Grave fatto di sangue a Favara in provincia di Agrigento. E’ stato ucciso con due spari l’ex presidente del Consiglio comunale di Favara Salvatore Lupo che appena quattro anni fa nel 2017 era stato arrestato per estorsione.
Lupo aveva 45 anni ed era un imprenditore nel settore delle residenze assistenziali. Era stato sottoposto ad indagini in due inchieste dalla Procura di Agrigento: il primo caso per maltrattamenti ai danni di minori disabili psichici, mentre il secondo con l’accusa di aver costretto i propri dipendenti a restituire metà dello stipendio.
Dieci anni fa la sua auto era stata incendiata ed aveva svolto anche un’attività politica locale ricoprendo la carica di presidente del consiglio comunale di Favara.
Salvatore Lupo, è stato ucciso con due colpi di pistola in un bar di una via centrale della cittadina, nel giorno di ferragosto poco prima delle 18 sulla porta d’ingresso del bagno.
Il killer era giunto a bordo di una Porsche ed ha fatto tutto da solo, a volto scoperto ha eseguito la “sentenza di morte” fuggendo indisturbato.
Ora i Carabinieri della compagnia di Agrigento, che sono coordinati dai sostituti procuratori Paola Vetro e Maria Barbara Cifarinò, stanno cercando di raccogliere testimonianze per ricostruire la dinamica dei fatti e hanno acquisito le immagini dei sistemi di videosorveglianza presenti in zona.
Naturalmente le prime indagini si stanno concentrando sui rapporti personali della vittima, che pare avesse notevoli contrasti per ragioni economiche e anche tensioni in ambito familiare.
Era stato eletto in Comune nel 2011, nella lista del Movimento per l’autonomia dell’ex governatore Raffaele Lombardo e nel 2015 era diventato presidente del consiglio comunale ricoprendo la carica sino al termine del mandato consiliare nel 2016.
Poi nel 2017 era stato arrestato insieme alla moglie poiché i coniugi erano rimasti coinvolti in un’indagine per estorsione nell’ambito dell’inchiesta “Stipendi spezzati” della procura di Agrigento.
Era emerso infatti che ai dipendenti della “Cooperativa sociale Suami – Onlus”, diretta da Lupo che era amministratore unico, gli stipendi dovuti venivano prima accreditati su un conto corrente e poi veniva prelevata la metà del compenso dallo stesso datore di lavoro. Questo giro di prelievi forzosi di denaro riguardava oltre venti dipendenti.
Lo scorso 20 maggio, inoltre, Lupo è stato rinviato a giudizio insieme a da altri sette imputati nell’ambito di un’ulteriore e precedente inchiesta (“Catene spezzate”) con l’accusa di maltrattamenti fisici e psicologici ad alcuni minori inabili psichici, affidati per la vigilanza, l’assistenza e sostegno, a una comunità alloggio di Licata, altro centro dell’agrigentino. Nel novembre 2011, appena eletto consigliere comunale, l’auto di Lupo venne incendiata.