sull’inizio della guerra del Vietnam, che ha avuto un origine radicata nella menzogna molto simile a quel che è successo per l’intervento in Iraq.

In questa sentenza si afferma: “Soltanto una stampa libera e senza limitazioni può svelare efficacemente l’inganno del governo. E di primaria importanza tra le responsabilità di una stampa libera è il dovere di impedire a qualsiasi parte del governo di ingannare le persone”.

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