Di Ginevra Lestingi
I leader mondiali affermano che la guerra in Ucraina deve accellerare la transizione verde per spezzare la dipendenza dall’energia russa, ma non si comportano così.
Le energie rinnovabili, l’efficienza energetica e altri sforzi legati alla lotta al cambiamento climatico sono minati dalla corsa a breve termine per garantire abbastanza petrolio, gas e carbone per superare il prossimo inverno e mantenere bassi i prezzi dell’energia.
Nonostante il superficiale ottimismo però, i paesi stanno adottando misure tampone che potenziano i combustibili fossili e potrebbero finire in conflitto con le loro più ampie ambizioni climatiche.
Con l’aumento dei timori di un’interruzione delle spedizioni russe di gas naturale, i paesi dalla Grecia alla Polonia e alla Repubblica Ceca stanno allungando la vita delle loro centrali elettriche a carbone.
La Germania sta esplorando terminali di importazione di gas naturale liquefatto per sostituire il gasdotto russo, mentre Francia e Spagna hanno riavviato i colloqui per costruire il gasdotto Midi-Catalogna per collegare i terminali GNL della penisola iberica al più ampio mercato continentale.
Il primo ministro italiano Mario Draghi è stato in Algeria questa settimana per concludere nuovi accordi sul gas e il mese scorso il ministro tedesco del clima e dell’economia verde Robert Habeck è stato in Qatar.
Negli Stati Uniti, il presidente Joe Biden, intrappolato tra il desiderio di portare avanti la sua agenda climatica e di rispondere all’aumento dei prezzi del gas che agita gli americani, ha implorato l’industria del petrolio e del gas di aumentare la produzione, insistendo anche sul fatto che i prezzi fluttuanti del carburante sono un caso più forte per il passaggio all’energia pulita.