Riforma pensioni: Quali sono le proposte?

La svolta e il ricambio generativo nel campo della Pubblica Amministrazione, e non solo, avvenuti grazie a Quota 100, pare destinata a cedere il passo ad un meccanismo più strutturato che si basi più sui numeri che sulla propaganda elettorale.

Infatti il governo, per mettere una pezza a quella manovra pensata male, ha intenzione di ristrutturare la riforma delle pensioni con con Quota 102 nel 2022 e nel 2023, e con Quota 104 nel 2024. Oppure un meccanismo più graduale, con Quota 102 nel 2022, Quota 103 nel 2023, Quota 104 nel 2024.

Anche se pare che il governo stia sparando i suoi numeri a caso, nelle ultime ore sono state fatte delle simulazioni per capire quale sia l’alternativa ideale.

L’unico problema, però, rimane l’intesa della maggioranza che, essendo grande come sempre, perde tanto tempo nelle trattative per preservare gli interessi di partito.

Insomma, di tornare alla vecchia Riforma Fornero non se ne parla e, quindi, la Lega parla di compromesso lasciando carta bianca al premier.

Su queste soluzioni sono in corso, in queste ore, le simulazioni del governo. Si prova a trovare un’intesa nella maggioranza e con i sindacati sul meccanismo “graduale” di ritorno al sistema ordinario di pensionamento previsto dalla legge Fornero. E’ al vaglio un mix di misure, per tutelare le categorie più fragili.

Il governo è a lavoro per cercare la soluzione più sostenibile ed efficace, ma i punti fermi rimangono due: bisogna allontanarsi dal sistema delle quote, più volte bocciato anche dall’Europa, e non far lievitare troppo le risorse a ora previste per le pensioni in legge di bilancio, con soli 600 milioni nel 2022.

Ma Salvini rilancia e chiede al premier di salvare a tutti costi la sua amata Quota 100 almeno per alcune categorie. Ma il premier da Bruxelles, rimanda al mittente dicendo che “Non concordavo” con quella misura.

Il destino di Quota 100 “è oggetto di discussione della legge di bilancio, che presenteremo la settimana prossima. Io ho sempre detto che non condividevo Quota 100: ha una durata triennale e non verrà rinnovata “, dice il presidente del Consiglio rispondendo ad una domanda nella conferenza stampa successiva al Consiglio europeo.

“Quello che occorre fare – ha aggiunto – ora è assicurare gradualità nel passaggio alla normalità. Occorre essere graduali. I dettagli verranno resi noti nel corso della legge di bilancio”.

La proposta verrà messa in cantiere da martedì, quando il ministro dell’Economia Daniele Franco porterà una proposta embrionale a cui il Cdm lavorerà da qui alla prossima settimana.

Ma vi è un perimetro circoscritto dai diktat del ministro dell’Economia, definiti da alcuni “la gabbia di Franco”, da cui non si può fuoriuscire.

Il confronto per ora rimane sospeso e ciò che è stato detto è semplicemente un pourparler, ma Salvini si aspetta una chiamata da Draghi sulla questione, essendo a capo del partito che si intesta la paternità di Quota 100. Le soluzioni a cui mira il governo sono molteplici, visto che ognuno propone qualcosa di diverso.

Una delle opzioni elaborate dal ministero dell’Economia è il mix delle tre “quote” 102, 103 e 104. Con in più un rafforzamento, su cui è forte la spinta del Pd, dell’Ape social per i lavori gravosi alle categorie individuate dalla commissione Damiano.

Altro nodo gordiano rimane l’Opzione donna, lo strumento di flessibilità per le lavoratrici, ma non è detto che venga ripristinato per rimediare al fatto che le quote penalizzino le donne.

Altra proposta che piace tanto anche ai Dem è quella del presidente dell’Inps, Tridico, che consiglia di abbandonare del tutto il sistema quote e di introdurre una misura che preveda un’uscita a 63 di età con il minimo contributivo calcolato secondo criteri attuariali, per poi arrivare alla pensione piena a 67 anni.

Ma a Salvini e ai suoi non piace per nulla, e il sistema delle quote pare quello più gettonato nelle riunioni del Carroccio. L’idea del Capitano è quella di proporre almeno per due anni quota 102, con uscita a 64 anni di età e 38 di contributi.

E in aggiunta un mix di misure che potrebbero andare dall’estensione del contratto di espansione – che incentiva anche il ricambio generazionale – per le piccole aziende sotto i 100 dipendenti, a una maggiore flessibilità per alcune categorie, come i lavoratori precoci e gli operai.

Su tutte queste misure però sono in corso simulazioni sui costi, dal momento che per il governo resta il vincolo di finanza pubblica. Prosegue intanto il pressing dei partiti per estendere il Superbonus almeno fino a tutto il 2023 anche alle villette, ma i costi della misura sarebbero molto alti.

Il Pd insiste sul bonus facciate, ad ora escluso dalla manovra ma che potrebbe rientrare con una percentuale al 70%, non più al 90%.

L’altro grande capitolo ancora aperto della manovra è quello delle tasse: come utilizzare gli 8 miliardi stanziati in manovra.

Il tema è così spinoso che circola l’ipotesi che per ora le risorse siano destinate ad un apposito fondo e poi si intervenga nel corso dell’esame parlamentare della legge di bilancio a definire con un emendamento quale sarà la destinazione da gennaio 2022.

La discussione è come modulare il taglio del costo del lavoro dal lato delle imprese e da quello dei lavoratori. Si starebbe ragionando sul taglio dei contributi per i lavoratori, sull’estensione del bonus Irpef che oggi è di 100 euro o sul taglio dell’aliquota del terzo scaglione (ma oltre ad essere costosissimo, aiuterebbe – obiettano da sinistra – soprattutto i più ricchi).

Per le aziende potrebbe arrivare una riduzione (non la cancellazione) dell’Irap. Mentre, con l’arrivo dell’assegno unico, dovrebbe essere cancellato il contributo alla Cassa unica assegni famigliari (Cuaf), circa 1,7 miliardi pagati oggi dai datori di lavoro, comprese le famiglie nel caso di colf e badanti.

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