La Sicilia è al bivio ancora una volta tra autonomia speciale e occasioni perse nelle solite dinamiche di un potere regionale inefficace e incapace che non riesce a rispondere ai bisogni sociali dell’Isola.
Ora si vivrà un’altra grande attesa con le prossime elezioni regionali del prossimo autunno, si apre il sipario di questa campagna elettorale dove già scende in campo un primo attore politico.
E’ ormai ufficiale la corsa per la Presidenza della Regione dell’avv. Cateno De Luca, ex sindaco di Messina, fumantino e pittoresco politico che esprime secondo molti osservatori con rara e originale veemenza quella fase suprema del “populismo” fatto di gesti clamorosi, ribellioni, fratture con i poteri regionali e nazionali.
(S)cateno, come viene soprannominato, proprio per la sua indole senza freni inibitori è l’erede del tentativo di portare all’estreme conseguenze l’applicazione previsti dallo Statuto speciale.
Non bisogna dimenticare che è stato un amministratore nel Comune dello stretto ed ha comunque operato con atti concreti e con una dose di pragmatismo che smentisce l’immagine pubblica che emana.
Oggi è a capo di un movimento da lui fondato “Sicilia vera”, l’ennesima versione di una politica federalista mai riuscita in modo compiuta rilanciando con forza ancora una volta l’eterno tema del ponte sullo stretto.
Mentre il centro destra è nella bagarre per la riproposizione di Nello Musumeci non gradito dall’intera colazione in cui Lega e Forza Italia sono in via di dissociazione e quando nel frattempo il centro sinistra si prepara alle primarie on line per la scelta del candidato designato a sfidare gli altri concorrenti, De Luca e il suo movimento viaggiano vorticosamente alla ricerca di una consenso che diviene ogni giorno più cospicuo.
Oggi vogliamo parlare di queste prospettive future che si aprono con l’avv. Santo Primavera, consigliere comunale di Giarre, candidato autorevole dello schieramento di De Luca per l’elezione all’Assemblea Regionale Siciliana nel collegio di Catania.
Cosa ti ha spinto a scegliere “Sicilia vera”?
La gente vuole ribaltare il tavolo della politica siciliana, e proprio questo è fra l’altro il mio slogan elettorale, perché non ne può più di chiacchiere ed incapacità di chi ci governa.
La politica siciliana continua a dare solo cattivi esempi. Sicilia Vera è un movimento di popolo e non di apparati. Conosco Cateno De Luca dal 2011, quando Sicilia Vera muoveva i primi passi, proprio De Luca mi invitò a presentare un mio libro in un incontro politico.
A seguito di quell’evento, nacque il mio terzo libro “La Sicilia sotto pressione”, in cui ho analizzato i diversi motivi politologici e sociali del fallimento dell’autonomia siciliana.
Uno, ciò che il politologo americano Joseph La Palombara aveva descritto nel suo viaggio in Italia come sistema di “parentela e clientela” partitica è degenerato in Sicilia nella figura del parlamentare siciliano sempre più “imprenditore” del consenso clientelare personale, con conseguenze nefaste sul governo delle istituzioni.
Qual è il bilancio di questa legislatura regionale?
Non vedo grandi riforme legislative varate dal Parlamento siciliano e ciò denota la mancanza di visione politica.
Il governo ha cercato di amministrare l’ordinario con tante pecche, lo straordinario è stato bandito non solo dall’agenda politica, ma perfino dai compiti quotidiani.
Pensi sia possibile mutare il corso delle cose in Sicilia?
Rompendo lo schema clientelare, in cui il parlamentare è divenuto imprenditore del consenso personale, certamente sì!
Purtroppo, in assenza di organizzazioni politiche serie e democratiche, non ci si confronta più sulle sfide non dico ideologiche, perché gli ideali sono rimasti solo nei buoni consigli, salvo poi dare cattivi esempi, ma quantomeno programmatiche.
Il confronto è diventato uno scontro di forza fra clientele, fondate sulla promessa relativa al bisogno dei deboli.
In questo contesto politico chi veramente agisce per realizzare ed interpretare le ragioni economico-sociali dell’autonomia regionale siciliana?
Che proposte avanza sul piano del programma De Luca?
