Avversata, dibattuta ma alla fine l’alleanza tra cinque stelle ha battuto un colpo nelle regionali che si sono svolte in Sardegna, con la vittoria della candidata Alessandra Todde.
Una vittoria non inaspettata ma combattuta perché tanto per cambiare il centro sinistra ha cercato di farsi del male da solo con le lotte intestine, su tutte la candidatura di Renato Sorù che certo non ha aiutato.
Ora al netto delle inevitabili discussioni circa le prospettive della coalizione , appare inevitabile una riflessione circa le opzioni che si aprono a livello nazionale.
Chiariamo subito come le possibilità del centro sinistra di prevalere sulla coalizione di governo alle prossime elezioni allo stato con le regole attuali sono legate all’alleanza tra il PD ed i 5 stelle.
Certo mancano ancora poco meno di 4 anni , salvo interruzioni anticipate della legislatura, ma è un dato di fatto che parliamo delle due formazioni politiche con il maggior consenso nel campo dell’opposizione ed è perciò ragionevole ritenere che se quando sarà il momento marceranno divise, la destra avrà gioco facile per una nuova vittoria.
Del resto ormai dovrebbe essere una regola : le coalizioni di governo non possono infatti essere come un cartello elettorale di forze che si mettono insieme perché aspirare alla guida del paese esige come minimo un programma condiviso e affinità di idee, pena la deflagrazione.
Tuttavia se ci riferiamo ai pentastellati e ai dem qualche dubbio sorge, visto l’andazzo con un rapporto fatto più di tensioni che di assonanze.
Nulla di particolarmente eclatante sia chiaro ma è un dato di fatto che le due formazioni più che essere alleate siano in competizione tra di loro e questo non è un buon segnale.
Esempi di questo genere purtroppo nel centro sinistra abbondano, visto che in un trentennio praticamente nessun esecutivo, premiato dalle urne è riuscito.
Chi non ricorda il secondo governo Prodi che resse il paese nel biennio dal 2006 al 2008 e che complice in primo luogo i rapporti complicati tra i suoi azionisti alla fine tornò mestamente a casa?
Una difficoltà che sembra esserci per la verità sia a livello nazionale che locale malgrado da qualche parte come in Sardegna si è arrivati ad un accordo.
Ma dove sta l’errore? Il problema è che alla base non abbiamo una vera alleanza strutturata e fondata su programmi davvero condivisi ma tutt’altro.
Una coalizione messa insieme senza avere alla base alcun collante con il solo obiettivo di battere la destra e non a caso una volta arrivati al governo cominciarono da subito i problemi con un epilogo che sin dal primo momento appariva scontato.
Ecco: la situazione attuale è più o meno la stessa perché 5 stelle e Partito democratico non potrebbero essere più differenti.
I Dem hanno una leadership, che piaccia o meno, derivante da un’investitura della base ed affonda le sue radici nella tradizione cattolica e nella tradizione comunista che sono alla base della vita politica di questo paese.
Al contrario i pentastellati sono una formazione nuova che sta lentamente e con fatica cercando una sua dimensione e non appare immune dall’eccessiva immedesimazione nella figura del leader come aimè gran parte dei partiti italiani di questo periodo.
I due partiti cercano quindi di marcare reciprocamente le differenze l’uno con l’altro in una sorta di competizione non dichiarata.
Questo perché per entrambi è una questione di sopravvivenza poiché nessuno può tollerare una prevalenza dell’altro pena la scomparsa.
Non si può immaginare neanche lontanamente infatti che un partito come quello democratico vada al traino dei 5 stelle così come i grillini non hanno alcuna prospettiva se accetteranno di essere azionisti di minoranza della coalizione, poiché verrebbe meno tutto il lavoro fatto in questi mesi da Giuseppe Conte di collocare a sinistra il movimento.
Attenzione questo non vuol dire che ci sia un’incompatibilità assoluta a fare un’alleanza ma occorre in primo luogo che entrambe le formazioni politiche trovino una propria identità e una precisa collocazione, in parole povere le due principali forze di opposizione devono entrare in una nuova fase politica.
Limite che a pensarci bene da troppo tempo affligge la politica italiana ed impedisce di far uscire il Paese da una fase di transizione che purtroppo non può nemmeno definirsi tale, visto che dura da più di 30 anni ahinoi!
Tornando alle opposizioni solo in questo caso le due segreterie potranno sedersi al tavolo e pensare all’alleanza perché in grado di sopportare il peso che deriva.
Chiaro che l’alleanza per definirsi tale, dovrà valere ad ogni livello sia nazionale che locale senza alcuna eccezione sui territori, altrimenti presto o tardi le differenze che pur ci sono torneranno a prevalere.
E cosa più importante fino a quel momento ogni successo sarà fine a se stesso e finito “ il giro” come troppe volte accaduto in passato si tornerà ad un continuo “ tira e molla” che porterà inevitabilmente ad un logoramento lento ma inesorabile dell’alleanza.
Insomma una rondine non fa primavera.