Omicidio Cerciello: Ergastolo per i due americani. Giustizia è stata fatta??

Giustizia è stata fatta! Almeno così pare. Sono stati condannati all’ergastolo Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth per l’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega e per aver ferito il collega Andrea Varriale. E’ questa la sentenza della Prima Corte d’Assise di Roma, dopo oltre 13 ore di camera di consiglio.

E’ un giudizio che viene accolto tra le lacrime dalla vedova del carabiniere, Rosa Maria Esilio, che stringe a sé il fratello della vittima, Paolo Cerciello Rega.

“E’ stata una sentenza severa – dice il legale della vittima – ma corrispondente al delitto atroce che è stato commesso. Si tratta di una pena adeguata alla gravità del fatto, compiuto da due imputati che non hanno dato alcun segno di pentimento”. E’ il commento senza fronzoli dell’avvocato Franco Coppi che si ritiene soddisfatto.

Secondo la difesa dell’avvocato Renato Borzone, legale di Finnegan Lee Elder, “questa sentenza è una vergogna per l’Italia con dei giudici che non vogliono vedere quello che è accaduto durante le indagini e durante il processo. Non ho mai vista una cosa simile. Abbiamo assistito al solito tandem procura-giudici. C’è un ragazzo di 19 anni che è stato aggredito”, prosegue l’avv. Borzone, che ha annunciato ricorso in appello.

Il pubblico ministero aveva chiesto l’ergastolo nelle scorse udienze che è stato appunto confermato, senza la concessione di alcuna attenuante. I genitori di Finnegan, accompagnati dai legali, hanno salutato il ragazzo attraverso le sbarre. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Finnegan è quello che ha accoltellato, affondando 11 volte l’arma nel busto di Cerciello. Una ricostruzione che lascia sgomenti per la rabbia e la brutalità dell’omicidio che non ha lasciato dubbi riguardo alla sentenza.

Ma Natale, l’altro ragazzo, è l’organizzatore della serata che avrebbe trattato la dose di stupefacente da comprare e chiamato sul cellulare l’intermediario a cui era stato preso lo zaino. Una vicenda complicata, a cui si aggiunge il caso della benda sugli occhi e di quella foto che ritrae Hjorth con le braccia dietro la schiena, nella caserma dei carabinieri finita sulle prime pagine di molti giornali del mondo che ha portato sotto accusa altri due militari dell’Arma.

Il processo si è svolto in oltre 50 udienze, in cui sono stati ascoltati periti, testimoni e gli stessi imputati. Un percorso giudiziario a tappe forzate, udienze si sono svolte anche durante il primo lockdown, in cui è stata di fatto “sezionata” sotto ogni profilo la drammatica notte di due anni fa. Una vicenda giudiziaria che, nonostante la lentezza del sistema giuridico italiano, si è conclusa in tempi record, complice anche la risonanza mediatica internazionale che ha riscosso il caso.

Il caso si è svolto celermente anche per la dinamica; una dinamica abbastanza semplice da ricostruire, infatti, i due americani, in appena 12 ore erano stati individuati e sono stati presi in custodia con indizi e prove schiaccianti. I due ragazzi si sono subito difesi dicendo di aver aggredito Cerciello e Varriale (che erano in abiti civili) senza sapere che appartenessero alle forze dell’ordine e di averli scambiati per uomini mandati da Sergio Brugiatelli a cui, qualche ora prima del delitto, avevano sottratto uno zaino per vendicarsi di essere stati imbrogliati dal pusher di Trastevere Italo Pompei, sponsorizzato loro dallo stesso Brugiatelli. Il pusher gli aveva ceduto tachipirina frantumata al posto di un grammo di ‘neve, cosa che ha mandato su di giri i ragazzi americani che, al posto di “fare serata”, si sono visti truffati dai due.

E così, in assenza del pusher, i due, per vendicarsi, hanno poi derubato Brugiatelli che aveva concordato con gli americani un appuntamento per farsi restituire lo zaino in cambio di 100 euro e un po’ di droga, ma a quell’incontro si presentano Cerciello e Varriale, che vengono brutalmente aggrediti.

La domande però sono tante, e i punti oscuri diventano sempre più grandi in vista della sentenza:

Cosa c’era nel borsello di Brugiatelli tanto da farlo andare in apprensione per il furto? Per quale motivo i carabinieri non si sono presentati in divisa? E, ancora, come mai si sono precipitati così per il furto di uno zainetto?

Secondo gli inquirenti, come si legge nell’ordinanza di convalida del fermo, oltre a una radiolina portatile, le chiavi di casa, una camera d’aria della bicicletta, una pompa per gonfiare le gomme vi era anche cucchiaio. Contenuto assai bizzarro da tenere in uno zainetto. Contenuto che è costato la vita di tre persone, almeno.