L’autonomia siciliana, intrepretandola con coraggio, capacità e competenza. Cateno De Luca ha già dimostrato quanto vale sul piano amministrativo e di governo della cosa pubblica a Fiumedinisi, Santa Teresa Riva ed ultimo a Messina.
A suo avviso il dibattito tra autonomismo e federalismo è giunto al capolinea?
Cateno De Luca e Sicilia Vera propongono una nuova chiave di lettura del rapporto Sud-Nord. La semplice mera rivendicazione storica contro il Nord è retorica e per di più fallimentare.
Tale approccio è stato soltanto strumentale per altri movimenti che hanno poi utilizzato per fini personali il consenso popolare dapprima riscosso.
L’emergenza pandemica, la crisi della globalizzazione, il conflitto ucraino hanno imposto un cambio di rotta all’Europa.
In questo scenario di crisi internazionale non è concepibile un’Italia a due velocità che rischi1a perfino di incepparsi. Il Sud aspira ad un vero e forte movimento popolare per aprire un dialogo politico, schietto e franco con il Nord per confrontarsi insieme con l’Europa con un sistema Paese unito e competitivo rispetto ad altre nazioni europee, in cui le industrie italiane delocalizzano per le migliori opportunità di spesa della Comunità europea.
Per fare ciò occorre intanto che il Governatore siciliano, il “Sindaco di Sicilia” Cateno De Luca, si confronti con lo Stato e con la Comunità europea con coraggio e con le carte in regola.
La Sicilia, invece é oggi al palo, perché non riesce nemmeno a programmare e progettare le risorse del Recovery Found, cosiddetto Pnrr.
Per il mio sostegno politico-elettorale ho lanciato un video- appello agli amici repubblicani, e qui lo faccio per gli amici socialisti. Riconosco che i primi veri autonomisti ed ideatori della “sussidiarità”, ormai capo saldo delle politiche comunitarie, sono stati già fin dal periodo risorgimentale proprio i repubblicani e i socialisti, con le leghe cooperative, le società operaie di mutuo soccorso e poi le organizzazioni sindacali, sebbene la vulgata cattolica individui quale fondatore ideologico Don Luigi Sturzo che a mio parere ha semplicemente depurato dal marxismo e dalla lotta di classe tale approccio socio-politico.
Il nostro statuto nel proprio articolato è impregnato di profonda cultura giuridica socialista e di forte cultura politica sicilianista ed indipendentista.
Oggi si cerca la classe dirigente onesta, preparata e capace che sappia realizzare e rilanciare nel contesto attuale le ragioni profonde dell’autonomia siciliana.
Che ricette deve avere il nuovo governo per superare le emergenze rifiuti, acqua e trasporti?
Un approccio realista e pragmatico, bandendo in partenza i comitati di affari che sono nati sul clientelismo parlamentare.
Che idea si è fatta degli endorsement politici di Cuffaro e Dell’Utri?
La Galla, con ciò che sta accadendo a Palermo, quantomeno passerà alla storia per avere riaggiornato suo malgrado in Sicilia e perfino in Italia il perimetro di declinazione della “questione morale”.
Il Segretario siciliano del Partito Repubblicano, Pietro Currò in occasione del Congresso nazionale del partito, ha portato in votazione dell’Assemblea nazionale una mozione proprio sulla questione morale.
I repubblicani dimostrano come sempre che la storia è maestra di vita. La questione morale di berlingueriana memoria prima nasce come epiteto politico contro il malaffare, la corruzione morale e materiale della partitocrazia, poi viene interpretata da Eugenio Scalfari in una crociata anti socialista quale strale contro la lottizzazione delle istituzioni, oggi si declina quale cesura netta nei confronti di chi già condannato con sentenza passata in giudicato per reati di mafia rientra nell’agone politico per organizzare direttamente una forza politico-elettorale.
A nessun uomo può essere sicuramente negato in un sistema democratico la propria libertà di opinione ed azione, ma ciò è assolutamente diverso dall’organizzare una forza elettorale a vasto raggio.
E comunque, è già assurdo che la politica siciliana piuttosto che guardare avanti vada “a spasso nel tempo”, ricordate il film di Vanzina, nella ciclicità degli errori storici di cui la Regione siciliana, le istituzioni e il popolo siciliano piangono ancora i danni, ahimé, irreversibili.