Le personalità politiche della Prima Repubblica sono cadute in un cono d’ombra e ancora oggi poco conosciute e poco apprezzate per il ruolo che hanno svolto nella vita democratica e nelle istituzioni poiché si è affermata una sommaria vulgata storiografica negativa, condotta ad arte da chi aveva interesse alla mera propaganda di partigianeria politica.
A questa lacuna storica cerca di supplire con una collana di monografie su figure del passato denominata: “Prima repubblica” edite da Efeso e di cui è autore e curatore il giornalista e scrittore, Orazio Longo, per anni collaboratore del Giornale di Sicilia e dell’emittente catanese Telecolor e che ha scritto numerosi libri.
Si è iniziato con la pubblicazione del libro: “Salvo Andò: dalla inchiesta sulla P2 e al crollo del Psi” narrando aspetti della storia del politico siciliano che oggi ha 76 anni e che laureatosi in Giurisprudenza, ha svolto una brillante e luminosa carriera di docente universitario, insegnando a Catania, a Malta e a Roma ed è stato Rettore all’Università Kore di Enna.
Nel libro però si tratta soprattutto della sua esperienza politica essendo stato Andò uno degli esponenti di primo piano del Partito Socialista Italiano negli anni ottanta. Figlio del primo sindaco socialista di Giarre (Catania) Biagio Andò, figura assai amata nella sua terra, che dal 1946 al 1953 mantenne questa carica e che poi divenne deputato nazionale sino alla sua prematura morte nel 1960.
Il primogenito, Salvo Andò, ha seguito con passione e dedizione le orme paterne ed ha percorso tutte le tappe più importanti della carriera politica assurgendo a incarichi da uomo di Stato. Iniziò anch’esso come consigliere comunale proprio a Giarre a 25 anni nel 1970 ed fu rieletto sino al 1985.
Tra l’altro fece una consiliatura anche al Comune di Catania quando già era deputato nazionale. Il grande balzo di Andò, dunque, avvenne nel 1979, quando venne eletto a 34 anni parlamentare nazionale e fu riconfermato per quattro legislature sino al 1992.
Tra le cariche più importanti quella di vicepresidente vicario della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2. È stato presidente del gruppo parlamentare della Camera dei Deputati sino giugno 1992, e prima ancora membro della Direzione Nazionale e della Segreteria nazionale del Psi, strettissimo collaboratore di Bettino Craxi.
Dopo avere svolto ruoli di vertice nel Psi fu nominato Ministro della Difesa nel primo governo Amato dal giugno 1992 all’aprile 1993.
In quest’opera di Longo si ripercorrono tutte queste tappe della folgorante e prestigiosa carriera di Salvo Andò, descritto come un politico competente e preparato e pervaso da una forte passione ideale e politica e nel libro si colgono in pieno gli aspetti più salienti e significativi di questa ascesa.
La prima edizione di questa pubblicazione è andata immediatamente esaurita e ora è uscita la seconda edizione ristampa con qualche aggiornamento. Questo libro ha il pregio della snellezza, della facile e agile lettura, semplice nella comprensione dei fatti spesso complessi e oscuri, ed è rivolto a tutti coloro che vogliono sapere, approfondire e rinverdire la memoria per conoscere meglio episodi di fatti ormai lontani.
Da consigliare naturalmente non solo agli addetti ai lavori, bensì ad una vasta platea di lettori di tutte le età e in special modo ai giovani che possono comprendere meglio un periodo di un epoca seppellita nel tempo. In tale ricostruzione si tracciano con grande chiarezza e estrema lucidità alcuni episodi emblematici che si intrecciano con l’esperienza politica e umana di Andò e che, a giudizio dell’autore, è anche condivisibile e rivestono particolare rilievo.
In particolare si getta una luce sulla stagione politica di massima crescita del Psi e di Andò, che vanno dal 1979 al 1992, e che sono anni ancora oggi poco studiati e approfonditi sul piano storico e che corrispondono con la fase in cui il parlamentare socialista ha svolto il suo intenso e poderoso impegno nel Psi a livello nazionale e nelle istituzioni repubblicane.
Vengono evocati da Longo tre momenti cardine: il primo quando Salvo Andò fu nominato vice presidente vicario della Commissione bicamerale di inchiesta sulla Loggia P2 presieduta da Tina Anselmi; il secondo quando Salvo Andò, Ministro della Difesa, dopo la drammatica strage di Via D’Amelio, mise in atto l’Operazione Vespri siciliani, in cui si dispiegarono i militari per il controllo del territorio; infine il periodo di Tangentopoli in cui crollò il Psi e che vide Andò persino come uno dei possibili candidati alla Segreteria Nazionale per succedere al dimissionario Bettino Craxi.
E’ una rivisitazione documentata e sintetica per ovvie ragioni editoriali, in cui l’autore intende mettere in evidenza, al di là dei fatti e delle vicende in sé, la qualità politica e culturale di Salvo Andò, rispetto ai tempi che viviamo, pur non mancando di sottolineare rilievi critici sull’azione del politico socialista e, quindi, a scanso di equivoci non si tratta di una pubblicazione elegiaca o apologetica sulla politica o i politici del passato, mentre si tenta di osservare con obiettività e imparzialità l’azione svolta dai politici di quel periodo.
