Iran: eseguita prima condanna a morte ai danni di un rivoltoso per la “guerra contro Dio”

Di Mirko Fallacia

La guerra civile in Iran raggiunge il suo punto più basso giovedì dopo che la magistratura della Repubblica islamica ha annunciato che Mohsen Shekari – arrestato nell’ambito delle manifestazioni che, da quasi tre mesi, chiedono maggiori libertà in Iran – è stato giustiziato.

E’ la prima esecuzione di un manifestante dall’inizio delle proteste anti-governative nel Paese, scattate a metà settembre dopo la morte, in custodia della polizia morale, di Mahsa Amini.

Shekari era stato giudicato colpevole da un tribunale rivoluzionario che lo aveva accusato del reato di “guerra contro Dio” per aver bloccato una strada “con l’intento di creare terrore e uccidere” e aver ferito “intenzionalmente”, con un’arma da taglio, un membro della forza paramilitare dei Basij, mentre era in servizio.

La magistratura riferisce che l’imputato aveva confessato. La sentenza era stata poi confermata dalla Corte Suprema.

Dopo la morte di Shekari altri attivisti potrebbero essere presto giustiziati. Sono almeno sette le persone che aspettano un verdetto per aver partecipato alle manifestazioni e che sono state condannate alla pena capitale.

“Bisogna rispondere in modo forte, con misure concrete a livello internazionale, all’esecuzione di Mohsen Shekari, altrimenti dovremo affrontare esecuzioni quotidiane di manifestanti”, ha scritto Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore del gruppo di attivisti Iran Human Rights con sede a Oslo.

Shekari era stato arrestato il 25 settembre, poi condannato il 20 novembre con l’accusa di “moharebeh”, una parola farsi che significa appunto “guerra contro Dio”, accusa che comporta la pena capitale.

La protesta in Iran viene arginata con violenza e il movimento di protesta, iniziato con le donne che manifestavano per maggiori libertà e il rispetto dei loro diritti umani, ha spinto anche molti uomini e diverse classi sociali uniti dalla richiesta di mettere fine al sistema stesso della Repubblica islamica.

Secondo le Ong per i diritti umani, le vittime della repressione da metà settembre sono oltre 400, di cui una sessantina minorenni.

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