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Uniti contro la pandemia ma restare a casa non significa spegnere il cervello

by Bobo Craxi

Le imbarazzanti evoluzioni del Governo Conte

In una situazione drammatica come quella in cui siamo immersi non è onesto pontificare su ciò che sarebbe stato possibile fare e su ciò che non si stà facendo, rispondere con efficacia alla gravità di una pandemia senza precedenti per i milioni di persone che la soffrono in tutto il pianeta richiede valori di solidarietà e civiltà, conoscenza e fiducia nella scienza ed anche una capacità di azione ed organizzazione che dovrebbe risiedere nella politica.

Per questa ragione attenersi ad un buon grado di responsabilità è richiesto a tutti coloro che svolgono anche in queste settimane attività pubbliche attenendosi ad un principio di equilibrio e rispetto verso tutti coloro, professionisti della Sanità in testa, che vegliano sulla salute di tutti ed anche verso esperti che sudano le proverbiali sette camicie per tentare di contrastare il virus sulle persone che ha già contagiato. Cercando di sperimentare una formula compatibile con il sistema umano per debellarne definitivamente nel futuro l’aggressività letale.

Naturalmente a ciò ci si deve ispirare in linea di principio sapendo che essa è la priorità in questo momento.

Detto questo, ad un mese dall’inizio del lockdown, nel nostro paese si sono verificati una cifra impressionante di vittime e contagi che ci mette in cima alle classifiche mondiali; è chiaro che il dibattito politico debba fare un passo indietro ma è altrettanto chiaro che la linea a cui attenersi, quella del “restare a casa” e possibilmente in silenzio in attesa dei bollettini ufficiali e delle Conferenze Stampa del Capo del Governo, può calzare per regimi a democrazia guidata ma non per una nazione di 60 milioni il cui pluralismo politico gode di buonissima salute, almeno quella.

Questa idea malsana di “Non disturbare i manovratori” oramai lascia il tempo che trova dinnanzi a provvedimenti e mosse politiche interne ed internazionali che devono poter essere valutate e giudicate esattamente come si ci si trovasse in tempo di “pace”.

La gravidanza isterica, di circolari del Ministero dell’Interno, ha finito per gettare non soltanto nello sconforto i cittadini costrettisi a correggere settimanalmente gli ordini di servizio che sono stati emanati, ma ha dato l’impressione plastica delle difficoltà e delle incertezze in cui ha versato la tolda di comando per settimane, la difficoltà nell’assumere la decisione perentoria del totale isolamento dei cittadini nel paese e la sconcertante iniziale polemica fra le istituzioni dello Stato e le Regioni, segno inequivocabile che l’estensione di sussidiarietà operata dal Titolo V ha mostrato la corda dinnanzi all’emergenza imprevista, ma che ha trovato impreparato e sottodimensionato il nostro sistema sanitario.

Scartata la tentazione autoritaria, quella che ha prodotto esclusivamente decreti Presidenziali ed ha accennato alla necessità di promuovere l’attività parlamentare in remoto e delegando agli esclusivi ripetitivi talk-show il teatrino della politica quotidiana; altri provvedimenti sono stati adottati lasciando piuttosto perplessi, per non dire sconcertati, circa la necessità degli stessi, afferendo a questioni assai complesse, come quelle della sicurezza nazionale e del collegamento con i nostri alleati.

La presenza di militari russi sul nostro territorio, la colonna di carri che entrava nella città di Bergamo, ha avuto meno eco della suggestiva azione di solidarietà che hanno operato due nazioni amiche e vicine come l’Albania e la Tunisia che si sono limitate all’invio di personale sanitario, eppure l’operazione propagandistica di Putin ha aperto uno squarcio non soltanto sulla leggerezza con la quale, al netto delle perplessità dei nostri alti gradi militari, veniva fatta penetrare sul territorio una divisione di esperti di guerra batteriologica sotto gli ordini di un Generale proveniente dalla guerra siriana e accompagnata da un nucleo di agenti della sicurezza russa epigoni del famigerato KGB.

Ora naturalmente è lecito domandarsi e domandare a quale scopo e per quale ragione tale leggerezza sia stata compiuta nelle concitate settimane della guerra al coronavirus. E chi lo ha fatto come “La Stampa” di Torino si è vista arrivare un attacco frontale nientemeno che dal Ministero della difesa Russo, diciamo abituato ad aggredire la stampa libera e democratica, timidamente rimbrottato da un imbarazzato comunicato del nostro Governo.

La questione non è affatto di poco conto, se si tiene in considerazione che alcuni reparti che si sono mossi sono gli stessi del controspionaggio moscovita messo in stato d’accusa dai nostri alleati americani per lo scandalo Russia Gate. Una gaffe di cui potevamo farne a meno e che merita un approfondimento ed una risposta di tipo parlamentare. Così come merita un approfondimento la trascurata questione delle morti nelle carceri italiane allo scoppio del epidemia e in questa settimana a causa dell’epidemia. Intendiamoci sono numeri piccoli di fronte all’enormità dei decessi nel nostro paese. In questo caso però si tratta di una negligenza grave di un atteggiamento profondamente incivile che Stiamo riservando ai cittadini che sono stati riconosciuti colpevoli dalla legge ma anche verso cittadini in attesa di giudizio costretti nelle celle spesso in sovraffollamento che rischiano di contrarre il virus senza potersi difendere. Il nostro premier piange le vittime e cerca di coprire con una dose di umanità e di tono sobrio le inevitabili conseguenze di una crisi pandemica così lacerante.

Tuttavia pare non disdegnare anche disegni politici secondari, che riguardano la sua persona e che disegnano per il futuro anche una prospettiva di impegno diretto e di costruzione di un centro politico nuovo che prenda le mosse da questa esperienza, che anche i suoi collaboratori non nascondono essere stata esaltante seppur nella difficolta della situazione che lo vede in equilibrio fra decisioni da assumere in solitaria o ascoltando il braccio divenuto anch’esso debole e ondeggiante della “espertocrazia”, indecisa sul prolungamento dell’isolamento nazionale che non si vuole dire sino in fondo che sarà lungo, difficile, tortuoso ed anche imprevedibile nelle sue conseguenze sociali, morali ed economiche.

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