Grande scandalo a Torino! Nella città, si sono operati arresti e sono in corso indagini nel mondo oscuro dei fallimenti di impresa. Vi è l’accusa di bancarotta fraudolenta per oltre 40 milioni di euro e sono indagati professionisti illustri che hanno predisposto i piani di ristrutturazione aziendale.
Un vero e proprio terremoto scatenato dalla Guardia di Finanza di Torino che ha arrestato tre imprenditori, noti nel campo delle ristrutturazioni d’impresa, e indagato tredici persone, tra le quali il più noto, l’ex presidente di Finpiemonte Stefano Ambrosini, noto professore e avvocato torinese; inquadrato nelle indagini come una sorta di asso pigliatutto nel mondo delle amministrazioni straordinarie.
Cinquanta militari hanno eseguito, in sei regioni nell’ambito dell’inchiesta Icaro, indagini per bancarotta fraudolenta per Sepad e Piemonte Printing. L’inchiesta è coordinata dal sostituto procuratore Ciro Santoriello e validata dal gip Mariafrancesca Abenavoli.
Secondo gli investigatori gli imprenditori avrebbero prima riorganizzato gli assetti societari accentrando tutta la crisi su una singola società, e poi avrebbero svuotato dei beni le società collegate, già fortemente indebitate, lasciandole prive di prospettive e con patrimoni netti negativi, ritardando il momento in cui la crisi è diventata lampante.
Gli imprenditori si avvalevano dell’opera fraudolenta di una serie di noti professionisti torinesi che avrebbero consigliato i trucchi e i sotterfugi utili a condurre l’operazione. Le irregolarità commesse venivano architettate con abili giochi contabili e hanno consentito a una società di revisione di attestare in bilanci, in quanto ritenuti redatti in modo poco chiaro; non riportando in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria.
Il risultato economico era compilato nel presupposto che le società potessero continuare a esistere nonostante questo non fosse possibile. Era un vero e proprio sistema collaudato e, infatti, invece di avviare le procedure di fallimento, che avrebbero consentito ai creditori di ottenere quanto spettava loro, gli imprenditori avrebbero aggravato il dissesto proponendo al tribunale l’ammissione al concordato preventivo e indicando nel piano, come asset per soddisfare le richieste dei creditori, un immobile gravato da ipoteca e fidejussioni inesigibili rilasciate da una società non autorizzata a questa attività.
La Guardia di Finanza ha eseguito gli arresti degli imprenditori e le relative perquisizioni in venti società del gruppo imprenditoriale. A uno dei professionisti che ha assistito gli indagati nella predisposizione dei piani di ristrutturazione aziendale è stato inoltre notificato l’avviso di conclusione indagini relativo a ulteriori reati fallimentari che sarebbero stati commessi con lo stesso modus operandi nell’ambito di un diverso fallimento oggetto di altra indagine.