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Sanchez martedì riprova l’investitura

by Bobo Craxi

Dopo 45 minuti di discorso alle Cortes Pedro Sanchez, “investito” del ruolo di candidato alla guida del governo spagnolo, pronuncia la fatidica parola “Cataluna”, ovvero l’alfa e l’omega dell’impatanata situazione politica nazionale di una nazione europea che, in pieni marosi di crisi economiche e internazionali, sta affrontando da anni una vicenda territoriale di cui non riesce a venirne a capo e che si spera possa trovare con la formazione del nuovo governo almeno una fase di tregua e di dialogo politico.
Sanchez e il Psoe non hanno ottenuto i voti sufficienti per governare da soli e hanno fallito il primo tentativo di formare un governo con Podemos, l’erede dalla sinistra comunista trasformatasi in un blocco politico-sociale movimentista con vocazione di governo. Ritornati alle urne, gli spagnoli hanno aumentato la fragilità del quadro politico, indebolendo i socialisti e rafforzando le destre e mantenendo arbitri decisivi della partita i movimenti politici regionalisti ed indipendentisti.
Alla fine i catalani di Esquerra Repubblicana hanno ceduto e si asterranno consentendo il varo di un governo fragile ma che non ha alcuna alternativa praticabile e che si pone come primo obiettivo quello almeno di attenuare il danno già determinato dalla crisi istituzionale fra lo Stato centrale e la Catalogna, ovvero una regione decisiva per ragioni storiche, economiche e politiche.

“C’è un conflitto politico che va superato attraverso il dialogo e la fine dell’approccio giudiziario alla vicenda”. Sanchez è stato assai esplicito, i nemici del dialogo risiedono innanzitutto in coloro che hanno cercato di affrontare l’epica indipendentista attraverso la criminalizzazione giudiziaria e in coloro che hanno spinto sull’acceleratore dell’identità nazionale catalana creando settori della società stessa che si sentono “ ignorati e trattati ingiustamente” così come coloro che si sono sentiti offesi per il trattamento subito dalle istituzioni spagnole, producendo un distacco dalla politica e la radicalizzazione del conflitto. Un discorso crudo, netto che rimprovera ai Popolari di aver creato le basi per la disgregazione mentre non esiste altra via che quella del “dialogo”. E la legge da sola non è sufficiente anche se questo dialogo deve riavviarsi dentro la cornice costituzionale ma non siamo certo di fronte né all’”apocalissi né dinnanzi alla fine della Spagna”.
Gli applausi provenienti dal settore più radicale dell’indipendentismo catalano di sinistra, ovvero da Esquerra che ha il suo leader, Oriol Junqueras, ancora rinchiuso nelle galere catalane, sono stati il gesto più critico proveniente dal variegato mondo separatista di destra e di sinistra che è già pronto a bollare con l’epiteto “traditore” il voltafaccia dialogante di questo partito. Traditore è anche la parola che riecheggerà nella piazza che la destra spagnola ha già convocato per salutare il futuro governo Sanchez e additarlo come un Esecutivo pericoloso per la democrazia e per l’unità della nazione.
Coi venti di guerra che arrivano da Oriente anche l’instabilità politica spagnola potrebbe averne un qualche contraccolpo. Del resto il tentativo della sinistra socialista e radicale è quello di incominciare a mettere fine a un conflitto interno che sta perdurando nel tempo e che mette a rischio non solo le istituzioni ma la stessa convivenza civile e quindi è naturale che chi ha prosperato nel conflitto veda i segnali di distensione e di pace come un rischio mortale.
Le destre nazionali, spagnola e catalana, in questo sono assolutamente speculari, ma il governo Sanchez anche nella sua debolezza può essere un punto di riferimeno per i progressisti in Europa e la Spagna un paese significativo per il dialogo con il mondo arabo che sembra esser uscito dall’agenda di una timida e flebile politica estera europea.
Adesso si attende il dibattito e il primo voto. Sanchez potrà farcela al secondo tentativo attraverso le astensioni dei partiti regionali e indipendentisti, fatto salvo imprevisti e colpi di scena dell’ultimo momento ai quali la politica spagnola ci ha abituati da un po’.

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