Il valore della poesia

Nella linea d’ombra dell’età in cui viviamo è finita l’arte della poesia, scivolata ormai da decenni nell’oblio.

Ma nessuno desidera ammettere che la poesia è conoscenza dell’essere, anima pulsante, e chi si dedica a questa ars osserva il mondo estasiato e stupito come un bambino colmo di purezza, innocenza e ingenuità.

La forza della poesia ha abbattuto regimi, distrutto despoti, frantumato dittature senza spargere sangue ma solamente con la metafisica degli echi uditi dei versi che sciolgono i tabù mentali. Il suono di libertà trapassa in profondità tutte le epoche esorcizzando il male senza inutili miasmi o falsi significati.

Nel linguaggio disarticolato e nel lessico metaforico si ritrova un’identità straniante che spezza stilemi, periodare, forme e oggetti per divenire un’originale espressione, inconsueta, sonante, ossimorica, voluttuosa che aiuta a descrivere la bellezza della natura e il dramma della limitatezza umana.

Il poeta per caso vive nella penombra, appartato e timidamente coglie i dettagli apparentemente insignificanti che circondano quel frenetico e travagliato modo di vivere degli uomini e delle cose. Quel che accade genera il fuoco della passione e il dono della sensibilità. I pensieri poetici partoriscono da una parola e divengono un fluire rapido ed essenziale con diafane allusioni.

Chi scrive poesia si eleva dalle miserie della propria condizione per volare planando sugli scogli delle paure inconsolabili e dei destini dell’umanità.

Così il poetare è un vivere che erode il pensiero luciferino della morte. Così il poeta vaga nella notte tra le trasfigurazioni oniriche, nell’eterno conflitto tra eros e thanatos. I grandi scrittori sono poeti prolissi e i grandi poeti sono scrittori brevi. Dentro di loro langue quel senso di celestiale trascendenza.

Quando questo pianeta scomparirà nell’universo resterà solo la traccia della poesia.

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