La legge del 2017 che allargherebbe i casi in cui un poliziotto può sparare non va cambiata «perché si è limitata ad allineare le regole per la polizia a quelle all’epoca già in vigore per i gendarmi.
L’abbiamo preparata e votata noi della sinistra rispondendo alle richieste dei poliziotti spesso minacciati da auto che non si fermano all’alt».
Così al Corriere della Sera l’ex premier e ministro dell’Interno francese Manuel Valls. «L’agente – dice ancora – è stato subito incriminato e incarcerato. La morte di un ragazzo di 17 anni è un dramma. Ma quel minorenne non avrebbe dovuto trovarsi alla guida dell’auto, e non era la prima volta che guidava senza patente. Ora bisogna lasciare lavorare la giustizia».
«È vero – ammette – c’è violenza nella società francese, forse più che altrove in Europa. La Francia è un Paese giacobino, verticale, dove lo Stato è molto forte. La crisi dell’autorità dello Stato porta a rimettere tutto in discussione».
A questo si aggiunge che nelle banlieue «si sono concentrati gli immigrati e i loro discendenti, essenzialmente di origine africana. Parte di loro non si sono integrati, non si sono assimilati, non amano la Francia, le sue istituzioni, i suoi simboli».
Non è però, secondo Valls, un tema di povertà: «È stato speso molto denaro, in quei quartieri. Nanterre non è una città povera. Il lavoro c’è».
Piuttosto «sono crollate le grandi istituzioni politiche, il partito socislista, la chiesa, i sindacati, le grandi associazioni. Anche i sindaci non hanno più la forza che avevano vent’anni fa. E l’Islam ha preso un ruolo importante, forse eccessivo».