Il libro inizia con l’ampio capitolo dedicato alla scoperta della P2 con un’analisi di un fenomeno corrosivo della vita democratica che l’autore titola come “Non fu solo propaganda” e che apre uno spaccato di verità storiche sullo scenario della Loggia Propaganda P2 che, rilette oggi, spiegano il clima pesante e torbido di quegli anni.
Proprio a quasi 40 anni dall’istituzione della Commissione Parlamentare, il 2 Giugno 1981, interessanti sono i documenti riportati tra cui il contenuto delle domande che Salvo Andò, vice presidente, insieme agli altri componenti della Bicamerale, posero a Giulio Andreotti.
Si ricorda nel libro la notte tra il 19 e il 20 luglio 1992 dopo la strage di Paolo Borsellino e degli uomini della scorta quando raggiungono Palermo i ministri Martelli e Andò, i responsabili dei vertici dell’Arma, della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, nonché dei Servizi.
Con una Nazione sconcertata e sotto choc, in uno dei periodi più bui della Repubblica con un contesto tragico e drammatico, si iniziò una dura lotta a “Cosa nostra” e si concordarono i provvedimenti necessari per trasferire i più pericolosi boss mafiosi nelle carceri di Pianosa e dell’Asinara e si ideò l’operazione Vespri Siciliani in cui Andò ebbe un ruolo fondamentale.
Infine, nel libro si affronta quella che Salvo Andò definì in una pubblicazione: “La resa della Repubblica” e la fine del sistema politico dei partiti con la diaspora socialista che coincise con Tangentopoli e che vide il 16 gennaio del 1993 Bettino Craxi difendersi dalle accuse e reagire con orgogliosa veemenza: “Contro di me sono state organizzate e lanciate vere e proprie campagne di aggressione personale e politica la cui portata è tale che sarebbe difficile trovarne comparabili precedenti in tutta la storia della democrazia repubblicana ed anche oltre”.
La P2, i Vespri Siciliani, il crollo del PSI che sono fatti narrati e valutati con “l’occhio critico e attento” del giornalista e scrittore, Longo, che certamente possiede e anche attraverso il racconto ragionato, lucido e intelligente di uno dei protagonisti, Salvo Andò, che parla attraverso gli atti riportati nel libro.
Colpisce molto sul piano umano ed emotivo quando da Presidente del Gruppo Parlamentare del Psi alla Camera dei Deputati, poco prima di essere nominato Ministro della Difesa nel Governo Amato, Salvo Andò, pronunciò un discorso il 25 maggio 1992 alla Camera dei Deputati, due giorni dopo la strage mafiosa di Capaci, in cui trovò la morte Giovanni Falcone, e che mostra il limpido legame di amicizia e di sincera lealtà a cui era legato in quegli anni con il valoroso giudice, chiamato a collaborare alla Direzione Generale dal Ministro della Giustizia, Claudio Martelli.
In merito alla strage di via D’Amelio, in cui rimasero uccisi Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta, anche recentemente Fiammetta Borsellino, ha ricordato che Andò incontrò il giudice casualmente poche settimane prima della sua uccisione, informandolo di un rapporto investigativo dei Ros che parlava di un potenziale pericolo che correvano entrambi.
In quell’occasione l’ex Ministro ha dichiarato: «Ebbi l’impressione che Borsellino non sapesse nulla della circostanza e che nessuno gliene avesse fatto cenno». Infatti Borsellino ebbe su questo uno scontro con il Procuratore Giammanco di Palermo che, pur essendo a conoscenza di questo report, non l’aveva informato.
Per le questioni politiche nel libro, Salvo Andò, esprime la sua amarezza per una storia che poteva essere diversa e che ha segnato una transizione alla Seconda repubblica e che, anche a detta dello stesso autore, ha prodotto un lento declino del Paese e della sua classe dirigente.
Ecco un brano tratto dal libro in cui l’ex ministro, Salvo Andò, manifesta il suo pensiero e spiega con lungimiranza quel che avvenuto: “Le aspettative popolari di una rifondazione della Repubblica che facesse di esse non la repubblica dei partiti ma la repubblica delle procure ha non solo allargato l’orizzonte delle inchieste ma ha sovraccaricato il pool di una responsabilità squisitamente politica. Tangentopoli è stata una bomba lanciata sul sistema politico, e il Psi il punto d’impatto. Il pesce grosso. Saltando il Psi sarebbe saltato l’intero sistema di alleanze politiche. Dopo di noi c’era stata una sorta di dichiarazione di rito che diceva di non tornare alla prima Repubblica. Oggi si è capovolto il paradigma, perché questa repubblica è agli antipodi rispetto alla prima, quanto a prestigio internazionale, e adesso anche nella considerazione dei cittadini. Mai eravamo scesi così in basso. Più la cultura populista diventa cultura politica dominante più si abbassa la qualità delle classi dirigenti. La storia di questi ultimi vent’anni ha dimostrato che la Seconda repubblica è stata un salto verso l’ignoto. Con la riduzione dei parlamentari avremo un ceto politico ancora più servile, con scarso senso del decoro istituzionale, che non ha l’idea di cosa sia l’etica pubblica, disposto ad essere svergognato per un ingiusta appropriazione di risorse pubbliche che mensilmente integra entrate come quelle delle indennità. Questo metodo padronale di selezione delle classi dirigenti è il più grande scandalo di cui ci si dovrebbe occupare”.