Ritornando ai fatti di quella sera, però, dopo la colluttazione avvenuta con i due americani, dei carabinieri: il primo muore dissanguato, l’altro, in stato di choc, chiama i soccorsi. Gli americani ne approfittano per fuggire e tornare in albergo con la dovuta calma, ignorando di essere ripresi dalle telecamere di videosorveglianza: nel controsoffitto della loro stanza nascondono l’arma del delitto. Dettaglio che dà l’idea della poca premeditazione e la poca lucidità nelle scelte fatte.

Le tappe della Giustizia

29 luglio 2019 – Il gip convalida il fermo dei due americani e firma un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Elder e Hjorth sono inconsapevoli del “disvalore delle proprie azioni”, privi totalmente “di autocontrollo e capacità critica” e molto immaturi rispetto anche alla loro età. Per il giudice, devono stare in cella perché sono da considerare di una “elevata pericolosità sociale”.

6 settembre 2019 – Emerge il dettaglio che né Cerciello né Varriale avessero quella sera la pistola di ordinanza. 9 settembre 2019 – Varriale viene indagato dalla procura militare per “violata consegna”. L’accusa è legata al fatto che lui e Cerciello Rega, la sera dell’omicidio, si erano presentati senza la pistola di ordinanza all’appuntamento con i due ragazzi americani.

14 novembre 2019 – La procura chiede e ottiene dal gip il giudizio immediato per i due californiani. Oltre all’omicidio, i pm contestano anche la tentata estorsione (ai danni di Brugiatelli), e i reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, in relazione alla posizione di Varriale.

18 dicembre 2019 – La procura chiude l’indagine sul bendaggio e sulla foto che ritrae Hjorth bendato e con le braccia dietro la schiena nella caserma dei carabinieri di via in Selci poco dopo il fermo. A rischiare il processo sono due carabinieri che hanno avuto nella vicenda ruoli diversi: Fabio Manganaro, che avrebbe bendato il ragazzo, e Silvio Pellegrini, che sarebbe l’autore dello scatto poi diffuso in chat.

Rischia il processo per falso Sandro Ottaviani, ex comandante della stazione Piazza Farnese: avrebbe attestato falsamente che Varriale, la notte dell’omicidio di Cerciello Rega, gli aveva consegnato la pistola di ordinanza al Pronto Soccorso dell’ospedale Santo Spirito.

Il gip Francesco Patrone giudica inammissibile la richiesta di rito abbreviato avanzato dalle difese dei due imputati. 13 febbraio 2020 – Non solo una foto. Esiste anche un video che ritrae Hjorth bendato nella caserma dei carabinieri di via In Selci in attesa di essere interrogato dai magistrati della procura di Roma. A fare il filmato con un cellulare è Varriale che lo consegna ai pm pochi giorni dopo averlo girato.

La difesa dell’americano denuncia “il trattamento umiliante e contrario alla dignità della persona” al quale è stato sottoposto il suo assistito. Il carabiniere, mai indagato per questo episodio, spiega agli inquirenti di aver fatto quel video (mai divulgato) per una questione di esigenza investigativa, esigenza mai pervenuta.

26 febbraio 2020 – Si apre il processo davanti alla prima corte d’assise di Roma. I due imputati sono presenti in aula. 20 luglio 2020 – Il racconto di Varriale in udienza: “Alla vista dei due ragazzi abbiamo attraversato la strada e gli siamo andati incontro, poi abbiamo tirato fuori il tesserino e ci siamo qualificati dicendo ‘carabinieri’. Eravamo a circa 3-4 metri. Poi abbiamo riposto i tesserini e ci siamo avvicinati per essere a mani libere”.

23 settembre 2020 – Delle 11 coltellate sferrate da Elder contro Mario Cerciello Rega due hanno causato la morte. Lo afferma in aula il medico legale Antonio Grande, autore della consulenza autoptica. Grande parla di “undici lesioni, tutte simili tra di loro: si tratta di colpi sferrati ai fianchi, sia a destra che a sinistra, tutti in profondità. Due sono quelli che hanno determinato l’accelerazione dello choc emorragico e quindi la morte: sono quelli assestati al cavo ascellare di destra, che ha interessato l’arteria e quello che ha attraversato l’emitorace sinistro”.

3 febbraio 2021 – La versione al processo di Hjort: “Si sono avvicinati senza dire una parola. Poi c’è stata la colluttazione e Varriale, prima di finire per terra ha detto: ‘carabinieri’. Io l’ho sentita questa parola e so cosa fanno i militari. Però non mi sembrava possibile che fossero carabinieri, erano vestiti normalmente. Loro non hanno tirato fuori un distintivo, se uno ti salta addosso dicendo ‘carabinieri’ non te lo aspetti”.

