Dopo lo scandalo della sostituzione in corso d’opera del Gip, Donatella Banci Buonamici, che aveva scarcerato due indagati su tre solo per aver applicato la legge, sarà il consiglio giudiziario della Corte d’appello di Torino a occuparsi del garbuglio di Verbania. Luigi Montefusco, presidente del tribunale, ha trasmesso le carte per “le valutazioni di competenza”.
Il caso passerà direttamente al vaglio di Palazzo dei Marescialli. A interessarsi della questione saranno i consiglieri Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo che hanno chiesto al Comitato di presidenza l’apertura di una pratica. Inoltre, la Camera di Verbania, ha proclamato lo stato di agitazione con una giornata di astensione dalle udienze (il 22 giugno) e quelle di Torino, Alessandria, Novara e Vercelli si sono associate a tamburo battente.
Da Roma, l’Unione delle Camere penali la mette giù dura: “Un Paese nel quale può accadere che un Giudice che adotta decisioni sgradite all’Accusa venga bruscamente eliminato dallo scenario processuale, è un Paese che calpesta la Costituzione”.
Intanto la Buonamici fa sapere che “Parlerò nelle sedi opportune”. Dopo le scarcerazioni la giudice aveva ricevuto delle minacce, e la procura generale, da Torino, ha chiesto maggiori dettagli. Il Gip, Banci Buonamici, il 29 maggio si era autoassegnata l’udienza di convalida dei fermi – al termine della quale aveva clamorosamente bocciato gran parte delle tesi della procura di Verbania – perché la giudice Palomba, che a sua volta sostituiva la collega Ceriotti assente fino al 31 maggio, era impegnata in un altro processo.
La decisione, scrisse, era stata presa dopo aver “sentito” il presidente Montefusco. Il quale, però, ieri ha eccepito che l’autoassegnazione, “se giustificata dalla convalida del fermo, non è conforme alle regole di distribuzione degli affari” all’interno dell’ufficio. La dottoressa Banci Buonamici entrava in gioco, in teoria, come supporto alla collega Palomba solo per le cosiddette “udienze di smistamento”.
Infatti, la sostituzione è avvenuta mentre la giudice stava decidendo se accogliere o meno la richiesta di incidente probatorio presentata da uno degli avvocati difensori. Un atto su cui la la procura di Verbania si era opposta con forza. I pm hanno anche presentato al tribunale del riesame di Torino l’appello contro le due scarcerazioni, affermando che il materiale raccolto nell’ultima settimana consente di mettere a fuoco le responsabilità non solo del caposervizio Gabriele Tadini (l’unico agli arresti domiciliari) ma anche del gestore Luigi Nerini e del direttore Enrico Perocchio.
Di sicuro quella che viene presa in considerazione in questo caso non è la giustizia, bene assoluto che permette la convivenza e il rispetto tra gli individui, ma il furor di popolo, che mosso da media senza scrupoli, è sempre pronto ad aprire la stagione del taglio delle teste.
Ora, nessuno vuole mettersi nei panni di chi abbia dovuto prendere questa determinata decisione, però, farsi influenzare prima di prendere soluzioni che cambiano drasticamente le vite delle persone, senza applicare la legge, semplicemente perché il popolo vuole la condanna, non è un valido esempio di giustizia razionale. Il popolo non può condannare la giusta applicazione della giustizia. Altrimenti verrebbe meno l’utilità dell’intera magistratura.
Quello che si chiede è giustizia, ogni uomo la pretende! E anche se alle volte è difficile da ottenere, non può essere calpestata distruggendo i diritti di un indagato solo per arrivare prima alla verità.
Non possiamo far si che la Giustizia si lasci influenzare dai movimenti forcaioli di piazza; e poi si lamentano se se ne vanno in Tunisia solo perché in Italia non si assiste a processi equi. Siate coerenti e applicate la vera giustizia e non quella di convenienza. Bisogna cambiare in questo. Avanti!