10 febbraio 2021 – Citazione diretta a giudizio davanti al tribunale monocratico di Roma per il carabiniere Fabio Manganaro, indagato per la foto di Hjorth bendato nella caserma dei militari di via in Selci poco dopo il fermo avvenuto il 26 luglio 2019. L’accusa nei suoi confronti è di “misura di rigore non consentita dalla legge”. In questo filone, è indagato per divieto di pubblicazione di immagini di persona privata della libertà il militare Silvio Pellegrini, che ha scattato la foto e l’ha poi diffusa.

E’ stato richiesto un rinvio a giudizio per l’ex comandante della stazione dei carabinieri di piazza Farnese, Sandro Ottaviani, che la notte dell’omicidio, aveva affermato di aver ricevuto la pistola d’ordinanza da Varriale, collega della vittima, al pronto soccorso dell’ospedale Santo Spirito. I pm gli contestano il reato di falso per aver accertato che anche Varriale, oltre a Cerciello Rega, era disarmato.

1 marzo 2021 – La versione di Elder in udienza: “Si sono avventati improvvisamente su di noi senza dire una parola, senza qualificarsi. L’uomo più grande, era una montagna, mi ha buttato per terra e ha messo tutto il suo peso su di me. Ricordo le sue mani sul petto e poi sul mio collo con una pressione come se stesse cercando di soffocarmi mentre tentavo di divincolarmi. Ho provato panico e ho pensato volesse uccidermi. Quando ho sentito le sue mani sul collo istintivamente ho preso il coltello e l’ho colpito per togliermelo di dosso. Quegli uomini (Cerciello e Varriale, ndr) ci hanno aggredito e sembrava che volessero farci del male, non hanno mostrato alcun tesserino di identificazione. Non hanno mai detto polizia o carabinieri, parola che non avrei comunque capito. Ho appreso il significato della parola carabinieri solo dopo che sono stato arrestato”.

6 marzo 2021 – Il pm Maria Sabina Calabretta chiede la condanna all’ergastolo per i due imputati con un mese di isolamento diurno.

26 aprile 2021 – In sede di replica il pm ribadisce: “L’ergastolo chiesto per Hjorth ed Elder non è un trofeo da esibire. In questa sede non vince e non si perde perché di fronte a eventi tragici come questi avrei preferito che nulla di quanto è stato ricostruito in aula fosse veramente accaduto. Di fronte a una vicenda come questa con quel carico di sofferenza umana che ha provocato il mio compito è stato solo quello di ricostruire i fatti per come si sono svolti. La condanna all’ergastolo sarebbe solo la giusta risposta a un fatto di tale gravità”.

Calabretta ha respinto le argomentazioni della difesa secondo cui la costante paura di un attacco di Elder, il risultato di una storia di problemi psichiatrici, lo aveva portato a uccidere Cerciello Rega dopo aver scambiato lui e Varriale per criminali. Varriale ha testimoniato che i due ufficiali si sono avvicinati ai giovani per strada dal fronte e hanno mostrato i loro distintivi, anche se quello di Cerciello Rega non è mai stato ritrovato.

11 coltellate per un’omicidio sono prassi per un serial killer e non per un ragazzo, per quanto esaltato sia; però, ci sono ancora molti punti oscuri legati alla vicenda che non riescono a chiarire la sentenza. Ciò che hanno fatto i ragazzi americani è ben chiaro, ma pare che da parte dei carabinieri, di Brugiatelli e di Pompei, lo spacciatore che ha acceso la miccia; ci siano versioni molto fosche e dubbie che lasciano spunti a varie interpretazioni. C’è poi da dire che i ragazzi fossero sotto effetti di alcool, quindi poco lucidi, e che in quel momento non pensavano di stare di fronte a due agenti di polizia, ma davanti a due “presunti amici” di Brugiatelli, dopo che l’amico pusher di quest’ultimo gli aveva raggirati. Non è una sentenza di cui andar fieri e che presenta poca chiarezza soprattutto sul modus operandi dei carabinieri che, al posto di fare chiarezza, sono riusciti a depistare e a rendere ancora più difficile il lavoro della magistratura che, ad oggi, non ha ben chiara la dinamica dei fatti.

Ma questa è una storia ancora da scrivere, la nostra vicinanza va alla vedova, alla famiglia e ai carabinieri che hanno perso un collega, un compagno e un fratello che, purtroppo per loro, non ritornerà. Ma il nostro cordoglio si unisce anche ai parenti dei due ragazzi americani che in questo momento sono disperati nel vedere il futuro dei due giovani rampolli sfumati per una “bravata” finita male.

Si spera che, per tutti, anche per i rapporti Usa-Italia, venga fatta chiarezza al più presto sulla vicenda. Nessuno vuole si creino presupposti di vendette giuridiche che diano il pretesto ai tribunali americani di creare altri casi “Chico Forti”. Bisogna far chiarezza. Sia fatta giustizia. Avanti!

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